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 2012  marzo 25 Domenica calendario

Da Silla a Churchill, le uscite in punta di piedi dei grandi della Storia - «Alcuni leader europei mi hanno confessato che il mo­mento più bello della loro vita politica è stato quando si sono ritirati»

Da Silla a Churchill, le uscite in punta di piedi dei grandi della Storia - «Alcuni leader europei mi hanno confessato che il mo­mento più bello della loro vita politica è stato quando si sono ritirati». Berlusconi è in Brianza, da­vanti a lui ci sono una cinquantina di ospiti, stanno visitando villa Gernetto. È la giornata del Fai ed è qui che senza troppa enfasi butta giù questa frase sulla libertà dal potere. Non è la prima volta che lo fa. Racconta che fu Margaret Thatcher a sussurrarglielo. Poi ci sono gli altri. Blair non rimpiange certo il nu­mero 10 di Downing Street, Clinton ha lascia­to il giocattolo alla moglie, Aznar si gode un lungo futuro da post premier, Gorbaciov ha girato il mondo come conferenziere ben pa­gato e c’è chi ricorda a Montecitorio un D’Alema con il sorrisetto da mezzo pensio­nato lamentarsi dei viaggi meravigliosi che fa da quando la bottega pesa sulle spalle di Bersani. Fare un passo indietro o di lato ti fa respirare. Se ne sta accorgendo anche re Giorgio, sua maestà Napolitano, il primo presidente presidenzialista della Repubbli­ca italiana. Che fatica governare con Cgil, an­ziani amici di partito, nuovi alleati, vecchi ne­mici. Che fatica anche se governi per interpo­sta persona. Poi dici basta e sospiri. Deve essere come scendere da un aereo, l’idea di stare con i piedi per terra all’improv­viso ti sembra rassicurante. Quando Andre­otti sosteneva che il potere logora chi non ce l’ha sapeva di dire una facezia, che per esse­re davvero arguta è sempre una mezza veri­tà. La realtà è che dopo un po’ il trono di spa­de diventa maledettamente scomodo. È ine­briante, ma scomodo. Non bisogna leggersi tutta la saga di R. R. Martin per capire che il gioco della politica non è a costo zero. Quan­do vinci pensi di poter governare, poi passi buona parte del tempo a resistere a chi, vici­no o lontano, di lato o di fronte, ha come uni­co obiettivo quello di farti cadere. L’arte più difficile del potere è arrangiare una buona difesa. Nelle dittature quello che ti frega è la paura e il sospetto. Controlli tutto perché non ti fidi di nessuno. Non ti fai una vacanza perché non sai se al ritorno trovi la poltrona occupata e le tue statue mozzate. Quelli come Coriolano sono pochi. Arriva­no, risolvono il problema e tornano in cam­pagna. Monti giura che farà così. Non tutti ci credono. Il più sorprendente fu Lucio Corne­lio Silla, anni di guerra civile e terrore, con li­s­te di proscrizione e beni strappati agli oppo­sitori, poi un giorno dice basta, prende quat­tro stracci e se ne va a banchettare nella villa di campagna. Si narra di un passante che mentre andava via lo insultò, sfogando rab­bia e rancore. Silla non disse nulla, ma confi­dò a un amico: «Imbecille! Dopo questo ge­sto, non ci sarà più alcun dittatore al mondo disposto ad abbandonare il potere». Nelle democrazie lo stress è diverso. Win­ston Churchill diceva: «La democrazia fun­ziona quando a decidere sono in due e uno è malato». Ma anche lui se ne è andato senza lamentarsi troppo. Pensate. Uno vince la guerra delle guerre, quella dove si combatte dal Pacifico al Mediterraneo, mette in ginoc­chio la Germania, costringe Hitler al suici­dio, si vanta di aver salvato la libertà dal più feroce totalitarismo, si presenta davanti agli elettori e questi scelgono Attlee. Churchill si fa da parte, si mette a scrivere libri, rivince sei anni dopo,nel ’51,e poi nel 1955 passa la ma­no. E campa sereno per altri dieci anni, nel ruolo rilassante del «grande uomo». Aveva capito tutto Italo Calvino con Il re in ascolto . «Tutta la tua vita di prima non è stata altro che l’attesa di diventare re; ora lo sei; non ti resta che regnare. E cos’è regnare se non quest’altra lunga attesa? L’attesa del momento in cui sarai deposto, in cui dovrai lasciare il trono, lo scettro, la corona, la te­sta ».