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 2012  marzo 24 Sabato calendario

Renzi: l’articolo 18 solo un totem Il vero problema è la burocrazia - Sindaco Renzi, sull’articolo 18 lei di che idea è? «Penso sia un gigantesco specchietto per le allodole

Renzi: l’articolo 18 solo un totem Il vero problema è la burocrazia - Sindaco Renzi, sull’articolo 18 lei di che idea è? «Penso sia un gigantesco specchietto per le allodole. Poi per capire bene la questione, non dico serva una specializzazione giuslavoristica ma quasi. Comunque, se ci interessano gli aspetti tecnici, se vogliamo una riforma all’americana o alla tedesca, sentiamo che hanno da dire Pietro Ichino e Stefano Boeri...» E Stefano Fassina no? «Io veramente pensavo a gente che seguo con qualche interesse, con tutto il rispetto per Fassina e il ruolo che si è attribuito... Se invece ci interessa l’aspetto politico, mi pare che il tema ruoti attorno a un totem ideologico. Non ho mai trovato un ventenne che mi chiedesse la conservazione dell’articolo 18 o un imprenditore che me ne chiedesse l’abolizione». Col Pd passi, ma ce l’ha anche col governo? «No: capisco che il premier voglia dire all’estero che la riforma del lavoro si fa. Invece i partiti, quando dicono che la riforma non li convince, dovrebbero prima rispondere a una domanda: perché non l’avete fatta voi? Specialmente quelli di destra, che la rivoluzione liberale non sanno nemmeno da dove si comincia. Questo governo ha un merito non da poco: sta mettendo mano a una materia a cui non ha mai messo mano nessuno. Però i punti veri sono altri. Faccio un discorso in generale: non si deve garantire il posto di lavoro, ma il lavoratore...». E in particolare? «Mah, per esempio: questi bravissimi tecnici sanno quanti fondi europei sono stati buttati per la formazione, e più a beneficio dei formatori che dei formati?». Sindaco, è per l’abolizione o no dell’articolo 18? «Lo ripeto: per me l’articolo 18 possono conservarlo o cancellarlo, non cambia nulla. E’ la coperta di Linus sotto cui tutti nascondono le loro insicurezze. Io ricevo imprenditori russi, coreani, cinesi, tutti innamorati di Firenze, e quando gli chiedo di investire mica scappano perché c’è l’articolo 18. Scappano per la burocrazia, per le tasse, per la giustizia». La giustizia? «Ora che non c’è più lo spauracchio di Silvio Berlusconi, il processo breve dovremmo farlo noi. Soprattutto nel civile, perché sono le cause eterne a bloccare l’economia». Però bisogna ammettere che Pierluigi Bersani ha ricompattato il partito. «E’ stato saggio. Tatticamente impeccabile. Oltre questa élite tecnica che ci governa c’è un paese che ha ancora paura, ed è una paura che Bersani ha assecondato. Ha detto: impediremo che vi licenzino. Ma gli chiedo: lo statuto del lavoratori è del 1970, quando la smetterai di parlarci dell’Italia di allora per parlarci di quella del 2030? Perché qui ci sono la sondaggiocrazia e la tecnocrazia, ma quando toccherà alla politica?». Il consenso non è uno scherzo. «Però è passata una riforma delle pensioni e gli italiani, che sono più maturi di quello che spesso si dice, l’hanno capita benissimo: si campa dieci anni di più, se ne lavorano due o tre in più. Ma anche noi non dobbiamo dimenticare la responsabilità atroce dell’abolizione dello scalone di Roberto Maroni per iniziativa di Cesare Damiano». E quindi? «E quindi vogliamo dire che oltre tre milioni di dipendenti pubblici sono uno sproposito? Vogliamo dire che in Italia un operaio specializzato costa tre mila euro e ne prende uno e quattro e in Germania ne costa quattro e mezzo e ne prende tre? Che dal 2005 al 2010, con Tommaso Padoa Schioppa e soprattutto Giulio Tremonti, cioè i ministri rigoristi, la spesa pubblica è aumentata di venti miliardi di euro e ai comuni nello stesso periodo ne sono stati tolti due miliardi e settecento milioni? Che abbiamo una spesa sanitaria folle e non riusciamo nemmeno a stabilire un prezzo delle siringhe che valga in Calabria come in Veneto?». Sindaco, ma qui stiamo ancora discutendo se la concertazione serva o no... «La concertazione? Le primarie ci insegnano che il partito novecentesco è morto, che il potere decisionale è tolto alle segreterie, dai risultati capiamo che c’è una clamorosa crisi di rappresentatività, e si parla di concertazione? Ma chi rappresenta la Cgil? E Confindustria? Ma via...».