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 2012  marzo 25 Domenica calendario

TAMBURI DI GUERRA COMMERCIALE. DA CINA E RUSSIA ALT AI VOLI EUROPEI —

Se continua così, la si dovrà chiamare de-globalizzazione. Prima che il mondo diventasse «piatto», nella definizione di Thomas Friedman, le distanze erano lunghe. Volare da Milano o da Francoforte in Estremo Oriente implicava soste, pernottamenti, programmazione. Che sia un bene oppure un male, il mondo rischia di tornare indietro di alcuni decenni: merci e persone viaggeranno più lentamente.
Succederà se la Russia e la Cina andranno fino in fondo con le ritorsioni che hanno già annunciato nei confronti dell’Unione Europea. Questa settimana il governo di Mosca ha fatto sapere che sta negando ai tedeschi 19 diritti settimanali di sorvolo su 30 per gli aerei cargo che trasportano i prodotti «made in Germany» verso la Cina, il Giappone, Taiwan e la Corea del Sud. I voli tedeschi dovranno prendere rotte molto più lunghe, con aumento dei costi e un’inevitabile riduzione del fatturato della Deutschland Ag. Lo stesso problema rischia di prospettarsi anche per il traffico passeggeri dall’Italia verso Pechino, Shanghai e Tokyo: prima bastavano dodici ore, ma se la Russia dovrà essere aggirata e uno scalo diventerà necessario, la durata potrebbe almeno raddoppiare.
Tutto parte dall’effetto serra. Più precisamente, la reazione a catena è stata innescata dalle tensioni politiche create dalla risposta delle principali aree del pianeta al riscaldamento del clima. Dall’inizio di quest’anno l’Unione Europea ha fatto entrare in vigore una tassa sulle emissioni di anidride carbonica nel settore dell’aeronautica civile. Tutti gli aerei in decollo e atterraggio sul territorio dei 27 Paesi dell’area dovranno pagare una tassa per l’inquinamento prodotto su tutta la lunghezza della rotta, anche se provengono dall’Australia o dagli Stati Uniti.
La «Carbon tax» europea, che dovrebbe produrre un gettito di circa un miliardo di euro l’anno, è subito finita al centro di una disputa internazionale. Un gruppo di 27 Paesi guidati da Stati Uniti, Cina, Russia, India, Brasile e Arabia Saudita è deciso a non cedere. A loro modo di vedere, il prelievo di Bruxelles per la Co2 emessa fuori dallo spazio aereo europeo viola il principio di sovranità degli Stati. Per una volta in sintonia, Mosca, Washington e Pechino definiscono inaccettabile la «Carbon Tax» e minacciano ritorsioni.
Nei prossimi mesi il gruppo dei 27 si riunirà di nuovo in Arabia Saudita per decidere cosa fare. In realtà soprattutto le potenze emergenti stanno già iniziando ad applicare misure punitive. Non c’è solo la Russia, che limita i diritti di sorvolo dei propri cieli per le rotte fra l’Unione Europea e il Medio Oriente. Probabilmente la risposta più dura è arrivata da Pechino. Qualche giorno fa l’amministratore delegato di Lufthansa, Christoph Franz, ha fatto sapere che i cinesi stanno negando l’autorizzazione all’atterraggio a Shanghai all’Airbus 380 che la compagnia tedesca ha comprato per la rotta da Francoforte: un investimento da 240 milioni di dollari per ora inutile. Il governo di Pechino ha anche proibito alle compagnie cinesi di acquistare aerei europei e queste ultime hanno subito disdetto i loro ordini per circa 40 Airbus: il gruppo di Tolosa rischia di perdere fatturato per alcuni miliardi e si sta preparando a oltre mille esuberi.
La tassa non dovrà essere versata prima di un anno, ma la Corte europea di giustizia ne sostiene la legalità il commissario al Clima Connie Hedegaard non intende fare marcia indietro. Giovanni Bisignani, ex presidente della Iata, ha avanzato una proposta di compromesso che rinvia tutto al 2014. Se non passasse, le grandi potenze economiche potrebbero scivolare nella prima guerra commerciale mondiale dovuta all’effetto serra.
Federico Fubini