VARI, Corriere della Sera 24/3/2012, 24 marzo 2012
IL NUOVO DIRETTORE GENERALE DEL TESORO
GIOVANNI STRINGA SUL CORRIERE DELLA SERA
MILANO — Dopo quattro mesi il Tesoro ha il suo nuovo direttore generale. È Vincenzo La Via: romano, 55 anni, in Via XX Settembre aveva già lavorato dal 1994 al 2000, con l’incarico di direttore generale per la gestione del debito pubblico (ruolo oggi ricoperto da Maria Cannata). Sono gli anni in cui il Tesoro è stato impegnato a preparare l’ingresso nell’euro, ridurre il costo del debito e aumentare la capacità di resistenza agli choc sui tassi di interesse.
Il posto di direttore generale si era «liberato» lo scorso novembre, quando Vittorio Grilli aveva lasciato l’incarico per entrare nel governo di Mario Monti come viceministro dell’Economia. E proprio dal Consiglio dei ministri, su proposta del premier e responsabile dell’Economia Monti, è arrivata ieri l’investitura di La Via, come ha annunciato una nota di Palazzo Chigi. «In qualità di nuovo direttore generale del Tesoro — si legge nella nota — La Via sarà il capo del dipartimento che, all’interno del ministero dell’Economia e delle finanze, è responsabile di processi chiave a supporto dell’elaborazione e dell’attuazione delle scelte di politica economica e finanziaria del governo, sia in ambito nazionale sia internazionale».
Dopo la prima esperienza al Tesoro conclusa nel 2000, La Via ha lavorato cinque anni in Banca Intesa (insieme a Corrado Passera, poi passato da consigliere delegato a ministro dello Sviluppo), dove ha seguito per esempio l’integrazione della Banca Commerciale Italiana.
Poi, nel 2005, è arrivata la nomina a chief financial officer della Banca Mondiale, una sorta di super responsabile finanziario dell’istituzione con sede a Washington. Come membro del «senior management team» della Banca, ha supervisionato la gestione delle vicepresidenze responsabili in diversi campi, dalla tesoreria al controllo di gestione fino alla finanza agevolata e alle partnership globali. La Via è stato anche responsabile per lo sviluppo delle politiche e delle azioni per la solidità finanziaria, la disciplina di bilancio e la sostenibilità finanziaria di lungo termine della Banca Mondiale. Nel corso del suo mandato ha poi rappresentato l’istituzione al Financial Stability Board, l’organismo di cui è stato presidente Mario Draghi, oggi numero uno della Banca centrale europea.
A Washington, La Via ha lavorato a gettare le basi per lanciare e concludere il primo importante aumento di capitale della Banca Mondiale in oltre vent’anni. E nel 2007 ha presieduto il processo di ricostituzione del fondo della Banca destinato ai Paesi più poveri, vale a dire l’Associazione internazionale per lo sviluppo.
Giovanni Stringa
ROBERTO PETRINI SU REPUBBLICA
ROMA - Un uomo del debito alla direzione generale del ministero del Tesoro. E´ stata questa la scelta di Mario Monti che ieri il consiglio dei ministri ha ratificato nominando Vincenzo La Via, 55 anni, romano, attualmente direttore finanziario della Banca Mondiale. La Via prende il posto di Vittorio Grilli: la poltrona era infatti rimasta vacante (gestita ad interim da Maria Cannata) da quando Grilli, quattro mesi fa, era stato nominato viceministro dell´Economia.
Per La Via si tratta di un ritorno a casa: dal 1994 al 2000 il funzionario ricoprì infatti l´incarico di direttore generale per la gestione del debito pubblico. Una posizione di grande responsabilità nel nostro paese sotto continua pressione per rinnovi e collocamenti dei titoli pubblici (quest´anno circa 400 miliardi) volti a tenere in vita un debito che ormai si avvia verso i due trilioni di euro. Tanto più complicata dalla crisi dei bond europei e dagli impegni per l´implementazione della struttura della governance dopo il caso-Grecia a partire dal trattato sul Fiscal compact e dall´ Esm, il nuovo fondo salva-Stati.
L´esperienza in materia di Bot e Btp deve senz´altro aver giocato a favore di La Via tanto più che, fino all´ultima ora, si era parlato di una candidatura di Maria Cannata che attualmente gestisce la medesima posizione che era stata di La Via: la direzione del debito pubblico. E su questo aspetto insiste anche la nota ufficiale di Palazzo Chigi emessa al termine del consiglio dei ministri: «In qualità di Direttore generale del Tesoro per il Debito Pubblico, La Via ha cambiato la struttura del debito italiano, aumentandone la resistenza agli shock generati dalla fluttuazione dei tassi d´interesse e riducendo i costi di servizio del debito». In tempi di spread è un curriculum che vale molto.
