M. ALFIERI, F. MANACORDA, La Stampa 23/3/2012, 23 marzo 2012
Eni, Assolombarda e Roma Ecco la formula del sorpasso Scaroni rivendica: decisivi i miei voti. Veneto e Piemonte schierati con Bombassei - Non sarà esattamente «la vittoria di Squinzi e la disfatta del Pil», come commenta con ironia amara uno dei protagonisti della gloriosa sconfitta di Alberto Bombassei
Eni, Assolombarda e Roma Ecco la formula del sorpasso Scaroni rivendica: decisivi i miei voti. Veneto e Piemonte schierati con Bombassei - Non sarà esattamente «la vittoria di Squinzi e la disfatta del Pil», come commenta con ironia amara uno dei protagonisti della gloriosa sconfitta di Alberto Bombassei. Ma certo la mappa dell’Italia confindustriale che ieri ha decretato il successo del presidente designato Giorgio Squinzi parte da una corposa fetta dell’Assolombarda di rito post-berlusconiano e ciellino, transita per le territoriali di Toscana e Liguria, salta direttamente nel Lazio guidato da Aurelio Regina e soprattutto - ecco la vera novità - nella Roma degli ex monopolisti e delle eterne partecipazioni statali. Infine si allarga sotto il Garigliano, con i tredici voti del comitato Sud guidato dal siciliano Ivan Lo Bello e dal campano Vincenzo Boccia (presidente in carica della Piccola industria). Una geografia che letta in negativo mostra anche la mappa dei sostenitori di Bombassei: il Piemonte a egemonia Fiat, le province pedemontane a tutto export come Varese, Bergamo e Brescia, il Triveneto quasi compatto, un pezzo importante di Emilia Romagna (Bologna, Modena e Parma) e le Marche. Tra il Nord produttivo e l’Italia dei distretti che scende dalla Via Emilia fino al Conero - dicono i supporter del candidato sconfitto - in fondo i due terzi del Pil nazionale hanno espresso la loro preferenza per Bombassei. Ma sulle posizioni delle territoriali si innestano anche quelle delle categorie e dei singoli di gran nome. Ecco allora che Squinzi può ringraziare associazioni di peso come Federchimica (a lungo guidata proprio dal patron di Mapei), il grosso di Federmeccanica, i costruttori dell’Ance, Anie, Anima, Federturismo, Federacciai e Federlegno. E poi gli appoggi personali che arrivano dalla presidente uscente Emma Marcegaglia e da un ex di rilievo come Luigi Abete, nonché dai pesi massimi di Assolombarda come la presidente Diana Bracco e il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri. Dietro di loro altri nomi importanti dell’associazione più forte d’Italia e una sostanziale spinta dal mondo della Compagnia delle Opere: non a caso l’ex capo della CdO Raffaello Vignali è tra i nomi più accreditati per la prossima direzione generale di Confindustria. Ancora, per Squinzi avrebbero votato ieri anche un paio di veneti eterodossi come Alessandro Benetton e Renzo Rosso. Schierate con Bombassei, viceversa, federazioni come Ucimu (macchine utensili) e Federmacchine. Insieme all’appoggio di big come Luca Montezemolo, Gianfelice Rocca, Riccardo Illy, Carlo De Benedetti e Andrea Merloni. Nonché - sebbene fuori dal sistema confindustriale - quello dell’amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne. Il dato nuovo è però proprio quello vede il mondo delle ex - ed attuali partecipate pubbliche muoversi, con un’unica eccezione, compatto per il nuovo presidente. Vanno a lui i quattro voti delle Ferrovie guidate da Mauro Moretti, i due dell’Enel di Fulvio Conti, i due della Telecom che in passato era stata data tra i supporter di Bombassei, complice qualche dichiarazione dell’ad Franco Bernabè che non siede in giunta - sull’esigenza di rinnovamento. Financo le Poste, anch’esse fuori dalla giunta - non hanno fatto mancare nelle scorse settimane una dichiarazione a favore del candidato vincente. E soprattutto vanno a Squinzi cinque voti - su sei - dell’Eni, che in una primissima fase pareva preferire il suo avversario. Un sostegno, quello al nuovo presidente, che Paolo Scaroni, numero uno del gruppo petrolifero, rivendica: «Tutto è andato bene. Eni ha fatto la differenza, dato che avevamo sei voti ed abbiamo votato per Squinzi. Io, purtroppo, ero a Londra questa mattina: mi sono precipitato ma non ho fatto in tempo». Il designato raffredda gli entusiasmi: «E’ una situazione nuova, ma non credo ci siano padri della vittoria e padri della sconfitta. Il numero di voti a favore che ho avuto non si può attribuire a una componente piuttosto che a un’altra». Le cronache dietro le quinte raccontano anche altro: la preoccupazione di Scaroni alla vigilia per il rischio di una spaccatura che si è poi puntualmente verificata; l’irritazione di Squinzi proprio per l’assenza dell’amministratore delegato Eni al momento decisivo; la richiesta che lo stesso Scaroni avrebbe avanzato per occupare la poltrona del presidente del Sole 24 Ore al prossimo giro. Si vedrà. Da registrare, intanto che nel composito mondo delle partecipate pubbliche solo la Finmeccanica, con il voto di Luigi Orsi, sceglie di schierarsi con Bombassei. Insomma, ci sarà molto da ricucire dopo la spaccatura che ha creato un effetto derby inusuale in Confindustria, con ogni voto che valeva doppio, perché ne toglieva uno all’avversario. Comprensibili, in questo contesto, anche alcune assenze: oltre al ritardatario Scaroni non hanno votato tra i «big» Marco Tronchetti Provera e Gianpiero Pesenti. Sul risultato - e sulla spaccatura - finale ha giocato anche un mini recupero di Bombassei nelle ultime due settimane, quando il patron di Brembo ha scalfito il monopolio di Squinzi al Sud, recuperando 5-6 voti tra Puglia, Calabria e Basilicata, mentre la Sicilia presidiata dai fedelissimi marcegagliani Lo Bello e Montante, ha tenuto sul candidato poi vincitore. Ma la verità è che lo scarto tra i due imprenditori è sempre stato minore di quel che gli spin doctor di Squinzi, abilmente, hanno fatto circolare durante la lunga campagna elettorale, sperando in un ritiro di Bombassei e quindi nel plebiscito. Così non è stato e ora, in vista del voto di giunta del 19 su vicepresidenze e programma, si aprono quattro intense settimane in cui i protagonisti resteranno i due candidati, il vincitore e lo sconfitto, e i «pontieri» che inevitabilmente dovranno mettersi al lavoro per avvicinare i due schieramenti.