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 2012  marzo 23 Venerdì calendario

2 Pezzi (il secondo inizia dopo i ***) Trentadue ore d’assedio Poi oltre trecento colpi mettono fine all’incubo – Quando gli agenti del Raid, finito di perlustrare il resto dell’appartamento, hanno introdotto la sonda con la telecamera nel bagno, dove l’assassino si era rinchiuso, Mohamed Merah è schizzato fuori facendo fuoco con la Colt 45 che già gli era servita per uccidere i parà, il rabbino e i bambini

2 Pezzi (il secondo inizia dopo i ***) Trentadue ore d’assedio Poi oltre trecento colpi mettono fine all’incubo – Quando gli agenti del Raid, finito di perlustrare il resto dell’appartamento, hanno introdotto la sonda con la telecamera nel bagno, dove l’assassino si era rinchiuso, Mohamed Merah è schizzato fuori facendo fuoco con la Colt 45 che già gli era servita per uccidere i parà, il rabbino e i bambini. Sparava, Mohamed, vestito di una djellaba nera (la veste tradizionale musulmana) e un giubbotto antiproiettile. Sparava e avanzava contro le forze speciali con le gambe immerse in quasi mezzo metro d’acqua, perché una tubatura era saltata durante il primo assalto, 32 ore prima. «Non ho mai visto nella mia carriera un uomo che ci assale mentre lo stiamo assalendo», dirà poi a Le Monde il capo dei Raid Amaury de Hautecloque, discendente del generale Leclerc che nel 1944 liberò Parigi dai nazisti. Non lo avevano fermato le parole dei negoziatori — almeno due — che si sono dati il cambio durante l’assedio infinito, né le granate assordanti e accecanti che durante la notte e la mattina, a intervalli regolari, venivano fatte esplodere dal Raid. «Pensavamo di stremarlo, per agire nelle migliori condizioni». Mohamed ha resistito, ed è rimasto in silenzio dalle 22 e 45 della sera prima facendo credere di essersi suicidato: invece è morto cercando di uccidere, fino all’ultimo. È uscito dal bagno sparando, 30 proiettili in tutto, mentre i 15 agenti del Raid entrati nell’appartamento rispondevano con raffiche terrificanti, oltre 300 colpi. Mohamed ha cercato scampo saltando dal balcone, al primo piano della palazzina dove abitava da 10 mesi: quando ha toccato terra, un metro e mezzo più sotto, era già senza vita, colpito alla testa da un cecchino della polizia. Ore 11 e 37 del 22 marzo, la follia terrorista di Mohamed Merah è finita. Il procuratore di Parigi, François Molins, conferma che il 23enne terrorista islamico ha filmato ognuna delle sue tre azioni, con l’obiettivo di metterle su Internet. La polizia ha visto le immagini. L’11 marzo, un attimo prima di dare la morte al paracadutista Imad Ibn Ziaten, francese di origine marocchina, musulmano, reduce dell’Afghanistan, Merah gli dice: «Tu uccidi i miei fratelli, io ti uccido». Il 15 marzo, dopo avere sparato ai tre parà davanti al bancomat a due passi dalla caserma di Montauban, Merah fugge sul suo scooter Yamaha T-Max gridando «Allah Akbar!». Il 19 marzo, alla scuola ebraica, spara al padre Jonathan Sandler, prima di uccidere i figli accanto a lui. Ieri pomeriggio un gruppo legato a «Al Qaeda del Maghreb islamico-Aqmi», i «Soldati del califfato», ha rivendicato i massacri chiedendo alla Francia di riconsiderare la sua politica «ostile» ai musulmani, ripetendo le parole già usate da Merah: «La Francia perseguita l’islam proibendo il burqa e il velo nelle scuole e combattendo in Afghanistan». Le autorità francesi sembrano preferire la tesi di un Mohamed Merah «lupo solitario», ma la formazione islamica in effetti esiste e ha contatti con gli uzbeki che in Waziristan di solito si occupano di inquadrare i mujahiddin venuti dall’Europa. E Merah in Afghanistan e Pakistan c’era stato più volte per addestrarsi, tanto che per questo motivo era finito sulla «no fly list» stilata dall’intelligence Usa per impedire a potenziali terroristi di entrare sul suolo americano. Sul suo passaporto sono stati trovati i timbri di ingresso in Afghanistan, Siria, Giordania, Iraq e persino Israele, forse per organizzare attentati. Mohamed Merah era stato più volte condannato per furti minori, e per questo era stato respinto quando aveva cercato di arruolarsi nell’esercito francese e nella Legione straniera. Una donna lo ha denunciato per due volte, tre anni fa a Tolosa, quando Merah ha cercato di indottrinare suo figlio quindicenne facendogli vedere video di decapitazioni e azioni di guerra in Afghanistan, picchiando la sorella che aveva protestato. La settimana scorsa, Merah avrebbe rivendicato