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 2012  marzo 22 Giovedì calendario

“Così ho scoperto l’anima nascosta dei divi più veri” - Non è che fosse proprio portata per il divismo Chiara Samugheo

“Così ho scoperto l’anima nascosta dei divi più veri” - Non è che fosse proprio portata per il divismo Chiara Samugheo. Non le interessava. Meglio, pensava, i reportage di denuncia sociale, le zingare in carcere, i tarantolati. Si trasferì a Milano nel 1953, era bella, frequentava gli intellettuali, Enzo Biagi, Moravia, Pasolini. Strehler le propose anche di recitare. Ma lei no. Esisteva solo la cronaca per immagini. Poi fu spedita alla Mostra del Cinema di Venezia, Anni 60, per un’indagine sul potere nel cinema. Lei lo fa e visto che c’è, ritrae anche i divi che oggi diremmo da tappeto rosso ma al bar, per strada, più informali. Per errore, dice lei, manda tutto al suo direttore, Guido Aristarco, che vede gli scatti e mette in copertina un’inedita Maria Schell. Un successo enorme, la rivista, «Cinema nuovo», triplica le vendite, impossibile concepire altre foto. La chiamano «Stern», «Vogue», «Paris Match», «Life», «Vanity Fair», «Epoca». Ecco la prima donna fotografa italiana che si sia dedicata con continuità a ritrarre i protagonisti del cinema. Una mostra in suo onore era il minimo. Infatti sono due. La prima, a Cortina, per iniziativa di Daniela Kraler, appassionata d’arte come il marito Franz: «I suoi ritratti,nelperiododella dolce vita rappresentano un nuovo tipo di fotogiornalismo da rivista, con lo star-system a simboleggiare il motoredelprogresso».Poilagrandemostra dal 7 giugno a Torino, Museo del cinema, 202 scatti, la summa della sua produzione. Chiara Samugheo, in che cosa le sue fotohannorivoluzionatoilmodod’intendereiritratti? «Ho giocato sull’essenzialità delle linee, sui contrasti cromatici eclatanti, Ho traslato l’idea dello studio. Da lì è mutato il modello della fotografia di moda e di cinema degli Anni 80. Non più manichini ma persone che si rappresentano». Eidividiieriequellidioggi.Conqualisi trovameglio? «Risposta facile, perché i divi non esistono più. Ci sono attori senza carattere, anonimi e vestono malissimo. Allora i divi ti lasciavano lavorare, si fidavanoepoinascevaunbelrapportodiamicizia. Perché il divismo fotografato è uno sguardo, un atteggiamento, altrimenti è volgare. All’epoca vivevo a Roma, Campo de’ Fiori, era una casa salotto dove passavano tanti artisti. Un giorno bussò alla mia porta Henri Cartier Bresson, voleva conoscermi, ci fotografammo a vicenda». Visto che i divi di oggi non esistono, Parliamodiquellidiieri. «Mi piaceva Fellini ma dovevo faticare per ottenere una copertina. Gli uomini non erano ben visti. Un po’ come oggi. Ho incontrato tanta gente interessante, ho viaggiato, sono stata ospite dello Scià e del produttore Joe Pasternak. Conto 165.000 scatti di personaggi celebri e li amo tutti». Chil’hapiùdivertita? «Alfred Hitchcock, a dispetto della fama di orso. Passammo un giorno insieme. Gli misi la scopa in mano, lo fotografaitraipannistesi.Luiridevadivertito. Nel periodo americano fui introdotta a Cary Grant e a Sammy Davis Junior, eravamo spesso a pranzo insieme. Li fotografavo per gioco, ma per loro era importante. Non esistevano gli agenti, eravamo noi a farli conoscere». Unsuorammarico? «Non aver potuto mettere in copertina Anna Magnani. Non era donna da copertina, mi rispondevano».