Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 04/03/2012, 4 marzo 2012
FOTOGHIACCIAI
Fabiano Ventura è nato trentasei anni fa dalle parti di viale Marconi e vive alla Garbatella con la moglie e due figlie piccole. Ma frequenta soprattutto ghiacciai. I più grandi del mondo. «Si stupiscono tutti quando dico che sono di Roma, come se fosse impossibile per un alpinista essere nato in questa città», racconta. Aggiunge che il fascino della montagna l’ ha scoperto sul Gran Sasso, dove andava da adolescente con un gruppo di amici più grandi che studiavano astronomia, a fotografare stelle e galassie. Gli piacevano le salite con lo zaino in spalla, le notti a dormire sotto la tenda, i cieli limpidi. Gli piaceva fotografare. L’ aveva scoperto al liceo, al Virgilio, dove aveva un professore che faceva corsi di fotografia nell’ ora di religione, materia da cui Ventura era esonerato. Così, una volta presa la licenza liceale, invece di iscriversi all’ università preferisce mettersi a lavorare come assistente di astrofotografi, seguendo per puro piacere qualche lezione alla facoltà di fisica e a quella di filosofia. «Lavorare con gli astrofotografi - ricorda - mi ha permesso di imparare molto bene la tecnica. Ma ho sempre pensato che non basta, che bisogna dare spazio alla creatività, cercare il lato estetico dell’ immagine, anche quando si tratta di immagini che riguardano argomenti scientifici». Il primo invito a fotografare ghiacciai gli arriva nel 2004. «Il Cnr di Bergamo aveva organizzato una spedizione sul K2 per commemorare il cinquantenario della conquista della vetta da parte di Ardito Desio. In quell’ occasione ho raggiunto la quota di settemila metri per ritrarre gli alpinisti impegnati nella salita. E mi è venuta l’ idea di ripetere le imprese compiute dai fotografi alpinisti cento anni fa, di ritrovare il punto esatto in cui loro si erano posizionati per scattare. Di farlo nello stesso mese. Se possibile, addirittura nello stesso giorno. In questo modo gli studiosi di glaciologia, sovrapponendo le immagini di oggi a quelle di allora, avrebbero potuto misurare i cambiamenti dei ghiacciai e affrontare problemi ambientali importanti, come i mutamenti climatici, di cui i ghiacciai sono indicatori estremamente sensibili, e la gestione sostenibile delle risorse naturali, prima fra tutte l’ acqua». Comincia a cercare negli archivi i documenti degli esploratori che a cavallo tra Ottocento e Novecento, con i primi apparecchi fotografici, avevano immortalato le vette delle grandi catene montuose della Terra. Studia gli album di viaggio in bianco e nero del biellese Vittorio Sella, del bolognese Massimo Terzano, dell’ ungherese Mor von Dechy. Mette a punto un progetto ambizioso che battezza «Sulle tracce dei ghiacciai», in cui riesce a coinvolgere alcuni tra i massimi esperti di glaciologia come Claudio Smiraglia dell’ Università statale di Milano e Kenneth Hewitt, dell’ Università dell’ Ontario in Canada. Decide che la prima delle spedizioni previste sarà sul Karakorum, la catena montuosa tra Cina e Pakistan, esplorata nel 1909 da Sella e nel 1929 da Terzano. Riesce a trovare centomila euro, tutti da sponsor privati. Si allena per un paio di mesi sul monte Gennaro. Una montagnola di appena 1270 metri alle porte di Roma, verso Tivoli. Ma Ventura si fa tutto il dislivello della salita di corsa, con in spalla uno zaino riempito di sassi per renderlo più pesante e un tubicino che va dalle labbra alla borraccia dell’ acqua, per non doversi fermare nemmeno a bere. Quando riesce a compiere la salita in meno di mezz’ ora decide che è pronto per partire. Ad agosto del 2009, in quattro settimane, ripercorre le tracce di Sella e Terzano sul Karakorum, riesce a ritrovare i punti esatti dove si erano fermati a scattare e a ripetere le stesse inquadrature. Davanti alla maestosità del Circo Concordia la commozione gli spezza la voce, come si vede nel documentario girato in cinque lingue e distribuito alle tv di tutto il mondo. Nell’ estate del 2011 affronta la catena del Caucaso. I risultati scientifici di questa seconda spedizione sono appena stati pubblicati. Alcuni cambiamenti sono evidenti anche a occhio nudo, come quello del ghiacciaio Chalaat che ha perso 200 metri di spessore e la cui fronte è arretrata di oltre tre chilometri. Ventura si prepara a renderli noti a tutti con una mostra itinerante. E nel frattempo sta già pensando alla prossima meta, l’ Alaska, dove a luglio 2013 si troverà ad affrontare una nuova sfida: ritrovare il punto esatto degli antichi scatti sorvolando i ghiacciai come fecero cento anni fa, con aereo superleggero.
Lauretta Colonnelli