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 2012  marzo 23 Venerdì calendario

“Il lavoratore non è una merce” - «Il lavoratore non è una merce. Non lo si può trattare come un prodotto da dismettere, da eliminare per motivi di bilancio»

“Il lavoratore non è una merce” - «Il lavoratore non è una merce. Non lo si può trattare come un prodotto da dismettere, da eliminare per motivi di bilancio». L’arcivescovo di Campobasso, Giancarlo Maria Bregantini, presidente della Commissione Cei per il lavoro e i problemi sociali, lancia l’allarme sugli effetti della riforma Fornero. In un’intervista a «Famiglia cristiana» paventa che la revisione dell’articolo 18, relativamente al licenziamento economico, «potrebbe rivelarsi infausta» e creare in tutto il Paese «una fase di paura generalizzata». Rilievi critici, di merito e di metodo. Bregantini stigmatizza come «un grave errore» lasciar fuori la Cgil. In più fa una critica di fondo sull’attuale stagione politica: «Ormai l’aspetto tecnico sta diventando prevalente sull’aspetto etico». Poi entra nel merito («una siepe protettiva sui licenziamenti economici bisognava metterla») auspicando che «a livello parlamentare e di riflessione culturale si possa creare una rete di diritti e di protezioni più solida». Ci voleva più tempo «per mettere in atto una riforma così importante: non era necessaria una fretta così evidente». Il premier Monti ha detto che «la questione è chiusa», e invece «si poteva dire: la questione è posta, ora dialoghiamo, nelle fabbriche, negli uffici, in Parlamento, nella società civile, ovunque perché il lavoro è il tema cruciale del nostro Paese». Vanno riannodati i fili del dialogo con la Cgil: «Dietro questa fetta di sindacato c’è tutto un mondo importante, cruciale, da coinvolgere per camminare verso il futuro, c’è il rischio che questa parte sociale, con i suoi milioni di iscritti, resti disillusa, arrabbiata». E invece, «tra profitto e aspetto tecnico si crea una sintonia eccessiva, il necessario aspetto etico della politica non è più tenuto in considerazione». Una bocciatura senza appello che, in serata, viene attenuata, però, da una dichiarazione del portavoce e sottosegretario Cei, monsignor Domenico Pompili: «La situazione del mondo del lavoro costituisce un assillo costante dei vescovi, la dignità della persona passa per il lavoro riconosciuto nella sua valenza sociale». La Cei, quindi, «segue con attenzione le trattative in corso, confidando nel contributo responsabile di tutte le parti in campo, al fine di raggiungere una soluzione, la più ampiamente condivisa». Rispetto all’«anatema» di Bregantini (che subito aveva incassato un coro di consensi a sinistra), dal portavoce Cei arrivano espressioni più generiche, di principio e in linea con l’appello del Quirinale alla riforma condivisa. Una disponibilità al cambiamento già espressa dal vicepresidente delle Settimane sociali Cei, Luca Diotallevi e soprattutto dal leader dei vescovi, Angelo Bagnasco, che, in occasione della festività di San Giuseppe, ha detto basta ai «no pregiudiziali», avvertendo che «è tempo di dismettere i vecchi modi di pensare» e che «per creare futuro, bisogna mettere in conto anche eventuali disagi temporanei: è la visione d’insieme, non il proprio particolare che deve ispirare e sostenere». Tanto più che «lo status quo non giova certamente ai lavoratori e alle famiglie». Anche un mese fa sull’articolo 18, riferisce l’agenzia dei vescovi Sir, Bagnasco aveva aperto alla riforma: «Speriamo che i giovani trovino un posto di lavoro, secondo competenza e professionalità e che queste qualità possano essere il punto di sfondamento per le difficoltà lavorative di oggi». Serve «spirito di adattamento, sempre e comunque, nella speranza di trovare occupazioni in cui capacità e professionalità possano essere sviluppate». Inoltre, «le opportunità all’estero devono essere colte al volo: siamo cittadini del mondo». Nessuna «crociata» per il posto fisso. Meglio guardare avanti.