Edoardo Camurri, la Lettura (Corriere della Sera) 25/03/2012, 25 marzo 2012
LA GUERRA SANTA DEGLI ATEI - I
l grande darwinista ateo Richard Dawkins sta facendo l’amore piuttosto selvaggiamente con una donna che — questo l’ignora — prima di operarsi, era un uomo di irragionevole bruttezza. Sul letto, dopo il piacere, al posto di fumare la sempreverde sigaretta e finirla lì, il logorroico ex signor Garrison (la donna) invita Dawkins a costruire un futuro ateo dominato dalla scienza. Dawkins s’illumina e si sente, maledetta chimica post-orgasmica, tutto inebriato da una simile prospettiva. Flashforward. Facciamo un salto in avanti nel tempo. Siamo nel 2546 dopo Cristo. Richard Dawkins ha vinto. Il mondo è finalmente ateo e scientifico. Ma c’è un problema. Anche se sono tutti adoratori di Dawkins, il pianeta è diviso tra la Lega Unita Atei, l’Alleanza Unita Atei e l’Alleanza Atei Agnostici (i cui rappresentanti sono delle lontre assai tecnologiche). Animatamente (bombe e pianificazioni di distruzione di massa) ciascun gruppo discute con l’altro su quale sia la risposta da dare a quella che viene definita «l’Unica Grande Domanda»: «Com’è giusto che si chiamino gli atei?». La Lega Unita Atei, l’Alleanza Unita Atei e l’Alleanza Atei Agnostici non si mettono d’accordo e, si è già capito, ritengono di risolvere la questione in termini realisticamente hegeliani: confutando gli altri fisicamente.
Se questa non fosse, come effettivamente è, la trama di una vecchia puntata del cartone animato South Park, potrebbe benissimo essere uno sketch dei Monty Python o qualunque altra invenzione allegra che consente di osservare con interesse una delle più esilaranti battaglie culturali di questi tempi: la guerra tra atei. Spietata, come una guerra santa.
In nome della logica e della scienza succedono cose assai medievali. Per esempio: pochi mesi fa il filosofo e scrittore ateo Alain de Botton ha annunciato di aver raccolto, tramite donazioni filantropiche, metà dei fondi necessari per la costruzione, in piena City di Londra, di un tempio dedicato all’ateismo; Alain de Botton è convinto che anche gli atei abbiano bisogno di credere in qualcosa e che per credere in qualcosa, perdonate la tautologia, bisogna credere in qualcosa magari sotto forma di tempio (si parla di un grattacielo di cinquanta metri). Ma l’idea non è piaciuta al solito Dawkins che, come un No-Tav qualsiasi, ha ribattuto inorridito che quei soldi andrebbero spesi diversamente, per esempio nell’insegnamento secolarista nelle scuole; al che de Botton, come un Sì-Tav qualsiasi, ha risposto: quello di Dawkins è un ateismo intollerante, distruttivo e fondamentalista (curiosa contraddizione: su Newstatesman.com Alain de Botton accusa Dawkins di aver creato un culto dell’ateismo che però, per paradosso, è lo stesso risultato che de Botton vorrebbe raggiungere erigendo il suo tempio, ma lasciamo perdere). Ciò che conta, oltre alla dimostrazione della limitatezza delle risorse retoriche umane, è che alla proposta del tempio, denuncia Alain de Botton, gli atei radicali hanno reagito con incredibile violenza: insulti e minacce di morte a cui si aggiunge l’intervento di un biologo ateo dell’Università del Minnesota, P.Z. Myers, il quale, con sottigliezza ciceroniana, ha dichiarato: l’idea di Alain de Botton mi fa vomitare, passatemi un secchio.
Mondo ateo. Per Aristotele «Essere» si può dire in molti modi e lo stesso sembra si possa fare con l’ateismo contemporaneo: ci sono atei moderati come de Botton; c’è la sacra triade degli atei radicali guidata da Dawkins, dal filosofo Daniel Dennett e dal compianto Christopher Hitchens (anche se molti atei non hanno mai «razionalmente» compreso il suo appoggio della guerra in Iraq), c’è poi il filosofo politico Sam Harris che è una specie di chimera atea buddhista e anti-musulmana; ci sono anche i nostrani Paolo Flores d’Arcais, Margherita Hack, Piergiorgio Odifreddi, Corrado Augias, eccetera.
Se in nome della logica, della scienza e della razionalità che gli atei rivendicano con una certa univocità fosse possibile fare un discorso più chiaro, logica, scienza e razionalità ne guadagnerebbero. Sempre che esistano. Ma non è così semplice. Per esempio, Dawkins e Dennett, nel nome di logica, scienza e razionalità, sono ferventi darwinisti. Ma gli scienziati e i filosofi Massimo Piattelli Palmarini e Jerry Fodor, in nome degli stessi valori, e con altrettante competenze, sostengono, per quanto atei, una posizione antidarwinista. A complicare ulteriormente il quadro di famiglia, si mettono i soliti francesi (Michel Onfray e il suo ateismo edonista post-libertino) e gli italiani. Gianni Vattimo e Vito Mancuso hanno appena portato in Italia un libro del filosofo americano, ma di formazione francese, Richard Kearney intitolato Ana-teismo (Fazi editore), la cui teoria sembrerebbe appoggiare l’inossidabile via terzista: è possibile ritrovare Dio dopo Dio, dopo cioè la distruzione reciproca delle posizioni teiste e ateiste (il «New Yorker» ha insistito su una linea di questo tipo analizzando il fenomeno dei «new new atheists»: coloro che, come il filosofo della religione Charles Taylor, rivendicano la gioia del secolarismo e una visione più tollerante della lotta della razionalità contro la religione).
Sarebbe bella la pace. Ma ci sono ancora molti ostacoli. Uno di questi è Rebecca Watson, atea americana di tipo femminista, famosa perché un collega razionalista ha provato a sedurla alle quattro del mattino in un ascensore alla fine della «World Atheist Convention» di Dublino. Alle sue rimostranze pubbliche, che hanno raccolto un po’ d’illuminata solidarietà, Dawkins ha protestato. E le ha scritto una letteraccia che subito lo ha fatto diventare uno dei grandi misogini del 2011.
Pare che Dio sia morto. Peccato non possa godersi lo spettacolo.
Edoardo Camurri