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 2012  marzo 24 Sabato calendario

SQUINZI A LONDRA

ROBERTO BAGNOLI SUL CORRIERE DELLA SERA
Allo sconfitto Alberto Bombassei l’onore delle armi non basta. E se forse è ancora presto per vedere già avviata la diplomazia in grado di ricucire le due anime confindustriali emerse dalle elezioni di giovedì vinte da Giorgio Squinzi con appena 11 voti, l’imprenditore bergamasco titolare della Brembo è passato all’azione. Martedì prossimo alle ore 10.30 ha convocato i suoi fedelissimi all’Hotel Radisson di Milano, e ieri ha inviato una lettera a tutti i 187 membri di giunta per ringraziare chi lo ha eletto, ma soprattutto per ricordare il peso dei suoi voti e la necessità di «lavorare insieme». «Giorgio Squinzi e io abbiamo rappresentato sensibilità differenti presenti nelle nostre associazioni, — scrive Bombassei — differenti idee che hanno la stessa dignità, lo stesso diritto di cittadinanza nel nostro sistema confederale». La giunta che ha designato Squinzi per il voto dell’assemblea «ha reso evidente l’esistenza di queste sensibilità differenti — continua l’attuale vicepresidente di Confindustria — che sostanzialmente si equivalgono; voglio nuovamente fare a Squinzi sinceri auguri di buon lavoro e sono certo che lui si adopererà per prestare ascolto e per dare corpo e sostanza alle nostre idee».
Il nuovo presidente in pectore di Confindustria è avvisato: prima di muoversi verso il prossimo passaggio cruciale di questo infinito iter elettorale — cioè la riunione straordinaria della giunta il 19 aprile per votare squadra e programma — è meglio che scenda a patti con i bombasseiani. La minaccia, si ventila nei corridoi di Viale Astronomia, è che gli sconfitti possano arrivare all’astensione mettendo di fatto l’associazione di fronte a un episodio senza precedenti. Ma gli stretti collaboratori di Bombassei non vogliono arrivare a tanto. Anzi ridimensionano l’appuntamento del Radisson: «Non è l’Aventino né l’opposizione», ma solo una messa a punto degli obiettivi per realizzare un programma condiviso che abbia al centro la vera ristrutturazione della tecnocrazia confindustriale. Tra i punti che chiederanno a Squinzi di condividere ce ne sarà anche uno «delicatissimo» e mai risolto, cioè il ruolo dei giganti dell’energia Enel ed Eni. I bombasseiani sono tutti «energivori», cioè sono clienti dei "monopolisti" di Stato entrati in Confindustria dopo cruente discussioni, e ora si trovano battuti proprio per l’appoggio dato pubblicamente a Squinzi dai numeri uno Paolo Scaroni e Fulvio Conti. Soprattutto l’invadenza del Cane a sei zampe, con l’uscita di Scaroni a favore di Squinzi dopo essersi schierato inizialmente con Bombassei, è considerato un atto non proprio piacevole.
I tattici degli sconfitti confidano in quell’amarezza confessata ieri da Squinzi, per il voltafaccia di una ventina di suoi elettori che ora gli rendono la vita difficile, per arrivare a un accordo sostanzioso. Poi c’è il problema dei veneti capeggiati da Andrea Tomat, un gruppo di una ventina di voti che si è schierato compatto per Bombassei. Per ora sono i più bellicosi e chiedono un passo indietro di Aurelio Regina, considerato il king maker dell’operazione Squinzi. Ma non tutto è scontato. In area del vincitore si valuta con freddo pragmatismo che i veneti alla fine non faranno il gioco fino in fondo per i bombasseiani: correranno in proprio per una poltrona di vicepresidenza. La loro forza specifica, del resto, al di la dei voti, è molto relativa: gli imprenditori veneti che contano, come i Benetton, i Del Vecchio, i Rosso, i Moretti Polegato hanno votato tutti per Squinzi. Quindi calma. La partita a scacchi per l’assetto del nuovo potere confindustriale è appena all’inizio.
Roberto Bagnoli

ENRICO FRANCESCHINI SU REPUBBLICA

dal nostro corrispondente
LONDRA - È finita 93 voti a 82. La Confindustria non è mai stata così spaccata. Ma Giorgio Squinzi, a Londra per un convegno legato alla sua azienda chimica, il giorno dopo la vittoria non ne fa un dramma. «C´erano due candidati forti», dice incontrando la stampa italiana. «Ci ricompatteremo. Io ero convinto di avere 105 voti sicuri e pensavo di poter arrivare a 120. Evidentemente qualcuno ha cambiato idea».
Si dice che lei abbia preso soprattutto i voti del sud.
«Non è vero. Per me hanno votato Milano, l´Emilia, la Toscana, Roma. I veneti si sono mossi a modo loro. Ma in generale direi che ho preso voti ovunque».
Cosa si aspetta da Marchionne?
«Dipende da lui. Ha sostenuto che, se non avesse vinto Bombassei, sarebbe rimasto fuori, ma sono già arrivati dei segnali da parte sua: mi vuole incontrare. E di sicuro è importante avere con la Confindustria la più importante azienda manifatturiera italiana».
Cosa pensa dei contratti collettivi?
«Da presidente di Federchimica ne ho firmati sei, di contratti collettivi. E non ho avuto neanche un´ora di sciopero. Credo molto nel confronto condiviso».
Anche con la Cgil?
«La Cgil era sempre coinvolta. E per altro era una delle parti più ragionevoli. Non è mai stato un problema trovare degli accordi. Spesso sono risultati anche più vantaggiosi di quelli firmati senza la Camusso al tavolo delle trattative».
E delle aziende poco sindacalizzate che dice?
«Esistono molte aziende in cui la conflittualità è assai bassa. Dove chi guida l´azienda e chi ci lavora sono in sintonia. Lì la rappresentanza sindacale è più blanda. Cosa si deve fare, rinunciare a concludere nuovi contratti con loro?».
E´ inevitabile chiedere il suo giudizio sull´articolo 18.
«Non sono ancora io a doverne parlare, tocca a Emma farlo. In ogni modo la mia linea sarà di continuità con la Marcegaglia. Per me lei è come una figlia. Comunque non credo che sia l´articolo 18 a fermare lo sviluppo del paese».
Cos´è che ferma lo sviluppo del paese?
«In primo luogo la troppa burocrazia. Poi la mancanza di infrastrutture. E il costo eccessivo dell´energia. Su queste cose occorre lavorare. Penso al caso della British Gas che dopo tre anni se n´è andata da Brindisi perché non arrivavano i permessi».
Londra ha appena abbassato le tasse sulle corporation.
«E´ una strada da seguire anche da noi».
Come è diventato quello che è?
«Il primo gioco che mi hanno regalato è stato Il Piccolo Chimico. Non ho mai voluto fare altro. La mia foto preferita è del 1952: io, mio padre e sette operai. Ricordo ancora tutti i loro nomi. La mia filosofia non è cambiata. In vita mia non ho mai licenziato nessuno».
Si è sentito con il presidente del Consiglio?
«Monti e la Fornero sono stati così gentili da chiamarmi».
E lei cosa ha detto a Monti?
«Che noi ragazzi del ´43 siamo i migliori».