Roberto Faenza, il Fatto Quotidiano 23/3/2012;, 23 marzo 2012
“NON SAPREMO MAI CHI HA UCCISO SIMONETTA”
La notizia della superperizia che scagiona il fidanzato del delitto di via Poma non mi sorprende. Nel film da me diretto mandato in onda da Canale 5 lo scorso novembre si racconta proprio come le perizie precedenti imbarcassero acqua. Quando abbiamo simulato la scena del dibattimento nel-l’aula bunker di Rebibbia, i cancellieri presenti al processo vero mi avevano palesato lo stupore per la condanna a Raniero Busco a 24 anni per l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Dicevano che un processo basato su prove così discutibili non l’avevano mai visto. Qualcuno ha anche ricordato le parole del presidente Evelina Canale (la stessa del caso Cucchi), quando un giorno ordinando di sgomberare l’aula dagli amici dell’imputato, aveva esclamato “non siamo in un teatro”.
COL SENNO di poi, potremmo dire che non si era a teatro, ma peggio. Sembrava infatti di essere a Porta a Porta, con quella passerella di improbabili perizie. Ipotesi fantascientifiche, come il calco della ricostruzione dell’arcata dentale di Busco, anziché prove certe. Ora fa bene l’avvocato di Busco (lo stesso che cercato di stoppare la messa in onda del nostro film prima di averlo visto) a essere cauto, in quanto la sentenza di appello ancora non è stata scritta. Una cosa però è sicura, il castello di accuse basate sul presunto morso del fidanzato sul corpetto della vittima non sta in piedi.
Lo spiega bene il commissario interpretato da Silvio Orlando, quando di fronte ai Ris ribadisce che l’unica prova valida è il sangue dell’assassino sulla porta dell’ufficio di via Poma. Prima di girare il film assieme al produttore Valsecchi ho chiesto udienza ai medici che avevano redatto la perizia su quelle macchie miracolosamente conservate, visto che sulla scena del crimine erano stati compiuti talmente tanti errori da alterare tracce e indizi.
Il referto medico, suffragato dai protocolli in uso, era perentorio: il dna non apparteneva a Busco. Per fortuna le trovate da telefilm impiegate dai Ris vengono oggi messe alla berlina dagli esperti nominati dalla Corte d’assise d’appello . E se per i carabinieri superspecializzati quel morso era certamente di Busco, per i periti in nessun modo è ascrivibile a lui. Ed ecco la notizia che scardina l’accusa: il campione “identifica con certezza la presenza di almeno tre soggetti maschili”. Dunque chi è l’assassino che agita le cronache giudiziarie da oltre vent’anni?
Dubito che ce lo rivelerà mai il processo in corso, né il prossimo in Cassazione, se ci sarà. Perché, come dice il nostro commissario, i colpevoli di efferati omicidi o li prendi entro 48 ore o te li scordi. Certo non li trovi dopo 21 anni a meno di clamorose confessioni, come nel caso dell’omicidio della contessa Filo della Torre (che ha in comune con via Poma alcuni torbidi personaggi legati ai servizi segreti). Ho contato che attorno all’omicidio di Simonetta Cesaroni ruotano 21 personaggi.
A BEN OSSERVARLI nessuno di loro è pienamente innocente, se non altro per le menzogne e i depistaggi effettuati. Come non ricordare il portiere, trovato “suicida” in riva al mare in un metro e mezzo d’acqua? La mia convinzione è che il delitto sia stato effettuato da una persona “territoriale”, abituata a frequentare l’ufficio dove lavorava casualmente Simonetta. Che valore possono avere gli alibi dei dirigenti maschi dell’ufficio, tutti di tipo “familiare”? Certamente si tratta di persone aiutate da chi poche ore dopo il delitto si è peritato di inquinare le prove. Sono intervenuti i servizi segreti, che pare usassero l’ufficio come copertura? E se sì, che rapporti legavano i capi dell’ufficio all’allora capo della polizia Parisi? Che ruolo aveva avuto un alto magistrato il cui figlio, presente nel palazzo il giorno del delitto, in un primo tempo era stato trovato senza alibi? E ancora: come si spiega che l’ora del delitto, fondamentale per escludere la presenza di Busco, continui a oscillare in un range indefinito? E come si giustifica la sparizione di reperti importantissimi dagli archivi della polizia? Siamo il paese principe dei misteri, per cui è lecito rimandare al 3012 ogni risposta.
*Regista de “Il delitto di via Poma”