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 2012  marzo 21 Mercoledì calendario

Fiom rompe pure con Marcegaglia – Emma Marcegaglia brucia le tappe. Non si riesce a trovare l’intesa sulla riforma del lavoro? Lei mette in pratica nel suo maxi-stabilimento in Romagna il progetto di massima presentato al tavolo del negoziato a nome di Confindustria

Fiom rompe pure con Marcegaglia – Emma Marcegaglia brucia le tappe. Non si riesce a trovare l’intesa sulla riforma del lavoro? Lei mette in pratica nel suo maxi-stabilimento in Romagna il progetto di massima presentato al tavolo del negoziato a nome di Confindustria. L’accordo è stato trovato coi metalmeccanici Cisl e Uil, non con la Fiom. Comunque le nuove regole entrano in fabbrica e la presidente (quasi ex) degli industriali fa da battistrada. Non è cosa di poco conto sia perché ciò avviene in una regione in cui la Cgil è particolarmente radicata sia perché la Romagna è diventata l’area più importante per il gruppo Marcegaglia, che in pratica ha sostituito l’egemonia che un tempo aveva il gruppo Ferruzzi. Il cuore della riforma del lavoro introdotta da Emma Marcegaglia è il salario di ingresso: per sei anni i nuovi assunti percepiranno una retribuzione inferiore di 300 euro rispetto agli standard aziendali. Da parte sua, il gruppo si impegna a effettuare investimenti (9 milioni) per potenziare lo stabilimento, a 20 nuove assunzioni, a non esternalizzazione le lavorazioni. Cisl e Uil hanno detto sì, Cgil (sospinta dalla Fiom) ha risposto no. Un rifiuto che ha indispettito il presidente della Provincia di Forlì, Massimo Bulbi, il sindaco della città, Roberto Balzani, quello di Forlimpopoli, Paolo Zoffoli, tutti pidiessini; «siamo preoccupati che si provochino ulteriori spinte alla deindustrializzazione del territorio. Il mercato è fluido e mobile: le imprese non sono più radicate, bensì solo ancorate alle comunità. La «migrazione», ormai, non interessa più solo la forza lavoro o i quadri o i dirigenti, ma anche gli impianti. Per questo la salvaguardia del patrimonio di saperi, di abilità manuali e d’investimenti allocati presso di noi dev’essere l’ obiettivo prioritario». La Fiom calcola che tra indennità che spariscono e altre riduzioni, vi sarà una perdita complessiva ad assunto di 26mila e 900 euro in sei anni. «È un ricatto», ha scritto su uno striscione la Fiom, che presidia i cancelli della fabbrica. «Quel che sta accadendo ha dell’incredibile», dice Mirco Rota, responsabile Fiom per il gruppo Marcegaglia. «Eravamo abituati al fatto che le istituzioni intervenissero per favorire soluzioni tra le parti. Invece Comune e Provincia, guidati dal partito democratico, stanno facendo l’esatto contrario». Aggiunge il segretario locale Cgil, Paride Amanti: «registro un protagonismo insolito ed inopportuno delle istituzioni locali, entrate a gamba tesa sulla vertenza Marcegaglia, non per svolgere un ruolo di mediazione con cui ricercare soluzioni che tengano assieme investimenti e buona occupazione, e chiedendo alle parti di rimuovere gli ostacoli, ma assumendo il paradigma aziendale per cui gli investimenti sono possibili solo alle loro condizioni». Mai si era prodotto uno strappo tanto profondo tra Cgil e Pd. In un documento ufficiale il Pd locale scrive: «Siamo convinti che occorra riformare le modalità di contrattazione tra imprese e sindacati, affinché questa non diventi un freno per lo sviluppo di un’attività quanto piuttosto un modo per rafforzarla. Auspichiamo che questa consapevolezza, assieme al necessario buon senso, possa prevalere anche tra tutte le parti in causa, a cominciare dai rappresentanti sindacali, a beneficio in primo luogo dei lavoratori e delle loro famiglie perché rifiutare o rinunciare a posti di lavoro è un lusso che non possiamo permetterci». A nome di Fim e Uilm parla Enrico Imolesi (Uil): «abbiamo chiesto e ottenuto la modifica di molti punti e, per questo abbiamo espresso un parere positivo sulle risposte ottenute perché siamo convinti che solo attraverso gli investimenti e l’aumento dell’occupazione si garantisce il futuro delle fabbriche e del lavoro sul territorio». Di quanto sta succedendo nel suo stabilimento, con la Fiom sulle barricate contro tutti, dovrà occuparsi Emma Marcegaglia dopo questi giorni caldi del ricambio al vertice confindustriale. Tra l’altro contro il suo gruppo vi è stato anche un duro pronunciamento di un magistrato di Ravenna, Roberto Riverso, che nella sua sentenza scrive che è stato «svilito il ruolo del sindacato sul piano dell’effettività dell’azione, della credibilità e dell’immagine rispetto ai lavoratori». Egli ha condannato il gruppo capitanato da Emma Marcegaglia per comportamento antisindacale poiché avrebbe dribblato le norme e il contratto di lavoro facendo lavorare 40 dipendenti formalmente assunti da una propria società diversa ma inseriti nello stabilimento durante la vertenza sindacale. Il giudice ha ordinato alla Marcegaglia SpA di assumere i dipendenti fin dalla data di ingresso nello stabilimento, applicando il normale trattamento vigente nel gruppo. «Una violazione così eclatante della legge», conclude Riverso, «fatta da una che è presidente di Confindustria è una cosa che non si è mai vista da nessuna parte». Adesso però si volta pagina, la nuova legislazione sul lavoro è alle porte e questo della Marcegaglia, diventato uno stabilimento-pilota, indicherà se il nuovo corso potrà davvero funzionare.