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 2012  marzo 24 Sabato calendario

MEDICO NATO IN COREA PRESIDENTE A SORPRESA DELLA BANCA MONDIALE —

La guida della Banca mondiale va a un medico e scienziato coreano naturalizzato americano che ha combattuto l’Aids in alcuni dei Paesi più poveri del pianeta, ma non ha esperienze di economia e di amministrazione, salvo quella di presidente di Darthmouth College, una delle più prestigiose (e costose) università americane.
Designando ieri mattina, a poche ore dalla sua partenza per Seul dove oggi parteciperà al vertice sulla sicurezza nucleare, Jim Yong Kim alla presidenza della grande istituzione multilaterale, Barack Obama ha sorpreso tutti con una scelta fuori dagli schemi che contiene almeno due novità radicali.
1) Nato in Corea e trasferitosi negli Stati Uniti con la famiglia quando aveva cinque anni, Kim non è un americano al cento per cento come l’uscente Robert Zoellick e gli altri suoi predecessori. Gli Usa, insomma, mantengono il loro diritto di designazione, ma aprono all’Asia, riconoscendo implicitamente la fondatezza della richiesta dei Paesi emergenti di avere più voce in capitolo nelle grandi istituzioni economiche multilaterali, Fondo monetario e Banca mondiale. Cosa della quale saranno costretti a tener conto anche gli europei quando andrà scelto il successore di Christine Lagarde: fin qui la Ue ha respinto i tentativi dei Paesi in via di sviluppo e delle nuove potenze emergenti di inserirsi nella partita per la guida del Fmi. In futuro difendere le prerogative di un direttorio Usa-Ue nato quasi 70 anni fa, in un mondo molto diverso, sarà sempre più difficile.
2) Scegliendo un uomo di scienza celebre per le sue battaglie contro l’Aids e la tubercolosi ma a digiuno di finanza e di amministrazione, Obama semina lo scompiglio nella burocrazia della World Bank che anni fa entrò in collisione e riuscì a liberarsi di un altro corpo estraneo: Paul Wolfowitz. L’intellettuale «neocon», certo, si dimostrò testardo e troppo ideologico, ma aveva comunque alle spalle un’esperienza di governo, nel gabinetto Bush. Di Kim, notano le prime voci critiche (e prudentemente anonime), si dice che sa come ridurre i costi delle cure mediche nei Paesi poveri, ma fin qui la sua unica esperienza amministrativa è quella di presidente di un’università nella quale (come negli altri atenei della Ivy League) tutto è esploso: costi, rette pagate dagli studenti, perfino le tariffe dei parcheggi.
Insomma, quella di Obama è una mossa politica abile: che poi sia anche la scelta giusta sul piano operativo è tutto da vedere. Il presidente Usa, che ha avuto fin qui una sorta di diritto di designazione in quanto maggior azionista della World Bank, doveva risolvere un dilemma: difendere la vecchia logica del direttorio Usa-Ue o aprire a un presidente asiatico rischiando di farsi accusare dai repubblicani, a pochi mesi dalle elezioni, di essere il presidente rinunciatario di un’America in ritirata? La soluzione trovata dalla Casa Bianca (che ha scartato un intero convoglio di candidati economisti, da Larry Summers a Laura D’Andrea Tyson passando per Jeffrey Sachs) è tipicamente «obamiana»: sorprendente, ma politicamente di compromesso. Un riconoscimento all’Asia, ma mantenendo la guida della banca in mani Usa. Con un personaggio che è un simbolo del multiculturalismo americano, della capacità di questo Paese, nonostante le sue difficoltà, di attrarre e amalgamare intelligenze di ogni parte del mondo. Kim, che ora andrà a presentarsi nelle principali capitali, non sarà l’unico candidato quando, a giugno, la Banca mondiale sceglierà il nuovo presidente. Angola, Sud Africa e Nigeria, ad esempio, appoggiano il nigeriano Ngozi Okonjo-Iweala. Ma l’elezione di Kim è scontata, non solo perché l’Europa sostiene in pieno la scelta di Obama, ma anche per l’apprezzamento già espresso nei suoi confronti da vari Paesi asiatici e africani.
Massimo Gaggi