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 2012  marzo 25 Domenica calendario

Alla fiera delle vanità – MAASTRICHT – alla sagra delle meraviglie devi essere milionario per non sentirti un imbucato

Alla fiera delle vanità – MAASTRICHT – alla sagra delle meraviglie devi essere milionario per non sentirti un imbucato. La settimana scorsa, per esempio, quando si sono aperte le porte della European Fine Art Fair, che tutti chiamano Tefaf, 160 jet privati intasavano il piccolo aeroporto di Maastricht, cittadina del sud dell´Olanda conosciuta per il trattato che ne porta il nome. Quel giorno, raccontano gli organizzatori, sono state stappate 1.800 bottiglie di champagne e serviti 150mila canapé tartufati. In questa fiera del lusso dove i 250 mercanti d´arte più prestigiosi del pianeta espongono ciò che hanno trovato di più raro e prezioso, tutto ha il suo prezzo: dal calamaio Walpole (cinque milioni di euro) realizzato da un maestro argentiere nel 1729 per l´allora premier britannico a una scultura di Henry Moore pesante 600 chili (35 milioni di euro), dalla testa marmorea dell´imperatrice Livia (due milioni di euro) a venti disegni di Andy Warhol (60mila euro ognuno). «Ci vogliono mesi di lavoro per allestire uno stand», spiega Marco Longari, uno dei quattordici antiquari italiani presenti al Tefaf. «Che si occupi di arte antica o primitiva, di codici miniati o di pittura moderna, ogni mercante offre ciò che ha trovato di straordinario. Ne vale la pena, perché nei dieci giorni della fiera si fanno più affari che nel resto dell´anno nelle nostre gallerie». In questo museo dove tutto è in vendita, al visitatore di modeste finanze non resta che ammirare la fantastica esibizione di capolavori, come un Portico d´Ottavia di Bellotto (due milioni di euro) nello stand di Cesare Lampronti, il gallerista di fiducia di Silvio Berlusconi, o come uno dei quindici Tagli di Fontana (5,5 milioni) in mostra da Tornabuoni. Lo stesso visitatore può anche stupirsi dell´arbitrarietà del valore attribuito a certi quadri: come è possibile che un quadro dell´ottocentesco Segantini, anche piuttosto bruttino, possa valere venti milioni di euro, mentre un fondo oro senese del Trecento non raggiunge i duecentocinquantamila euro? Entrando nello spazio del gioielliere inglese Graff rimaniamo abbagliati dal Blue ice diamond, un diamante blu grosso come una noce. Quando ne chiediamo timidamente il prezzo ci viene risposto con sufficienza che l´oggetto è stato messo lì solo per abbellire lo stand. «Non è vero», ci diranno poco dopo nello spazio dei milanesi Altomani, dove sfolgora una statua del Giambologna (1,6 milioni di euro) proveniente da un ciborio che fu smembrato da Napoleone. «Qui tutto si può comprare. Ma forse prima di cedere quel diamante aspettano l´arrivo di un emiro. O di un cinese». Già, i cinesi. L´incognita del Tefaf 2012, che quest´anno festeggia il suo venticinquesimo anniversario, è quanto spenderanno i collezionisti cinesi. E che cosa compreranno, oltre alle loro porcellane che, da quando è consentito arricchirsi anche a Pechino e Shanghai, gli antiquari di Parigi, Londra, Firenze o New York offrono a prezzi sempre più esorbitanti. Nel 2011, la Cina è diventato il più grande mercato dell´arte e dell´antiquariato del pianeta con il trenta per cento degli acquisti globali. Dopo aver primeggiato per decenni, gli Stati Uniti sono retrocessi al secondo posto con il 29 per cento delle quote (per la cronaca, in Italia siamo all´uno per cento). Tra i corridoi della fiera decorati, tanto per ricordarci che siamo in Olanda, da centomila tulipani, cerchiamo dunque i nababbi dagli occhi a mandorla, nuovi padroni del mondo mondiale dell´arte. Finalmente, vicino a gigantesse bionde che ammanniscono tartine di foie gras e bicchieri di zuppa d´astice tiepida, vediamo una coppia di giovanissime cinesi in total look Chanel, tailleur, cappottino e borsa, e un ragazzo con in testa un cappelletto da baseball che stride con il suo doppiopetto di sartoria. Altri cinque agguerriti compratori, tutti di nero vestiti, s´aggirano per gli stand circondati da una falange di zelanti interpreti. Li vediamo soffermarsi davanti alle tele di antichi maestri senza neanche alzare dal naso gli occhiali da sole. Oggi che il mercato dell´arte s´è spostato online o nelle grandi case d´asta, chi è che continua a venire al Tefaf? Tra il cachemire, la seta e il silicone, scorgiamo milionari di varie nazionalità. C´è poi qualche conservatore di un grande museo a caccia di capolavori. Soprattutto, la fiera pullula di collezionisti privati che acquistano sia per il gusto del bello sia per investire sia per entrambi i motivi. Sarà perché siamo nella città dove fu firmato il Trattato sull´Unione Europea, che tante volte nell´ultimo anno è stato evocato in circostanze a dir poco drammatiche, ma quello del Tefaf rischia di apparire un mondo chiuso in una logica vorace e forse anacronistica. Ci si può chiedere allora se oggi il lusso smodato non sia perfino un po´ immorale. «No, non necessariamente», spiega la gallerista romana Alessandra Di Castro, che a Maastricht espone una collezione di pietre dure appartenuta alla duchessa di Berry. «È vero, con la crisi economica il gusto del superfluo può sembrare odioso. Ma poi, chissà, tra questi ricconi ci sono magari i più grossi finanziatori di progetti umanitari nel Sud del mondo».