Fausto Biloslavo, il Giornale 24/3/2012, 24 marzo 2012
La pista choc sul killer Lavorava per gli 007 ma faceva il triplo gioco - E se Mohammed Merah, il terrorista di Tolosa, non fosse stato solo un «lupo solitario», ma un’ esca, o addirittura un infiltrato, nel mondo della guerra santa ad oltranza, sfuggito al controllo dei servizi segreti? Potrebbe sembrare la trama di un romanzo di Le Carrè, ma nella realtà è già capitato con l’agente doppio di Al Qaida che in Afghanistan, nel 2009, si era accreditato come informatore della Cia
La pista choc sul killer Lavorava per gli 007 ma faceva il triplo gioco - E se Mohammed Merah, il terrorista di Tolosa, non fosse stato solo un «lupo solitario», ma un’ esca, o addirittura un infiltrato, nel mondo della guerra santa ad oltranza, sfuggito al controllo dei servizi segreti? Potrebbe sembrare la trama di un romanzo di Le Carrè, ma nella realtà è già capitato con l’agente doppio di Al Qaida che in Afghanistan, nel 2009, si era accreditato come informatore della Cia. Al momento giusto si è fatto saltare in aria nella base dell’agenzia a Khowst decapitando in un colpo solo il nocciolo duro degli agenti segreti Usa. Bernard Squarcini, il direttore della Dcri, i servizi segreti interni francesi, ha confermato che il killer di Tolosa era monitorato dal 2010, ma l’inchiesta non aveva evidenziato nulla di sospetto. Nel novembre 2011 Merah era stato anche convocato dal Dcri per dare spiegazioni dei suoi viaggi in Afghanistan e Pakistan. Pure in quell’occasione «ha dato prova di una eccellente cooperazione, di buona educazione e di cortesia». Questa è la versione ufficiale, ma i servizi americani fanno trapelare un’altra storia. Il giovane talebano viene fermato in Afghanistan e non solo dai timbri sul passaporto si scopre che ha viaggiato pure in «Siria, Israele, Iraq e Giordania ».Non solo:gli americani decidono di inserire Merah nella lista nera dei passeggeri che non possono imbarcarsi su un volo per gli Stati Uniti. Impossibile che l’intelligence francese non lo sapesse. Ben più probabile che il talebano di Tolosa sia stato individuato come possibile «esca», o addirittura reclutato, più o meno consapevolmente, come infiltrato nel magma di Al Qaida in cui si stava addentrando. All’esca viene data briglia sciolta proprio per cercare di far abboccarepesci ben più grossi del lupo solitario di Tolosa. Questo potrebbe essere il motivo per cui Merah può permettersi alcune stravaganze fondamentaliste. Un giorno si mette a girare nel quartiere con la sciabola dell’Islam gridando «Allah o akbar ». Una donna lo denuncia alla polizia perchè costringe il figlio a sorbirsi per ore video sanguinari di Al Qaida su sgozzamenti ed azioni kamikaze. La polizia, stranamente, non interviene. Per non parlare dell’arsenale di fucili mitragliatori e pistole che non si sa bene con quali soldi mette in piedi senza che nessuno se ne accorga, almeno in apparenza. Il sospetto è che l’esca fosse addirittura pilotata, come un agente infiltrato da un «mentore» dei servizi per penetrare nella galassia di Al Qaida. Peccato che il talebano francese sia sfuggito al controllo e magari abbia cominciato a fare il doppio gioco, come il suo predecessore, Khalil Abu-Mulal al-Balawi, medico giordano spacciatosi per informatore, che poi saltò in aria nella base Cia di Khowst. Fonti di intelligence hanno rivelato a Il Foglio che durante l’assedio dell’appartamento di Merah, «il suo handler , ovvero l’agente dei servizi che aveva il compito di tenere i contatti e di seguirlo nella «carriera» all’interno della rete islamista» ha provato a negoziare una resa che non creasse troppi imbarazzi. Se così fosse, il tentativo è fallito e spiega l’incomprensibile operazione dei Raid, i corpi speciali francesi. «La prima regola in una situazione del genere è catturare il sospetto quando esce di casa, con un effetto sorpresa, evitando un’irruzione nel suo appartamento che poteva essere minato e dove c’era un arsenale » sottolinea un addetto ai lavori. Invece i francesi più che un blitz assediano il covo di Merah. Forse, qualcuno alle loro spalle, che conosce bene il terrorista, punta tutto sulla relazione psichiatrica registrata durante un suo soggiorno in carcere nel 2007 per reati comuni. Nel profilo, che sicuramente era allegato al suo dossier presso i servizi, si racconta come il giovane abbia tentato il suicidio in prigione dove sarebbe stato radicalizzato all’Islam estremo. Merah aveva annunciato di voler morire «con le armi in pugno». Dopo oltre 30 ore di assedio scatta un assalto annunciato. Merah reagisce come un soldato del Jihad firmando la sua condanna a morte. Con lui se ne vanno tanti interrogativi, come i prossimi bersagli che aveva scelto: un poliziotto di Tolosa e un funzionario locale dei servizi segreti di religione musulmana. Se Merah era un terrorista, come faceva a conoscere un suo correligionario che certo non si presentava in giro come agente dell’intelligence?