CARLO RIMINI, La Stampa 22/3/2012, 22 marzo 2012
È meglio sposarsi o convivere? - Io e il mio compagno conviviamo da quattro anni. Non abbiamo mai pensato di sposarci perché siamo convinti che vivere assieme sia un impegno da rinnovare ogni giorno
È meglio sposarsi o convivere? - Io e il mio compagno conviviamo da quattro anni. Non abbiamo mai pensato di sposarci perché siamo convinti che vivere assieme sia un impegno da rinnovare ogni giorno. Quale è la disciplina giuridica che si applica alla nostra unione? La legge italiana non attribuisce effetti alla convivenza fra due persone non unite in matrimonio. Alcuni anni fa sono stati a lungo discussi diversi progetti di legge su questo tema, ma il dibattito non è approdato ad alcun risultato. Le segnalo tuttavia che recentemente la Corte di cassazione, con una sentenza innovativa, ha affermato che la cosiddetta «famiglia di fatto» trova una tutela direttamente nella Costituzione, essendo una formazione sociale in cui si svolge la personalità dell’individuo. La Corte giunge a questa conclusione sulla base di una premessa molto vicina alle motivazioni della vostra scelta: la convivenza nella società contemporanea è particolarmente apprezzata proprio perché in essa il vincolo affettivo trova maggior valutazione rispetto ai vincoli formali e coercitivi. Ora però stiamo per avere un bambino. Ci hanno detto che sarebbe trattato dalla legge quasi come un figlio illegittimo… È quindi meglio se ci sposiamo prima che nasca? Effettivamente capita frequentemente che i conviventi decidano di sposarsi poco prima della nascita di un figlio. Tuttavia, da tempo la nostra legge ha eliminato gran parte delle differenze di trattamento fra i figli legittimi (cioè quelli che nascono dai genitori uniti in matrimonio) e i cosiddetti «figli naturali» (cioè quelli nati al di fuori del matrimonio). Qualche differenza però ancora rimane. Soprattutto perché la legge attuale prevede che il riconoscimento del figlio naturale produca effetti solo nei confronti dei genitori. Ciò significa che il figlio di genitori che non sono uniti in matrimonio non ha un legame di parentela con i parenti dei genitori. Un disegno di legge in discussione in Parlamento eliminerà questa discriminazione, ma i tempi dell’approvazione di questo emendamento non sono prevedibili. Ma, in concreto, nella vita di nostro figlio che cosa cambierebbe? Il figlio di genitori non sposati ha, nei confronti dei genitori, gli stessi diritti e gli stessi doveri del figlio di una coppia di coniugi: ha il diritto a essere mantenuto, cresciuto, educato. Le differenze di trattamento riguardano prevalentemente il diritto successorio e si tratta comunque di questioni marginali che non incidono sul diritto fondamentale del figlio naturale ad ereditare il patrimonio dei genitori. La differenza più significativa, nell’esperienza pratica dei genitori non uniti in matrimonio, riguarda però un problema completamente diverso. Di quale problema si tratta? Il problema si presenta se la convivenza dovesse cessare. Infatti, se i genitori sono sposati le questioni relative all’affidamento dei figli e alla regolamentazione dei loro rapporti con i genitori sono trattate dal giudice nel contesto della separazione. Se i genitori invece non sono sposati, gli stessi problemi sono affrontati in un giudizio autonomo. Mentre la separazione è discussa innanzi al tribunale civile ordinario, il giudizio che ha per oggetto l’affidamento dei figli naturali è di competenza del tribunale per i minorenni. Dal 2006 questi due diversi giudici sono chiamati ad applicare le stesse norme, cioè la legge sull’affidamento condiviso. Tuttavia il tribunale per i minorenni segue una procedura e un metodo del tutto diversi dal tribunale ordinario: è, infatti, un giudice abituato a fare largo uso dei servizi sociali e di altri strumenti di indagine sui comportamenti dei genitori; il collegio giudicante è composto non solo da magistrati, ma anche da psicologi. Il processo non è regolato dalle normali cadenze del processo civile ma esclusivamente dal potere discrezionale del giudice. In passato questa discrezionalità è stata oggetto di polemiche. Per tale ragione i tribunali per i minorenni hanno cercato di darsi regole di comportamento relativamente uniformi. Dunque, in conclusione lei che cosa mi consiglia di fare? Non credo che la decisione di sposarsi debba essere presa con il codice civile in mano. Penso che siano altre le considerazioni che dovrebbero prevalere. Tuttavia mi permetto di aggiungere un elemento di riflessione. Se, come talora accade, dopo la nascita di un figlio uno dei genitori rinuncia a una parte delle proprie prospettive lavorative per dedicarsi alle esigenze del bambino, il matrimonio, con le norme che lo regolano, può essere una forma di garanzia rispetto ai sacrifici fatti a favore della famiglia.