Maria Corbi, La Stampa 24/3/2012, 24 marzo 2012
Educazione sentimentale per giovani padri, ma anche per le aziende che non vedono di buon occhio (spesso) i dipendenti maschi che usufruiscono del congedo parentale
Educazione sentimentale per giovani padri, ma anche per le aziende che non vedono di buon occhio (spesso) i dipendenti maschi che usufruiscono del congedo parentale. Non è una cosa da uomini. Così ci pensa la ministro-maestra del Welfare Elsa Fornero a dare una lezione di illuminismo imponendo ai papà un congedo obbligatorio, in modo che non ci siano più scuse né da una parte (uomini), nè dall’altra (aziende). Poiché ormai è chiaro a molti che la cultura si cambia più velocemente se si pongono regole perentorie. «Mammi» per legge almeno nei primi mesi del piccolo nuovo arrivato. Per costringere al salto culturale le aziende che alzano il sopracciglio quando un dipendente chiede qualche tempo di pace per godersi il lieto evento. Ma anche i padri che causa «lavoro» aggirano le nottate in bianco. Certo nel ddl di riforma del mercato del lavoro il congedo concesso è «omeopatico», tre giorni consecutivi entro i cinque mesi dalla nascita, ma è comunque un inizio. Oggi in realtà la legge già dà questa possibilità ai padri che lo vogliano fare, con una retribuzione al 30% dello stipendio entro i primi tre anni di età del figli e senza retribuzione fino agli 8 anni (non può superare gli 11 mesi se ne usufruiscono entrambi i genitori, o può essere di massimo sei mesi per le donne e massimo 7 mesi per gli uomini). Risultato: circa un papà ogni dieci mamme lo chiede. Per la Fornero, l’introduzione dell’obbligo dei tre giorni porterà a «un cambiamento di mentalità» e sarà «un’azione a tutela dell’occupazione delle donne». Ci sarà una «maggiore condivisione» della gestione dei figli da parte di entrambi i genitori e a una migliore «conciliazione tra i tempi del lavoro e quelli della famiglia». Una «sperimentazione finanziata dal ministero del Lavoro»,come ha spiegato la ministra che va in una direzione europea. D’altronde il congedo di paternità è un istituto presente in quasi tutti i paesi del vecchio continente. Un passo importante è stato fatto con la direttiva 9285 approvata nel 2010 dal parlamento Europeo secondo la quale i padri avrebbero diritto a 2 settimane di congedo di paternità obbligatorio retribuito al 100 per cento dello stipendio. E sono sempre i paesi del nord Europa a battere la strada. In Svezia e Norvegia, secondo i dati, dell’European industrial relations observatory, la cura dei figli appena nati è equamente distribuita tra padri e madri. In Svezia circa il 73 per cento dei neo papà prende dieci giorni di congedo. In Norvegia l’85 per cento dei padri prende 4 settimane. Fanalino di coda sono invece l’Irlanda e il Regno Unito. E chissà che in Italia non accada come in Svezia dove grazie ai congedi parentali e alla cultura di parità assoluta tra uomini e donne, i divorzi sono diminuiti. Probabilmente perché i padri costretti a casa capiscono meglio il duro lavoro di una madre e aumentano nello stesso tempo la loro consapevolezza di genitori. Certo i 3 giorni italiani sono ancora pochi. Dalle donne di destra e sinistra commenti favorevoli al nuovo congedo parentale per papà. «Viene infatti accolto il principio della condivisione tra uomini e donne della cura e della sfera pubblica», dice la senatrice del Pd Vittoria Franco. «Il congedo di paternità obbligatorio ha poi anche una valenza simbolica, in un Paese in cui il carico famigliare è ancora in buona parte sulle spalle delle donne». Applaude la riforma del mercato del lavoro anche la ex ministra delle pari opportunità Mara Carfagna: «La riforma del mercato del lavoro approvata oggi contiene nuove e buone norme per l’empowerment femminile. Con questo strumento l’Italia potrà dotarsi di norme delle quali si discute da tempo, come il congedo parentale obbligatorio per i padri».