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 2012  marzo 25 Domenica calendario

Medico, matematico, filosofo. Ma anche astrologo e alchimista, comunque poligrafo di notevole valore

Medico, matematico, filosofo. Ma anche astrologo e alchimista, comunque poligrafo di notevole valore. Non è facile tentare un profilo di Gerolamo Cardano (1501-1576), figlio illegittimo del giureconsulto Fazio e di Chiara Macheria, laureatosi in medicina a Padova nel 1526. Se ne parla sempre più sovente perché sono in corso nuove edizioni delle sue opere: fatica non facile dal momento che dopo quella di Lione del 1663, in dieci poderosi volumi in-folio, nessuno è riuscito a ripetere l’impresa. Ma chi era Gerolamo Cardano? Soltanto professore di medicina a Pavia e a Bologna? Sappiamo, per esempio, che nel 1529 tentò un rientro a Milano, ma il collegio dei medici non lo accolse a causa dei suoi natali (c’era una norma nello statuto che discriminava gli illegittimi) e che poco dopo riuscì a curare la propria impotenza sessuale, tanto da prendere moglie. Respinto dai colleghi meneghini anche nel 1532 (riuscirà soltanto nel 1539), si sistemò a Gallarate per esercitare la sua professione. Ma se un paio d’anni più tardi non fosse intervenuto il senatore Filippo Archinto per ottenergli un insegnamento di matematica nelle scuole Palatine del capoluogo lombardo, la situazione economica in cui versava forse sarebbe anche peggiorata. E il ritorno a Milano gli permise di farsi conoscere come medico. Innanzitutto nel capitolo di Sant’Ambrogio, dove la retribuzione non era alta; poi presso la potente famiglia Borromeo. E qui non mancavano né quattrini né protezione. Certo, protezione. Cardano era di natura un attaccabrighe e non si accontentava di pubblicare le sue tesi ma sovente attaccava i libri dei colleghi, mettendo in evidenza gli errori di pratica medica. Nel 1536 giunse l’offerta di una cattedra di medicina a Pavia (rifiutata perché non era previsto un compenso) e l’incarico lo ricoprirà soltanto nel 1543; inoltre non accettò di passare al servizio del papa, allora Paolo III. Declinò anche l’offerta giunta dal luogotenente del re di Francia, Charles de Cossé. Ormai la sua fama si era diffusa in ogni angolo d’Europa. Il carattere rimaneva sempre il medesimo: si registra un rifiuto anche al re di Danimarca, comunque nel 1552 si reca in Scozia per curare l’arcivescovo di Edimburgo, John Hamilton, colpito dall’asma. Il suo consenso si capisce se si ricorda che l’alto prelato mette a disposizione una borsa di 1.700 scudi francesi. Se si volesse giocare con l’elenco dei suoi rifiuti, può vantarne ben altri, tra i quali figurano quello fatto al re di Francia e il successivo alla regina di Scozia. Giorgio Cosmacini nella Storia della medicina e della sanità in Italia (Laterza 1987) ricorda che Cardano, al pari di Della Porta, avrebbe «ibridato l’arte medica con i pitagorismi della ragion matematica». E di lui resta un buffo ritratto lasciatoci da Anton Francesco Grazzini detto il Lasca: «... attendeva all’astrologia, alla fisionomia, alla chiromanzia e cento altre baiacce; credeva molto alle streghe, ma soprattutto agli spiriti andava dietro, e con tutto ciò non aveva mai potuto vedere né fare cosa che trapassasse l’ordine della natura». Che dire? Anche Salvatore De Renzi nella sua Storia della medicina in Italia (stiamo citando dal terzo volume, uscito a Napoli nel 1845) si scaglia contro le passioni irrazionali del celebre personaggio, ma gli rende onore per alcuni sui libri, come l’opera De sanitate tuenda et vita producenda, «nella quale parla de’ cibi, de’ legumi, delle frutta: e tratta per scopo igienico de’ condimenti, degli aromi e delle bevande». E ancora ricorda i Libri tres de venenis, un’altra sua pubblicazione «nella quale pretese di esporre l’essenza de’ veleni, le loro classi, i segni per riconoscerli e la cura». Anche se «in ciò è piuttosto compilatore che originale». Comunque il De Renzi gli rende onore. Ecco un altro passo della sua monumentale storia in cui mette in luce i meriti del medico e filosofo: «Gerolamo Cardano in mezzo alla inconseguenza del suo carattere sparge tuttavia nelle sue opere non solo i semi di una buona dottrina, ma anche quelli di una corretta osservazione pratica. Egli attacca alcuni principi Galenici, che la vastità della sua mente riconosceva fallaci... Egli vedeva per esempio l’orina sedimentosa all’apparire del morbo, e condannava coloro che ciecamente e sempre credevano alla teorica della concozione». Taluni sostengono che fu tra i primi a descrivere la febbre tifoide, altri non sono d’accordo. Di certo venne accusato di eresia per aver pubblicato un Oroscopo di Cristo; poi, perdonato, finì i suoi giorni con una pensione di papa Gregorio XIII. Goethe trarrà ispirazione dalla sua Autobiografia e Shakespeare dovette vedere in lui un personaggio ideale per il teatro. Ingaggiò polemiche notevoli per la soluzione delle equazioni di terzo grado. Di sicuro fu tra i primi a vedere in Nerone un buon principe e un raffinato esteta.