Luca Telese, il Fatto Quotidiano 24/3/2012, 24 marzo 2012
CENTRELLA IL VOLTAGABBANA CONTRO LA PROF - E
a un tratto Giovanni Centrella mi tende la mano: “Di che colore le sembra?”. La guardo e gli rispondo: “Bianca”. Sorride, e dice, con il suo sonoro accento irpino: “Ecco, c’è voluto un anno e mezzo da segretario dell’Ugl perché tornasse così! Nella fabbrica Fiat in cui ho lavorato per quasi tutta la vita, da operaio, la pasta abrasiva non ce la passano. Te le lavavi, te le lavavi, niente: sempre nere di grasso”. L’Ugl, il sindacato che è erede della ipermissina Cisnal sta di casa in via Margutta, a Roma, in una lussuosa palazzina, in mezzo a gallerie d’arte e antiquari. In questi uffici, dopo il ciclone Renata Polverini (e anche per sua volontà) è arrivato il primo segretario metalmeccanico del sindacalismo italiano. Giovanni Centrella, viene dalla provincia d’Avellino, ha una storia operaia, di nero – una volta lavato il grasso – ha poco o nulla. Quando ti parla dice quasi con orgoglio: “Ho una storia tutta democristiana, ma irregolare: mi considero un estremista di centro”. Dietro la scrivania non ha la foto di Giorgio Almirante, ma quella di se stesso, con Giorgio Napolitano. Poi Pinocchio, una scacchiera, diversi ninnoli. Anche lui è stato travolto dal ciclone dell’articolo 18. Prima (come racconta, a denti stretti) ha detto sì. Poi, investito da una valanga di messaggi della sua base, ha dato il contrordine: “O c’è la norma sul reintegro, oppure la firma nostra non ci sarà”.
Centrella, ha cambiato linea dalla sera alla mattina?
Sì, lo ammetto. Prima sì, ora no. E mi cospargo anche il capo di cenere per aver detto sì.
Cosa le ha fatto cambiare idea?
I nostri. Prima ho riunito gli organismi dirigenti, e c’era un coro di perplessità.
Poi?
Ho il telefono sempre acceso. Ho ricevuto messaggi, telefonate, tantissimi sms. Ad esempio questo di Giuliano Fassati, un amico operaio di Melfi: “Giovanni, non tradirci!. O questo di Da-rio Canali, il nostro delegato della Tecnocip: “Cosa avete fatto? La base è preoccupata”. I più incazzati non glieli leggo
Ma scusi, non lo aveva previsto, anche prima?
All’inizio eravamo per il il no, con la Camusso. Siamo partiti da una prima proposta del governo che era terribile. Avevamo ottenuto delle modifiche, avevo espresso un giudizio sofferto e articolato. Non nego che le pressioni abbiano pesato.
Pressioni del Pdl o della Confindustria?
Macché! Mi riferisco al messaggio di Napolitano, il giorno in cui abbiamo sottoscritto l’intesa.
Un ex comunista influenza l’Ugl?
Nei nostri confronti è sempre stato corretto e leale, un amico. Lei lo sa che un iscritto su quattro, tra i nostri, vota centrosinistra?
Centrella, lei vuole stupire o prende in giro?
Lo dicono i dati. Tra i metalmeccanici abbiamo un delegato di Mirafiori che è di Rifondazione... Io stesso ho votato partiti diversi: una volta Rifondazione, una volta la Fiamma tricolore...
E con la Fornero come si trova?
Mi vuole far litigare?
No, le voglio far raccontare...
(Sorride) È, come dire? Preparata. Molto professoressa, però.
Mi faccia un esempio.
Lei ci ripete: “Voi dovete far capire ai lavoratori che la mobilità è opportunità: se perdi un posto di lavoro ne trovi un altro”.
E lei cosa le risponde?
Che in molte parti del Sud se lo perdi non lo ritrovi. In altrettante che, se lo ritrovi, vuol dire che sei finito in mano alla Camorra.
La Fornero ha capito?
Non ha ancora imparato che fare il ministro è un mestiere diverso da scrivere un saggio: molte teorie calate dall’alto nella realtà non hanno gli effetti desiderati.
Dietro di lei c’è un cappello accademico e uno da poliziotto.
Il primo me lo hanno regalato i nostri. Il secondo me lo sono conquistato con lo studio, in questi ultimi anni.
Era fuori corso sfigato, come dice Martone?
No. Dopo il diploma in ragioneria non mi ero iscritto. Mio padre, con due figli disse: solo uno posso farlo studiare, e io lo pregai di scegliere mia sorella.
E adesso, invece?
Laurea in Giurisprudenza, consulente di impresa.
Ma quanti iscritti ha davvero l’Ugl?
Due milioni, veri. Adesso voglio far certificare dall’Inps l’elenco.
Chi lo aveva taroccato?
Quelli che mi ha consegnato la Polverini sono risultati veri. Se qualcuno prima ha gonfiato, non lo so. Adesso abbiamo 200 mila metalmeccanici, e da una settimana abbiamo superato la soglia del 5% tra i pubblici.
È vero che lei è diventato delegato lottando per affermare i diritti degli operai irpini contro lo strapotere dei napoletani?
(Ride) È vero che i napoletani usano il loro essere genialmente furbi per arrivare dove vogliono. Nella nostra fabbrica il 90% dei promossi erano napoletani.
Però se le chiedo di Marchionne, scommetto che non mi risponde come un rifondarolo.
Guardi, è una controparte. Ma con noi ha tenuto fede a tutti gli impegni che ha preso.
E allora dove sono i 20 miliardi di Fabbrica Italia?
Arriveranno, spero. Però le posso dire che sbaglia a tenere fuori dagli stabilimenti la Fiom, e questo è un errore grave.
A Pomigliano non ne hanno riassunto nemmeno uno, della Cgil.
Dei nostri 300 solo 80 hanno ripreso la tessera Ugl. Lo stesso per Cisl e Uil. Gli operai sono molto spaventati.
È diventato segretario ammazzando qualcuno?
(Ride). No, Solo perché la Polverini ha teorizzato che il sindacato dovesse tornare alla sue radici, e non ha scelto nessuno della segreteria. C’erano almeno sei dirigenti più bravi di me.
Lo dice con elegante ipocrisia?
No, lo dico perché mi piace essere sincero.