i suoi due primi assalti, e il suo nome figura sulla lista dei sospetti già da sabato 17 marzo. Un pluripregiudicato di origine algerina con viaggi di addestramento in Afghanistan e Pakistan, sulla lista nera americana, denunciato due volte per jihadismo, schedato dall’intelligence francese Dcri, sospettato dopo i primi due agguati, ha potuto uccidere ancora. Ieri mattina il numero due del governo Juppé ha detto: «Capisco che ci si possa chiedere se ci sia stata una mancanza». Alain Juppé, ministro degli Esteri, capo della diplomazia e, per un giorno almeno, re dell’eufemismo. *** I reparti, le granate, l’«ariete»: tutti gli interrogativi sul blitz – «Se capisco bene, il Raid non è capace in 30 ore di andare a prendere un individuo solo in un appartamento?». La frase, espressa con perfido candore, è di Jean-Jacques Urvoas, deputato socialista nell’entourage del candidato all’Eliseo François Hollande. Sono seguite un diluvio di proteste, richiami all’«unità repubblicana», accuse di approfittare di una tragedia finché Urvoas, che punta a un posto di ministro, si è pubblicamente scusato. Ma la sua domanda è quella che si fanno tutti. Nicolas Sarkozy aveva dichiarato «lo voglio vivo»: per questo l’assedio al terrorista è durato oltre 30 ore. E comunque, alla fine, Mohamed Merah è morto. Raid contro Gign Una storica rivalità come tra polizia e carabinieri in Italia. Il Raid (Recherche, assistance, intervention, dissuasion) è il corpo d’élite della polizia, il Gign (Groupe d’intervention de la Gendarmerie nationale) della gendarmeria. Il Raid dipende dal ministero dell’Interno, il Gign dalla Difesa. Ogni volta che le autorità scelgono uno dei due reparti per condurre un’operazione di sicurezza, partono le polemiche perché — secondo gli esclusi — qualcosa poteva essere fatto meglio. Ecco alcune delle critiche più serie rivolte all’azione di Tolosa. Granate invece di lacrimogeni Christian Prouteau è il fondatore del Gign, e non si dà pace: «È incomprensibile come non siano riusciti a prenderlo subito, e vivo». Secondo l’ex comandante bisognava riempire l’appartamento di gas lacrimogeno. «È una casa piccola (neanche 40 metri quadrati, ndr), l’aria si sarebbe saturata in fretta e Merah non avrebbe resistito cinque minuti. Invece hanno continuato a lanciare granate. Il risultato è che hanno eccitato l’assassino, lo hanno messo in uno stato psicologico tale da fargli continuare la sua guerra fino all’ultimo». In casa invece che in strada L’esperto militare Jean Dominique Merchet su Marianne passa in rassegna tutti i punti deboli dell’azione. Prima di tutto, perché scegliere il campo preferito dell’avversario, cioè casa sua? Le autorità sapevano che sarebbe uscito per commettere altre uccisioni, come poi ha confermato lui stesso. Perché non aspettarlo all’uscita di casa? I vicini avrebbero corso rischi, ma li hanno corsi comunque per tutta la notte, prima di essere finalmente evacuati, alle 11 del mattino. L’ariete invece dell’esplosivo Quando hanno cominciato il primo assalto, alle 3 e 5 della notte tra martedì e mercoledì, gli uomini del Raid hanno usato un «ariete» per sfondare la porta. Non ci sono riusciti, perché Merah aveva organizzato l’appartamento per difendersi piazzando il frigorifero dietro la porta di ingresso. L’effetto sorpresa — fondamentale in casi come questo — è svanito, e dal quel momento in poi il vantaggio tattico della polizia è svanito. Merah ha fatto in tempo ha sparare contro gli agenti, ferendone tre, e a organizzare la resistenza. Invece che provare a sfondare la porta con la forza bruta sarebbe stato meglio farla saltare con delle cariche esplosive di precisione. Ma questa tecnica, piuttosto complessa, è nel repertorio del Gign, e non del Raid. A chi l’iniziativa? L’assassino è stato più furbo degli agenti. Intorno alle 10 di ieri mattina la sensazione diffusa, confermata dal ministro dell’Interno Guéant, era che Mohamed Merah si fosse ucciso. Quindi i 15 uomini del Raid sono entrati per cercare un cadavere più che un combattente. A Merah è stato permesso di uscire dal bagno, e di comportarsi lui da assalitore, mettendo le forze speciali sulla difensiva. «Mai successo», come ha detto lo stesso capo del Raid. La durata Le azioni delle forze speciali durano pochi minuti. Nel 1994, sull’aereo Air France dirottato all’aereoporto di Marsiglia, con quattro terroristi e 180 ostaggi — a Tolosa non ce n’era neanche uno — l’operazione non superò i 15 minuti. Ma a condurla furono i Gign. Stefano Montefiori