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 2012  marzo 21 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA. LA CGIL CONTRO LA RIFORMA DEL LAVORO


REPUBBLICA.IT
ROMA - La riforma del mercato del lavoro ’’non può essere identificata con la sola modifica dell’articolo 18: per poter dare un giudizio bisogna vedere il quadro di insieme. Domani ci sarà un incontro per definire la riforma e quindi è bene attendere il risultato di questo incontro". Il richiamo arriva dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, poche ore dopo che la Cgil ha proclamato un pacchetto di 16 ore di sciopero, di cui 8 per uno sciopero generale. Durissima la reazione del sindacato di Susanna Camusso dopo l’annuncio della riforma del lavoro presentata dal governo 1. La data dello sciopero sarà definita in base all’iter parlamentare della riforma, ma di certo Corso d’Italia pensa di accompagnare la mobilitazione con manifestazioni territoriali. Il leader Cgil si rivolge al Parlamento perché intervenga sulle nuove norme: "Il governo scarica il risanamento sui lavoratori. Il Parlamento non ha alcuna convenienza ad approvare una riforma così". Anche Bonanni e Angeletti chiedono una "mano" alle Camere per migliorare il "compromesso" raggiunto sull’articolo 18.
Napolitano: "Risorse limitate". "Dobbiamo capirlo tutti! Abbiamo e avremo risorse limitate. Non potevamo andare avanti con questa montagna di debito pubblico", "ed è un dovere morale della politica e delle istituzioni abbatterlo perché non possiamo scaricarlo
sui giovani", ha detto ancora il presidente, che ha aggiunto: "La strada maestra" per uscire dalla morsa del debito pubblico è la "riduzione selettiva della spesa pubblica".
Il capo dello Stato invita quindi tutte le parti alla moderazione spiegando che in queste ore ci deve essere ’’attenzione e misura nel giudizio da parte di tutti’’. ’’Poi, naturalmente, dopo che il governo avrà dato la forma legislativa ai provvedimenti conseguenti, la parola - ha concluso Napolitano - passerà al Parlamento’’.
Camusso: "Governo non è attento a coesione sociale". ’’Il Governo scarica sui lavoratori i veri costi della riforma’’, ha detto il segretario generale della Cgil in conferenza stampa. La riforma del mercato del lavoro, ha ribadito Camusso, di per sé non determina neanche un posto di lavoro: "Monti vuole dire che in Italia i licenziamenti sono più facili. C’e’ il rischio di un uso indiscriminato, contro i lavoratori, dei licenziamenti economici". E ancora: ’’Il fatto che Monti e Fornero dicano che si va verso un’estensione dell’articolo 18 ci preoccupa perché preoccupa il fatto che si dicano apertamente simili bugie’’. Per Camusso, poi, le nuove regole non possono essere estese agli statali.
Il leader della Cgil ha ripetuto che le misure previste non portano alla crescita del Paese: ’’Non si può contrabbandare la necessità, che pure noi abbiamo condiviso, di nuove regole per il mercato del lavoro come il fatto che questo porta a una crescita del Paese", ha detto pur giudicando positive alcune misure riguardo la flessibilità in entrata, ma rinviando il giudizio a quando ne avrà una informazione più dettagliata. La partita, sottolinea il segretario, " non è chiusa, e qualunque occasione è buona per intervenire".
Camusso ha poi riconosciuto alcuni intenti positivi della riforma: "Per la prima volta - ha detto - in questo Paese, dopo dieci anni, si comincia a invertire la tendenza: si comincia a regolamentare la precarietà". Ma poi ha precisato: "C’e’ un assalto da parte del sistema delle imprese per tornare indietro sugli interventi contro la precarietà" contenuti nella proposta del governo che rappresentano un "passo importante".
Quanto alla riforma degli ammortizzatori, secondo la leader Cgil ha permesso di ampliare la platea di coloro che ne potranno usufruire, ’’ma non siamo di fronte a un sistema universale’’. Susanna Camusso sottolinea che ’’anche lo stanziamento delle risorse non sembra all’altezza di un sistema universale’’. La riforma, ha aggiunto, ’’ha i suoi limiti’’, e la non cancellazione della cassa integrazione straordinaria la si deve solo alla strenua difesa da parte dei sindacati".
La leader della Cgil giudica, infine, che sia stato grave l’errore di Cisl e Uil di abbandonare la mediazione unitaria sulla riforma del lavoro e invita i due sindacati a "costruire una proposta unitaria di cambiamento che metta al riparo i lavoratori dai rischi discriminatori’’. E qualche presa di distanza
VIDEO - Angeletti: "Giudizio positivo solo con modifiche"
Bonanni: "Su art.18 compromesso, si può migliorare". Sulla riforma "dell’articolo 18 abbiamo trovato un compromesso, che può essere migliorato. A se il Parlamento ci può dare una mano, noi gliela chiediamo". E’ quanto ha affermato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, in un briefing con i giornalisti mentre è in corso il comitato esecutivo del sindacato. Il timore di Bonanni è che l’attenzione posta sulla riforma dell’articolo 18, mentre si parla meno di tutti gli altri aspetti affrontati, è "che si faccia più politica che sindacato".
