R.Po., Corriere della Sera 24/3/2012, 24 marzo 2012
MILANO —
Nella scala gerarchica dei «bisarchisti» loro sono, tecnicamente, i «subvettori». Sono il grosso della categoria. E sono sul piede di guerra dal 20 febbraio. Scioperano contro i grandi committenti, i big della logistica e del trasporto. Perché, accusano, ricevono 1-1,20 euro a chilometro quando ormai solo di spese «vive» arrivano a spenderne anche 1,70. Il problema è che per farsi sentire paralizzano l’intera industria automobilistica. La Fiat e le sue fabbriche, l’indotto, le case estere costrette a importare in Italia con il contagocce, i concessionari. Niente trasporto, niente consegne, niente vendite. In un settore già atterrato dalla crisi il danno è evidente.
L’hanno denunciato una prima volta, nei giorni scorsi, tutti i protagonisti. Non si è mosso nulla e, anzi, la situazione è peggiorata. Per cui è ancora la Fiat a puntare l’indice: «Il danno economico sta diventando insostenibile per l’automotive italiano». In parallelo arriva l’annuncio: lo sciopero costringerà a fermare Pomigliano e Cassino anche la prossima settimana, perché i piazzali sono pieni di vetture che non possono essere consegnate. Oltretutto — lancia l’allarme Torino — in un clima aggravato da «numerosi episodi di violenza, tra cui incendi di mezzi, minacce e aggressioni ad autisti che non aderiscono allo sciopero».
Gli uomini di Sergio Marchionne non sono i soli a parlare di «gravissimi danni». Ieri, mentre un primo incontro committenti-subvettori andava in scena a Milano, si è fatta sentire anche Unionmeccanica-Confapi: a nome delle sue 40 mila imprese (450 mila addetti) chiede di «superare un muro contro muro» che «sta creando notevoli problemi anche alle piccole e medie aziende, lasciando prevedere un ulteriore incremento del ricorso alla cassa integrazione». All’intera filiera fa esplicito riferimento lo stesso Lingotto. Che sottolinea però come «i danni siano particolarmente gravi per Fiat, costretta a fermare più volte l’attività con rilevanti perdite per l’azienda e per i lavoratori». Pomigliano, per dare un’idea, è impegnata nel lancio europeo della Panda e dovrebbe produrre 700 auto al giorno. Ha già avuto uno stop da «mancato trasporto», e si bloccherà di nuovo lunedì e martedì. Cassino chiuderà un giorno in più. Melfi, pur in Cig dal 14 marzo, ha i piazzali pieni di Punto. Mirafiori è nelle stesse condizioni. Il «conto bisarche», avverte il Lingotto, lo si vedrà di nuovo pure sulle quote di mercato: «Saranno evidentemente influenzate in modo negativo». È pesante, se è vero che, solo tra il 20 febbraio e la settimana scorsa, lo sciopero è costato la mancata produzione di 20 mila auto: la metà di quanto Fiat ha venduto in gennaio in Italia, quasi un terzo delle sue immatricolazioni in tutta Europa.
R. Po.