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 2012  marzo 25 Domenica calendario

La saga è servita «The Hunger Games» è già un fenomeno - «Sold out».Il dispiacere di deci­ne di migliaia di teenager america­ni giovedì notte si è ampliato in una eco di proteste che, nel tam tam di text messages e di Face­book, ha percorso come un fulmi­ne i 52 Stati americani

La saga è servita «The Hunger Games» è già un fenomeno - «Sold out».Il dispiacere di deci­ne di migliaia di teenager america­ni giovedì notte si è ampliato in una eco di proteste che, nel tam tam di text messages e di Face­book, ha percorso come un fulmi­ne i 52 Stati americani. Il cartello del tutto esaurito era apparso in­fatti già dopo le 8 di sera sui tabello­ni delle 4137 sale che ospitavano lo spettacolo di mezzanotte, pri­ma proiezione del nuovo film The Hunger Games . Gli incassi erano già bollenti e chi non si era messo in fila da ore non aveva scampo; un po’ come i protagonisti del fan­tasy a­mbientato in un futuro mol­to vicino a noi, in cui un reality tele­visivo invita i teenager a farsi la guerra fino alla morte. E se nel film l’eroina sedicenne (Katniss Everdeen) viene insegui­ta dalle telecamere che riprendo­no le sue gesta e le ripropongono nello stato di Panem, sorto sulle ro­vine degli ex Stati Uniti d’Ameri­ca, giovedì sera le telecamere del­le televisioni hanno invece segui­to le orde di ragazzini che si erano raccolti, biglietto alla mano, per riempirsi gli occhi di una violenza futuristica ma possibile. Moltissi­me ragazze indossavano lo stesso abito rosso fuoco della protagoni­sta del film, mentre i ragazzi, in­truppati come piccoli soldati fa­sciati dalle t-shirt nere del film, hamburger in mano, cercavano su Internet ai prezzi più bassi ar­chi e frecce - le armi culto usate nel film- subito diventati gli articoli più richiesti sui siti sportivi. E tutti ascoltavano la co­lonna sonora del film, l’album Song from District 12 di Taylor Swift. The Hunger Ga­mes e i maghi della Liongate hanno tra­scinato milioni di americani al ci­nema ideando la più grande campagna di social me­dia della storia: un martellante susseguirsi di notizie pilotate e spot pubblicitari su Facebook e Twitter, che per sei mesi sono rim­balzate ovunque. Unica regola: mai mostrare immagini del reality o fare riferimenti a bambini che vi muoiono. Perché sullo schermo, in effetti, ne vengono uccisi una ventina, e le sale si riempiono an­che di bambini piccoli, accompa­gnati da genitori ben consapevoli del contenuto della pellicola... Il film in queste ore sta straccian­do un record dopo l’altro. Quando le sale chiuderanno (questa sera per chi legge), tra valanghe di popcorn e cartacce, i botteghini avranno incassato circa 135 milio­ni di dollari. Una cifra fenomenale (potrebbe essere seconda soltan­to all’ultimo Harry Potter ) che ha origine dal romanzo di Susanne Collins da cui è tratto il film. Una storia ambientata in un futuro prossimo che descrive una comu­nità dotata di ogni comfort domi­nante sul resto del Nord America, diviso in distretti di gente affama­ta e violenta. In un’America in cui terrori­smo, crisi economica e rigurgiti di razzismo bussano alle porte di tut­ti, il film del regista Gary Ross sul reality (che prevede che ogni di­stretto mandi un ragazzo e una ra­gazza, tra i 12 e i 18 anni, a combat­tere nell’Arena per garantire ai propri cari la fornitura di cibo an­nuale) esalta milioni di ragazzini che possono identificarsi nello spi­rito dei gladiatori in rivolta contro il nuovo disumano sistema. Ed è proprio questo desiderio di ribellione che sta sempre più atti­rando le attenzioni dei trend set­ter statunitensi. Lo stilista Calvin Klein, in occasione di un’anteprima privata, ha creato abiti su misura per i divi del film, un mi­sto di vecchie star e di giovani ancora quasi scono­sciuti: Jennifer Lawrence (pronta al successo planetario), Liam Hemsworth, Josh Hutcherson, Stanley Tucci, Jack Quaid, Dayo Okeniyi, Leven Rambin e Amand­la Stenberg. «Mentre giravamo il film nei boschi del North Carolina - ha raccontato Hemsworth, di­ventato famoso nel 2010 per un flirt con la mega star del rock Miley Cyrus - pensavamo che si trattas­se di una specie di piccolo film in­dipendente. Fuori dal mio cameri­no c’erano orsi e volpi, e io mi chie­devo come avremmo potuto ave­re successo...». Ma a differenza dei gladiatori, destinati a vivere nel Villaggio dei Vincitori, il luogo in cui i pochi sopravvissuti di ogni gara hanno l’onore di vivere assie­me alle loro famiglie, gli attori di The Hunger Games si pre­parano ora a portare il film in giro per il mondo. E a diventare personaggi di culto. Silvia Kramar *** Film innovativo che la Lawrence rende capolavoro - È parecchio spiazzante que­sto fenomenale The Hunger Games . Sembra d’immergersi per due ore e ventidue minuti in un déjà-vu a tempo indeterminato ma poi ti accorgi che, alla fine, tut­to ciò che già conosci acquista una sua validità narrativa anche innovativa. Così il mondo futuribi­le e distopico del film, un Norda­meric­a a metà tra realtà ipertecno­logiche dei distretti più ricchi e zo­ne preindustriali poverissime e selvagge, è comune a tanto cine­ma fantascientifico. Esattamente come l’idea del reality da Grande Fratello che tutto (pre)ordina con lo spazio celeste modificabile a piacimento già visto in The Tru­man Show . Main The Hunger Ga­mes i riferimenti cinematografici si sprecano a partire dalla conce­zione del gioco mortale come in Rollerball del 1975 (anche se, na­turalmente, alla base c’è il copyri­ght gladiatori...), per finire con le acconciature degli spettatori del reality che sembrano uscite da un’opera di Tim Burton. Poi però quando vedi che una ragazzina innocente viene ucci­sa, infrangendo così una regola non scritta dei blockbuster hol­lywoodiani, capisci che il film si muove a un livello diverso dal già visto. Come la regia stessa di Gary Ross che, con maestria, gioca sui primi piani ravvicinati e su un’in­tensa mobilità della macchina da presa per celare ma, al medesimo tempo,disvelare un po’ dell’orro­re dei ragazzi che si uccidono per gli appetiti di un programma tv na­zionalpopolare. La motivazione dell’origine di questi «tributi» umani è parec­chio arzigogolata: l’unico vincito­re vivrà indisturbato e ricorderà così la generosità e il perdono dei governanti rispetto alle rivolte av­venute nel paese. Ma è poi la robu­sta interpretazione di Jennifer Lawrence (recentemente candi­d­ata all’Oscar per l’ottimo Un ge­lido inverno ) nei panni di una sedicenne dal cuore d’oro ma lesta con l’arco a dare auto­revolezza. Per non tacere di un cast di comprimari come Woody Harrelson, Stanley Tucci e Elizabeth Banks. Meno memorabi­le l­a rockstar Lenny Kra­vitz. Pedro Armocida