Pietro Treccagnoli, Facebook, bacheca di Pietro Treccagnoli, 24 marzo 2012
Pietro Treccagnoli scrive: Non sarò breve, purtroppo. E andrò per punti, neanche conseguenziali e sicuramente incompleti, perché scriverò di pancia più che di cervello
Pietro Treccagnoli scrive: Non sarò breve, purtroppo. E andrò per punti, neanche conseguenziali e sicuramente incompleti, perché scriverò di pancia più che di cervello. 1. Da quando la Fornero (e ci metto l’articolo determinativo di proposito, aboliamo un articolo alla volta) ha scatenato la guerra all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori sto leggendo, in Rete soprattutto, ma pure sui giornali, un sacco di fregnacce, soprattutto da parte dei giannizzeri del governo Monti, ma pure da gente di sinistra, ormai così sinistrata da risultare sinistra. La cancellazione dell’articolo 18, lo dico subito, è una porcata perché serve solo a dare mano libera ai padroni, chiamiamolo con il loro nome, senza paura, magari sillabandolo per farlo capire meglio: pa-dro-ni. Non modernizza il sistema economico, lo riporta al sistema feudale. 2. Se persino la Cei si è ribellata qualcosa vorrà pur dire. Il lavoratore non è una merce, hanno detto. Insomma, quello che vuol fare questo governo trasformerebbe la “Rerum Novarum” nel “Manifesto del Partito Comunista”, tanto porterebbe indietro le lancette della Storia. 3. Veniamo a oggi, però. Ma davvero credete che l’abolizione dell’articolo 18 creerà nuovi posti di lavoro? Ma in che mondo vivete? La norma che vogliono cancellare riguarda solo le aziende che hanno più di 15 lavoratori. Quindi per le piccole aziende non cambierebbe nulla. Le piccole aziende, che sono il nerbo economico dell’Italia, già oggi, se hanno problemi economici licenziano e basta. Ad avere le “mani legate” sono le grandi aziende che fanno grandi profitti e possono mandare a casa tanti lavoratori. Chi non sta tutto il giorno a smanettare su Facebook e Twitter e legge anche qualche giornale saprà che un grosso gruppo bancario ha già sulla scrivania le lettere di licenziamento per 4000 dipendenti e non sono bruscolini, non è l’impiegatuccio inefficiente da beccare qua e là. E provate a immaginare che macelleria sociale avrebbero fatto all’Alitalia se non ci fosse stato l’articolo 18. Hanno fatto schifezze inenarrabili, ma sarebbe stato molto peggio. 4. Perché l’abolizione non riguarda il pubblico impiego, ma solo il privato? Non abbiamo sempre detto che bisogna abbattere la spesa pubblica e che proprio nel pubblico c’è il maggior numero di lavativi? Certo, per licenziare un dipendente pubblico non si possono accampare scuse economiche, ma non vi sembra che sia un regalo esclusivo per i pa-dro-ni che vogliono avere mano libera non sul singolo lavoratore improduttivo che già adesso possono cacciare, ma su intere aziende? 5. Si dice: le imprese straniere non investono in Italia perché c’è l’articolo 18 (semplifico, la terminologia adoperata è più sofisticatamente e astrattamente subdola). Davvero? Ma se neanche sanno che cos’è? Non investono perché ci sono mafia e camorra (che eleggono diversi parlamentari e sindaci), perché c’è una corruzione da satrapia asiatica (e tutto finisce nelle tasche dei politici), perché mancano infrastrutture decenti (che non si fanno o si fanno male perché devono azzupparsi la fresella anche i mafiosi e i politici), perché c’è concorrenza sleale tra chi evade le tasse e chi invece le paga. Che ci azzecca l’articolo 18. In Germania, per quello che leggo, ci sono garanzie per i lavoratori ben più forti dell’articolo 18. Licenziare è molto difficile, ma l’economia va e gli investimenti ci sono. Là, se le aziende vanno male, licenziano innanzitutto i dirigenti. Da noi gli aumentano le gratifiche per ogni lavoratore che cacciano a calci in culo, na mano annànze e n’ata arèto. Perché non lo si dice chiaro e tondo che certe grandi aziende, a cominciare dalla Fiat, sono in crisi perché fanno prodotti che non hanno mercato e non certo perché devono reintegrare tre operai di Melfi? 6. Gli abolizionisti sostengono che senza l’articolo 18 non cambierà molto, quasi niente. Allora perché abolirlo? E’ chiaramente una bugia. Cambia molto. 7. Dicono: i bravi non saranno mai licenziati. Fesseria. Le aziende quando hanno dei problemi economici licenziano chi costa di più, a prescindere. Altrimenti come ottieni il risparmio? E a costare di più sono i più anziani, i più esperti che logicamente sono i più bravi. 8. Allora, io capisco che i pa-dro-ni si battano per l’abolizione. E’ un regalo nell’uovo di Pasqua che aspettavano da mezzo secolo e fa tornare indietro le lancette della Storia di tre secoli. Capisco meno tutto il tambureggiare sulla grancassa dell’entusiasmo da parte di chi vive (e invecchia male) ai margini del mondo del lavoro, nel cosiddetto precariato. Si illudono che per loro, bravissimi emarginati, si spalanchino le porte dell’Eden. Ma se licenziano perché dovrebbero assumere? La destrutturazione del mondo del lavoro è arrivata al punto che ci si becca come i capponi di Renzo. Capponi? Passeri solitari che a furia di cinguettare sui social network saranno abbattuti con una scarica di pallini. Se c’è oggi qualcuno che ha un diritto (e non un privilegiano come abbaiano i pa-dro-ni e i loro aspiranti servi sciocchi) si può sempre sperare di averlo anche per sé, se nessuno ce l’ha non lo si potrà mai avere. E’ proprio vero, la masturbazione (mentale) fa diventare ciechi. E chest’è. E non ho detto tutto, non sono bravo come Peppino De Filippo.