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 2012  marzo 25 Domenica calendario

Per i marò dopo il danno la beffa: tagliato lo stipendio - Oltre al danno si profila la beffa per i due marò nelle galere indiane, almeno dal punto di vista economico

Per i marò dopo il danno la beffa: tagliato lo stipendio - Oltre al danno si profila la beffa per i due marò nelle galere indiane, almeno dal punto di vista economico. Al momen­to prendono almeno 600 euro in meno di paga perchè non sono imbarcati. I marò in missione antipirateria percepiscono uno stipendio che può anche superare i 2500 euro, a seconda dell’anzianità e di quanto navigano. In questo calcolo è compresa l’indennità per l’imbarco, di 45 euro al giorno, che Salvatore Girone e Massimiliano Latorre non percepiscono più essendo a terra, seppure in galera. Gli armatori, invece, versano allo Stato, per il servizio antipirateria, poco meno di 500 euro al giorno per ogni marò im­barcato. Per un sottufficiale come Lator­re lo stipendio base è attorno ai 1700 eu­ro. A questa cifra va aggiunto il «forfetta­rio »,legato all’imbarco,di 45 euro al gior­no e 15 quotidiani per l’attività fuori se­de. Tenendo conto che i marò svolgono servizio antipirateria a bordo delle navi mercantili per 15-20 giorni al mese l’in­dennità era almeno di 600 euro, che ora non vengono più accreditati a Latorre e Girone. Da un punto di vista puramente teori­co, che difficilmente potrebbe venir ap­plicato, la spada di Damocle sui due ma­rò, però, è un’altra. La procura di Roma può chiedere la sospensione dal servi­zio dei fucilieri di Marina avendo aperto un’inchiesta in Italia. La Marina dovreb­be riunire una commissione per decide­re se accettare la richiesta. In caso affer­mativo i marò subirebbero la decurta­zione di metà dello stipendio: ciò appa­re in questo momento impossibile. La notizia è comparsa sul sito Tiscali news. Angelo Fiore Tartaglia, esperto di diritto militare, spiega: «La legge sostie­ne che in tutte le situazioni simili a quelle in cui si trovano i due marò arrestati in In­dia, l’amministrazione deve approvare un provvedimento di sospensione pre­cauzionale dal servizio. In sostanza, al militare viene ridotto lo stipen­dio della metà ». In realtà que­sta misura è automatica al momento della sentenza e viene applicata prima agli esponenti delle forze dell’ ordine se finiscono agli arre­sti. Secondo l’avvocato Tarta­glia, se lo Stato «considera il provvedimento restrittivo disposto dal tribunale indiano nei confronti dei due marò alla stregua di un provvedimen­­to italiano, dovrebbe sospenderli precau­zi­onalmente a titolo obbligatorio dal ser­vizio con la riduzione degli emolumenti del 50 per cento». In realtà è impossibile che accada. Secondo gli addetti ai lavori nella Difesa, anche se i marò venissero condannati in India non sarà riconosciu­ta­la sentenza e verrà chiesta l’estradizio­ne per processarli in Italia. E fino a un’ eventuale sentenza in patria difficilmen­te si ritroveranno con metà stipendio. Sul fronte giudiziario india­no è stata rinviata a martedì l’udienza, che si spera fina­le, per far ripartire la nave «Enrica Lexie» da oltre un mese ferma nel porto di Kochi con l’equipaggio e i 4 marò «superstiti» del nu­cleo antipirateria. Il giorno do­po arriverà in India il ministro del­la Difesa Di Paola, che incontrerà i ma­rò. Secondo i media locali il magistrato C.S. Gopinath dell’Alta Corte del Kerala avrebbe bollato l’uccisione dei due pe­scatori indiani come «un atto terroristi­co ». Fonti italiane hanno smentito con l’agenzia Ansa che sia mai stata pronun­ciata una frase del genere sostenendo che la stampa indiana punta fin dall’ini­zio a criminalizzare i marò.