Uil: "Sì condizionato a modifiche". Anche per la Uil la trattativa non è chiusa: il suo giudizio finale sull’articolo 18 è condizionato ad alcune modifiche, senza le quali, sottolinea il segretario generale, Luigi Angeletti, si appellerà al Parlamento. ’’Ieri abbiamo detto che avremmo dato un giudizio positivo se ci fossero state delle modifiche che ancora non abbiamo ottenuto, nel momento in cui le otterremo il nostro giudizio sarà positivo; in caso contrario il giudizio sarà negativo’’ e la Uil chiederà ’’al Parlamento le modifiche. Solo nel disperato caso dovessimo vedere che le nostre proposte non vengano prese in considerazione allora valuteremo forme di protesta più incisive’’. Fondamentale, per Angeletti, è "creare un fondo per i lavoratori che rischiano l’espulsione nei prossimi anni e che non potranno andare in pensione", individuando nella costituzione di questo fondo una delle modifiche chiave senza le quali il giudizio del sindacato di via Lucullo non potrà essere positivo. Infine, sull’unità sindacale ha dichiarato: "Negli ultimi anni ci sono state varie fasi. Non credo che l’unità sindacale abbia una fine definitiva. Ora abbiamo opinioni diverse su questo confronto, ma non credo sarà un dato perenne".
Il ’secco’ no del governo a proposta comune. Sulle modifiche all’art. 18 c’era una proposta comune dei sindacati, ma il governo l’ha ’seccamente’ respinta. Il segretario generale della Uil ha raccontato ai giornalisti alcuni retroscena della trattativa: "La nostra proposta era di lasciare come sono i licenziamenti discriminatori e quelli disciplinari, mentre per quelli economici eravamo disposti a introdurre anche l’indennizzo accanto al reintegro", ha spiegato il leader della Uil, sottolineando come su tale ipotesi "era d’accordo anche la Cgil". Ma il governo, ha concluso, "ha seccamente respinto la proposta".
Art.18 vale anche per statali. Le nuove norme sui licenziamenti senza giusta causa e senza giustificato motivo saranno applicate anche ai lavoratori pubblici poichè anche a loro si applica lo Statuto dei lavoratori, secondo la valutazione del dipartimento della Funzione pubblica. Non la pensa così Angeletti che specifica: "L’articolo 18 non è facilmente estendibile ai lavoratori del pubblico impiego" perché "la legge 300 si applica solo ai lavoratori del privato. Se il governo ha deciso di cambiarla o di innovarla - aggiunge il leader della Uil - noi non ne sappiamo nulla. Non siamo stati informati né in forma scritta né in forma orale".
Fiom sul piede di guerra. E promette battaglia anche la Fiom. "Una follia che cancella l’art.18, siamo pronti a tutto" dice il leader delle tute blu della Cgil, Maurizio Landini. Una riforma che, per la Fiom, "non riduce la precarietà, non estende gli ammortizzatori ma rende più facili i licenziamenti". Una riforma che "sarà contrastata con ogni mezzo e con ogni forma di protesta democratica nelle fabbriche e nel Paese".
LA SCHEDA: ECCO LA RIFORMA 4
Il sostegno della Ue. La Ue, invece, sostiene la riforma: "Ha intenzione di dinamizzare il mercato del lavoro, corrisponde al nostro obiettivo di creare un mercato più dinamico e la sua direzione è degna di sostegno", dice il commissario Ue all’Occupazione, Lazlo Andor, precisando come la riforma abbia un’"ambizione notevole". Il commissario europeo ha, poi, sottolineato che è stata "un’ottima cosa investire un sacco di tempo nel dialogo con le parti sociali". Un "fattore chiave" del piano del Governo Monti è, per il commissario, quello di "affrontare la segmentazione del mercato del lavoro, una delle sfide più importanti".
Cisl: "Compromesso onorevole". Se la Cgil annuncia battaglia, la Cisl plaude all’intesa, definita "un compromesso onorevole". Per il segretario Raffaele Bonanni "su abusi e discriminazioni" addirittura "si rafforza la protezione anche per i lavoratori" di aziende con meno di 15 dipendenti, e "al giudice si dirà che dovrà utilizzare le norme contrattuali, che i sindacati liberamente costruiscono con le imprese". Anche Bonanni alle 18, nella sede della confederazione in via Po, terrà una conferenza stampa per fare il punto.
