Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  marzo 25 Domenica calendario

DA MONTI AL CAIMANO LA GARA DI SUCCESSIONE

Parte la rincorsa al Quirinale. Poltrona nobile attorno alla quale si ridisegnano tutti gli equilibri istituzionali e politici. Sarà un Parlamento nuovo a scegliere il futuro Capo dello Stato, un Parlamento la cui composizione oggi è impossibile da immaginare visto l’uragano con cui il tecnico Monti si è abbattuto sui partiti. E proprio l’ipotesi che il Professore alla fine possa addirittura presentarsi alle politiche con una sua formazione o magari venir richiamato come premier di una Grande Coalizione rende complicatissimi e apertissimi i giochi. Con un’ombra che al Colle guarda da sempre con ossessione: Berlusconi. Per il Caimano, l’ex premier del Bunga Bunga e dei processi, la carica di Capo dello Stato sarebbe la miglior corazza di intoccabilità. Strada in salita però, soprattutto dopo l’uscita da Palazzo Chigi che rappresentava un fortino dal quale provare la scalata. Per sè o per il suo fedelissimo Gianni Letta. “Riserva” della Repubblica anche per il Colle continua ad essere lo stesso Monti - come variabile legata proprio all’ipotesi di sua premiership - come pure l’altro Professore, Romano Prodi. In lizza sembrano essere anche D’Alema - che fu per un breve periodo in corsa anche nel dopo-Ciampi - e Casini. E se Napolitano si augura che il prossimo inquilino del Quirinale possa essere donna, ecco che il nome più insistente sembra essere quello di Emma Bonino. • MONTI - Il salvatore della Patria che rischia la richiamata
PERCHÉ SÌ Il salvatore dalla crisi finanziaria ha quasi diritto al Colle, come fu per Carlo Azeglio Ciampi. Mandare il professore al Quirinale è anche un utile modo per assicurarsi che non interferisca con la riorganizzazione dei partiti nel dopo-Berlusconi, riducendo anche l’ appeal dei progetti di grande centro. In questi mesi Monti si sta accreditando come l’erede naturale di Napolitano.
PERCHÉ NO Ha promesso in tutti i modi che nel 2013 tornerà alla Bocconi, a completare il suo mandato di presidente. La credibilità della sua azione di governo si fonda sul fatto che non ha secondi fini, eleggerlo capo dello Stato ridurrebbe il profilo da civil servant. L’elezione del presidente avverrà dopo le politiche del 2013: se i partiti non trovano candidati credibili e alleanze risolutive si rischia uno stallo. A quel punto potrebbe servire di nuovo un premier garante di una coalizione trasversale. Altro lavoro per Ma-rio Monti. • BERLUSCONI - L’uomo anti-istituzionale e il sacrificio del Pdl
PERCHÉ SÌ É l’ultima carica che manca all’ex presidente del Consiglio, già ministro degli Esteri a interim, sia leader di maggioranza e di opposizione in Parlamento. Dal Colle più alto potrebbe difendere le sue leggi che, con Scalfaro, Ciampi prima e poi in parte con Napolitano, o non passavano o faticavo. Avrebbe potere, e controllo politico senza un coinvolgimento diretto. Se trova una patto per palazzo Chigi col Terzo Polo e la Lega, sacrificando il Pdl, potrebbe riscuotere per la sua nomina al Quirinale.
PERCHÉ NO Non ha mai avuto un alto senso dello Stato né rispetto per i suoi garanti come la Corte costituzionale. Ha sempre basato il suo consenso sul contrasto anche durissimo con l’avversario politico, non hai mai rappresentato una parte estesa del Paese, ma ha sempre cercato di dividerlo. E le sue pendenza con la giustizia non l’aiutano di certo. • PRODI - La bestia nera di B. che “non molla mai”
PERCHÉ SÌ È il “professore” per eccellenza. Il suo consigliere di fiducia, Angelo Rovati, lo ha candidato già nel 2008: “Racchiude in sè il meglio della cultura del nostro Paese: quella cattolica, quella sociale e socialista , quella liberale”. Piace al Pd (tutto), a Bologna si incontra con Pier Ferdinando Casini, lo invoca periodicamente anche Nichi Vendola. A lui piace raccontarsi così, come un ciclista: “Io non vinco le volate, però non mollo mai e alla fine ci sono”.
