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 2012  marzo 25 Domenica calendario

Duello con la Camusso: la riforma non si tocca - Sembrava troppo casuale e ostentato quel tavolo ovale imbandito al ristorante del Grand Hotel Villa d’Este, proprio davanti alla vetrata, sotto lo sguardo ghiotto dei giornalisti, per la gioia di fotografi e telecamere

Duello con la Camusso: la riforma non si tocca - Sembrava troppo casuale e ostentato quel tavolo ovale imbandito al ristorante del Grand Hotel Villa d’Este, proprio davanti alla vetrata, sotto lo sguardo ghiotto dei giornalisti, per la gioia di fotografi e telecamere. Tutti a decrittare il labiale dei commensali. La tavolata, in effetti, l’ha voluta espressamente il premier Monti, compresa la disposizione degli invitati. Alla sua destra ha chiesto che sedesse la «nemica» Camusso, a seguire il più montiano del Pd, il vicesegretario Letta; di fronte si è accomodato il segretario del Pdl Alfano, che deve tenere a freno gli animal spirit antigovernativi del suo partito; a seguire i ministri Gnudi e Profumo, il padrone di casa Sangalli, che ha fretta di andare a San Siro, e il direttore della Confcommercio Rivolta. Un quadretto dipinto apposta per la stampa, per far vedere che non ci sono poi tutte quelle fratture descritte dai giornali, per dimostrare che le tensioni sociali sull’articolo 18 non sono la fine del mondo. A tavola si scherza, si ride. La Camusso prende in giro Monti e gli chiede se quegli animali che ha stampati sulla cravatta sono civette o gufi. Il presidente del Consiglio è divertito; si stupisce quando scopre che quasi tutti i presenti sono milanisti («anche io lo ero..., nel 1950», è la sua battuta british). «Mi raccomando - dice Sangalli -, non sforiamo i tempi degli interventi perché alle 18 comincia Milan-Roma e io devo essere lì». Il milanista Letta è affranto, rammaricato di non poter vedere la partita: deve rientrare a Roma. «Attenti - interviene Alfano - che potete compromettervi perché adesso Berlusconi ritorna a fare a tempo pieno il presidente del Milan». Non sembra che Camusso abbia indetto 16 giorni di sciopero. Il presidente del Consiglio dirà in pubblico, quando da lì a pochi minuti parlerà al forum della Confcommercio, che non si aspettava che lo sciopero venisse revocato, nonostante la riforma del mercato del lavoro abbia preso la forma del ddl e non del decreto. Ma, dietro tanta conviviale diplomazia, i problemi rimangono. E che non siano cambiati, lo pensa la stessa leader della Cgil che quando arriva a Villa d’Este conferma la mobilitazione: «Non mi pare che ci sia nessun elemento che ci faccia tornare indietro sullo sciopero. Anzi rafforzeremo la lotta per accompagnare la discussione in Parlamento». E dire che pochi minuti prima il ministro Fornero, sempre a Cernobbio, aveva detto di essere «rammaricata» per il mancato consenso da parte di tutti i sindacati. «Ah, è rammaricata? Sono lacrime di coccodrillo. La verità è che il governo non puntava all’accordo». R e t r o p e n s i e r o che lo stesso Monti però smentisce quando invita Camusso a fare due passi lungo il lago di Como. «Ma non potete pensare di poter avere il potere di veto su tutto». Grosso modo è quello che il premier ripeterà in pubblico parlando agli associati di Confcommercio. «Avremmo forse potuto, se avessimo prolungato il dialogo con le forze sociali, avere un decreto legge ma avremmo ceduto sul piano di principio e sul piano di contenuto in quello che sembra un livello minimale per contribuire a mettere su le condizioni della crescita». Poi la stoccata. «A mio giudizio e del governo, le parti sociali non sono più provviste di cedolino con diritto di veto. Sono autorevoli, ma ognuno al loro posto. La formula salvo intese significa salvo intese fra membri del governo e capo dello Stato. Nessuno si illuda che significhi che forze importanti che abbiamo ascoltato, ma esterne al governo, possano in qualche modo intervenire». Si tratta cioè di «un processo di affinamento di un testo complesso ma non è aperto a contributi esterni». Ora, comunque, «è il Parlamento a decidere sulla riforma del mercato del lavoro, se farla cadere, approvarla in blocco o modificarla». Ma Camusso crede a questa possibilità? Paradossalmente è lo stesso Monti a rassicurala in questo senso. Ciò avviene durante il colloquio privato al termine del pranzo, alla presenza del presidente della Camera Fini. E’ la terza carica dello Stato che pone il problema in maniera un po’ scherzosa. «Il governo ha concluso, ora tocca al Parlamento come si conviene. E alle parti sociali si dà la possibilità... di guardare». E la Camusso ringhia: «Che guardare, premere!». A quel punto interviene Monti, serio: «Pensi che il Parlamento sia impermeabile alle parti sociali?», chiede alla segretaria della Cgil. «No, il Parlamento non può essere impermeabile alla vita sociale del Paese. Le parti sociali sono il fondamento della vita sociale del Paese». «No, non è impermeabile alla vita sociale», l’ha rassicurata il premier.