Margini di miglioramento. Vede spazi di miglioramento nella trattativa il dg di Confcommercio, Francesco Rivolta: ’’Dopo un avvio molto difficile della trattativa, dobbiamo registrare che il governo ha raccolto alcune tra le nostre proposte’’ e questo è ’’un fatto positivo’’ perché viene ’’riconosciuto il valore del terziario di mercato’’. ’’Spiace - prosegue - che la Cgil non abbia voluto cogliere l’importanza di condividere l’impianto della riforma. L’annuncio di scioperi non favorisce certo il dialogo’’.
Polizia: "A rischio ordine pubblico". E si fa sentire anche il segretario nazionale dell’associazione funzionari di polizia, Enzo Letizia. Che segnala un rischio: "In piena recessione è evidente il rischio di una spaccatura sociale del Paese che può alimentare pericolose derive anche di natura eversiva. Con il solo indennizzo per il lavoratore licenziato ingiustamente passerebbe un messaggio assai negativo quello che con un pò di denaro si ha la libertà di togliere illegittimamente il futuro alle persone".
Bancari: "Governo cambi rotta". Pronti alla mobilitazione sono anche i sindacati dei bancari (Fabi): "Gli imprenditori si sono ripresi quello che i lavoratori erano riusciti a conquistare: un principio di civiltà che è stato gettato nella spazzatura in nome dell’Europa e del Libero Mercato. Se il governo non cambia rotta" sull’art.18, non esiteranno a dare battaglia.
Domani ultimo incontro con governo. È fissato per domani alle 16, alla sede del ministero del Lavoro di via Flavia, a Roma, l’ultima riunione tra Governo e parti sociali. Come ha spiegato il premier Mario Monti, domani sarà redatto un verbale con le diverse posizioni, non un accordo con le firme. Il verbale costituirà poi la base per la proposta che il governo presenterà in parlamento.
(21 marzo 2012)

REPUBBLICA.IT - BERSANI
ROMA - A Bersani lo strappo di Monti sul lavoro non è piaciuto. Lo ha detto ai suoi privatamente e oggi non ne fa mistero pubblicamente. In serata, ospite di Porta a Porta, afferma: "La questione dell’articolo 18 bisognava affrontarlo alla tedesca, non alla americana e così è venuta fuori una cosa che non condivido. Diventeranno tutti licenziamenti per cause economiche e se anche fossero giudicate non veritiere, il datore di lavoro se la caverebbe con 15 mensilità, si squilibriano i rapporti di forza, non bisogna necessariemente essere Susanna Camusso per dirlo".
Il Pd, ha insistito il segretario, "si prenderà la briga di trovare le strade per correggere" le modifiche all’articolo 18 che "non vanno bene". "Lei pensa che il presidente Monti possa dirci ’prendere o lasciare’? Io non me lo aspetto, noi votiamo quando siamo convinti - ha ribadito - A noi Monti non ha mai detto prendere o lasciare e non mi aspetto certo che la faccia ora", ha proseguito Bersani.
Una duplice preoccupazione scuote il segretario. Le possibili conseguenze per il Paese e il timore di trovarsi a gestire un Pd spaccato in due (o più parti). Perché le diverse reazioni dell’anima laburista e di quella "montiana" del partito sono emerse chiaramente. E su un tema delicato
come il lavoro il rischio spaccatura del Pd è reale. Per questo Bersani guarda al passaggio parlamentare sperando di modificare al riforma: "La situazione è molto critica per le piccole e medie imprese e per il lavoro. Per questo anche di fronte alla crisi dobbiamo trovare dei meccanismi di coesione. E’ solo con la solidarietà che si può tirare avanti. Dobbiamo dirlo con forza", aveva detto nel pomeriggio. Poi, alla Camera, si era sfogato: "Se devo concludere la vita dando l’ok alla monetizzazione del lavoro, io non la concludo così. Non so come faremo, ma io non la concludo così. Non lo faccio, per me è una roba inconcepibile". Il segretario insiste sul fatto che il reintegro debba essere previsto anche per i licenziamenti per motivi economici. "Chiediamo un passo avanti. Non ci possono essere discriminazioni tra disciplinare e economico", dice Bersani sottolineando che, inoltre, occorrerà lavorare "per accorciare i tempi dei processi" sulla cause di lavoro.