PERCHÉ NO Sei volte nonno, da tempo ripete: “Con la politica attiva ho chiuso”. Lontano dalla scena nazionale ha lasciato assopire i rancori del centrodestra che non gli perdona di essere stato l’unico a sconfiggere Berlusconi. Ma è convinto: “Tornerebbero ad attaccarmi”. Non è solo ritrosia, sa che di fronte a Lega e Pdl è ancora troppo connotato a sinistra. Dopo il “comunista” Napolitano difficile che accettino che salga al Colle un altro “nemico”. • BONINO - Emma for President e la scomunica infinita
PERCHÉ SÌ Nel 1999 lancia la campagna Emma for President e raccoglie il 31 per cento dei consensi (sondaggio Swg). L’elezione vera la vince Carlo Azeglio Ciampi (che nei sondaggi si fermava al 20) ma lei non ha mai abbandonato il sogno di diventare la prima donna al Quirinale. Ha un buon trampolino di lancio con la vicepresidenza del Senato. Ottime relazioni internazionali.
PERCHÉ NO Missione praticamente impossibile far digerire al Vaticano la radicale che ha fatto del diritto all’aborto una battaglia di vita. Qualche giornale ritirerebbe immediatamente fuori la foto in cui, negli Settanta, aiutava una donna a interrompere la gravidanza. Discrete difficoltà anche a farsi sostenere dal Pd, che non perdona ai Radicali (eletti in Parlamento nelle liste democratiche) i ripetuti “tradimenti” su alcuni voti chiave e che non ha ancora mandato giù la sconfitta nel Lazio: dicono che sia stato il suo scarso impegno nella campagna elettorale a far vincere la sua sfidante, Renata Polverini. • D’ALEMA - Fondazioni e rivalse del vice-conte Max
PERCHÉ SÌ L’età e il carisma sono quelli giusti. Se nel 2006 Berlusconi minacciò “l’ostruzionismo fiscale” in caso di sua elezione, negli ultimi 6 anni D’Alema è rimasto sempre un passo indietro per poter fare il balzo al momento opportuno. Nominato vice-conte dal Vaticano, organizza convegni bipartisan, ha una sua Fondazione. Si sente pronto.
PERCHÉ NO L’attesa però potrebbe essere lunga. Difficilmente dopo il settennato di Giorgio Napolitano la poltrona toccherà a un esponente della stessa estrazione politica. Non è considerato un candidato super partes né di unità nazionale. Metà del suo stesso partito, con Walter Veltroni in testa, potrebbe non appoggiarlo preferendogli Romano Prodi. Non è benvoluto, né fortunato: ogni sua candidatura è andata a vuoto. Le inchieste sulla sanità pugliese, che hanno coinvolto due dalemiani doc, Frisullo e Tedesco, hanno lasciato l’amaro in bocca a molti dei suoi elettori. • CASINI - Il mediatore vaticano e la ruggine con Montezemolo
PERCHÉ SÌ Ha dimostrato tutte le sue doti da mediatore. La politica dei “due forni” all’ennesima potenza, partita dalle realtà locali, arrivata fino alle stanze di Montecitorio e dintorni. Riesce a non mettere il suo “io” in primo piano, sa rinunciare a qualcosa. Può parlare con tutto l’arco parlamentare. Ottimi rapporti con il Vaticano.
PERCHÉ NO Ha dietro di se un partito che, in alcuni casi, è stato ed è discutibile in alcuni suoi rappresentanti. Da Cuffaro a Mannino, fino a Cesa. La Chiesa che potrebbe essere un appoggio in più, rischia di diventare un peso nel caso di un governo di unità nazionale: come affrontare temi quali la scuola o la famiglie di fatto? Tra i suoi non tutti sono pronti ad aprire al centro-sinistra, alcuni (quali Buttiglione) vorrebbero ricostruire con Berlusconi. In più il legame di parentela con il costruttore Francesco Gaetano Caltagirone (editore anche del “Messaggero”) è da molto considerato ostativo. Pessimi i suoi rapporti con Montezemolo, quast’ultimo più vicino a Fini.