Senza contare che, a favore di La Via, è arrivato anche il disco verde del ministro per lo Sviluppo Corrado Passera che ha avuto per cinque anni accanto a se il neo direttore generale quando, tra il 2000 e il 2005, si sono trovati accanto durante la fase di integrazione della Banca Commerciale nella appena nata Banca Intesa. Un ritorno nel privato che aveva segnato gli inizi di La Via che in gioventù aveva lavorato alla Akros.
La nomina di un nuovo direttore generale del Tesoro, pur essendo nell´aria da settimane, non era scontata. In uno degli ultimi decreti del governo Monti era stata infatti inserita una norma, attualmente legge dello Stato, che consente ai capi dipartimento dei ministeri (come il direttore generale del Tesoro) che sono approdati al governo di essere sostituiti temporaneamente da un dirigente titolare di altri uffici. Nella stessa situazione di Grilli stanno infatti il ministro dell´Ambiente Corrado Clini e quello dell´Agricoltura Mario Catania che provengono entrambi dalla direzione generale del dicastero che oggi guidano a titolo politico.
ALESSANDRO BARBERA SULLA STAMPA
Aquattro mesi dall’insediamento Mario Monti mette l’ultimo tassello alla sua squadra di governo. Vincenzo La Via, fino a ieri chief financial officer della Banca Mondiale, lascia Washington e torna a Roma per diventare il nuovo direttore generale del Tesoro. Per La Via è un ritorno in grande stile: a Via XX settembre aveva già lavorato fra il 1994 e il 2000, e aveva gestito il debito sovrano durante la delicatissima fase del changeover all’euro. Il curriculum sul sito della World Bank dice pochissimo di lui: romano, ex studente della Sapienza, un dottorato all’Università della California, prima di volare in America aveva avuto una breve esperienza da capo della finanza a Banca Intesa. «Solo una parentesi, per lui non entusiasmante», dicono gli amici. I colleghi del Tesoro offrono qualche dettaglio in più: timido, riservato, non avvezzo ai rapporti con i giornalisti e però caparbio sul lavoro, capace di ottima comunicazione con gli investitori esteri. Nessuno lo ha mai sentito alzare la voce, nemmeno nei momenti di maggiore tensione, che in quegli anni non sono mancati. La ritrosia ne ha fatto il meno conosciuto dei «Ciampi boys», la generazione di funzionari che ha governato il Tesoro lungo gli anni novanta. La sua è una carriera da civil servant , ma viene da una dinastia di banchieri: La Via è nipote dello storico presidente della Comit Sergio Siglienti.
La consultazione per scegliere il successore di Vittorio Grilli è durata a lungo, e molti sono stati i candidati a ricoprire quel ruolo. Dagli economisti Alberto Giovannini e Pietro Garibaldi, dal vicepresidente della Bei Dario Scannapieco all’attuale capo della divisione debito sovrano, Maria Cannata.
Molti credono che la scelta del premier sia caduta sul candidato preferito da Mario Draghi. In effetti i due si conoscono bene: fu Draghi a portare La Via al Tesoro da Banca Akros - allora era una piccola finanziaria - con Draghi ha lavorato fino a pochi mesi fa: da «Cfo» della World Bank La Via partecipava alle riunioni del Financial Stability Board. Ma la vera ragione della scelta sarebbe un altra: di tutti i possibili candidati La Via era quello con il curriculum più adatto. Monti voleva come direttore un grande esperto di finanza e debito. E La Via lo è: per aver svolto il ruolo che ora è della Cannata, per la lunga esperienza maturata a Washington. Alla World Bank La Via si è occupato di tesoreria, controllo di gestione, rischio di credito, ed ha partecipato al lungo negoziato che porterà al primo aumento di capitale in vent’anni dell’organizzazione.
La nomina del nuovo direttore generale del Tesoro era diventata una pratica urgente da sbrigare. Di più: un imbarazzante vuoto da colmare. Per ben due volte, dalle colonne del Corriere della Sera, Francesco Giavazzi aveva invitato il governo a procedere. Non solo perché il terzo debito del mondo non poteva permettersi di stare ssenza un referente istituzionale, ma perché l’assenza di un ministro a tempo pieno costringeva l’ex Vittorio Grilli a ricoprire due ruoli in qualche modo incompatibili: quello dell’ex direttore e del viceministro in carica. Ignoto al grande pubblico, il direttore del Tesoro assomma un potere enorme, più di quello di parecchi dicasteri. Non solo sovritende al debito e ad una macchina burocratica enorme (più o meno cinquemila persone), ma rappresenta l’Italia nei negoziati europei. Da lui dipende la nomina di consiglieri e amministratori di controllate e partecipate dello Stato: da Fs a Poste, da Eni ad Enel, e ancora Finmeccanica, Cassa depositi e prestiti, Sace, Poligrafico, Sogei, Rai, Fintecna.