E se il vicesegretario Enrico Letta esclude un voto negativo dei democratici, l’ex ministro Cesare Damiano la vede all’opposto: "Ci sono parti positive quando si parla di riduzione della flessibilità in entrata, tuttavia c’è il punto caldo dell’articolo 18 che non va bene perchè è profondamente sbagliato aumentare la possibilità di licenziamento per motivi economici. Parliamo di modello tedesco, ma di questo prendiamo solo quello che ci piace. Bisognava andare avanti a trattare come aveva detto Napolitano perchè la coesione sociale è un carburante fondamentale per portare l’italia furori dalla crisi". Rosy Bondi, però, avverte Monti: "’Il governo e’ sostenuto da forze politiche diverse e penso che il governo e il presidente del Consiglio possano andare avanti se rispettano la dignità di tutte le forze politiche. Servono modifiche profonde".
"Quando Monti in conferenza stampa ha parlato di accordo di tutti, tranne che della Cgil, mi è parso di risentire Sacconi" dice Stefano Fassina, responsabile economia del Pd, particolarmente inviso all’area "montiana". La riformulazione dell’art. 18 "non va bene - dice Fassina - perché rischia di rimanere un guscio vuoto con un notevole allargamento delle possibilità di licenziamento". In ogni caso nella riforma "ci sono punti positivi che vanno sottolineati e ci sono buchi enormi".
E in casa Pd si schiera contro la proposta del governo per rendere più facili i licenziamenti anche Massimo D’Alema. "Il testo - dice - è confuso e pericoloso". "Distinguendo diversi tipi di licenziamenti - aggiunge - non stabilisce chi è che valuta se il licenziamento è discriminatorio, disciplinare o economico. In Germania è una valutazione affidata al giudice. Noi non possiamo lasciare solo all’impresa la decisione". L’ex presidente del Consiglio, chiede quindi che l’argomento sia affrontato con una legge delega in quanto "il Parlamento è sovrano" e prende le distanze da alcuni suoi compagni del Pd. "Ai dirigenti del mio partito, specie in passaggi delicati e importanti come questo, consiglierei maggiore cautela nel rilasciare dichiarazioni", dice riferendosi a Letta e a Fioroni.
Lapidario Massimo Donadi dell’Idv: "L’articolo 18 da oggi non esiste più. Questa sembra molto più la proposta Sacconi". "L’esecutivo rimanda a epoca lontana i nuovi ammortizzatori sociali, ma interviene da subito sull’articolo 18, trasformandolo in una specie di scalpo da consegnare alla Bce e non certo all’europa che è ben attenta a non colpire, in questa fase delicatissima, i diritti e le capacità di consumo delle famiglie e dei lavoratori" dice Antonio Di Pietro. Che annuncia: "Siamo pronti ad un Vietnam parlamentare e a scendere in piazza con i lavoratori e i disoccupati".
Per Nichi Vendola "la Cgil non è certo isolata nel Paese. E farà valere le ragioni di milioni di italiani, nell’interesse del futuro dell’Italia. Compito del centrosinistra in Parlamento e nelle piazza, ora, è di non lasciare solo il proprio popolo". Il leader centrista Pier Ferdinando Casini chiede che la riforma "non sia svilita in alcun modo". Il verde Angelo Bonelli lega le modiche dell’articolo 18 ad un mandato popolare "che Monti non ha".
Esulta, invece, il Pdl che dichiara "chiusa" la stagione della concertazione. "Questo appare, al momento, il merito maggiore del governo" afferma Osvaldo Napoli. Nessun passo indietro, dunque: "Sull’articolo 18 diciamo che si è trovato un buon punto di equilibrio sul quale non si deve arretrare in Parlamento". Mentre il leader della Lega, Umberto Bossi, annuncia il suo no alla riforma: "Noi siamo contrari e contrasteremo il governo", dice a Repubblica tv.
E si fa sentire anche il segretario nazionale dell’associazione funzionari di polizia, Enzo Letizia. Che segnala un rischio: "In piena recessione è evidente il rischio di una spaccatura sociale del paese che può alimentare pericolose derive anche di natura eversiva. Con il solo indennizzo per il lavoratore licenziato ingiustamente passerebbe un messaggio assai negativo quello che con un pò di denaro si ha la libertà di togliere illegittimamente il futuro alle persone".
Ma la battaglia, come detto, si consumerà non solo sui contenuti ma anche sulla forma. Per l’intera giornata il Pd ha fatto pressing, anche con i suoi esponenti più in sintonia con Monti e la modifica dell’articolo 18, affinché il governo presenti una legge delega. Il Pdl spinge invece affinché la riforna del mercato del lavoro avvenga interamente per decreto. Deciso per capire la strada scelta da Palazzo Chigi sarà l’incontro di domani con le parti sociali. Una delle ipotesi sul tavolo, riferiscono fonti tecniche, è quella di ’spacchettare’ il provvedimento: un decreto dove inserire la riforma degli ammortizzatori e una legge delega dove far convergere le novità sull’articolo 18.
(21 marzo 2012)

REPUBBLICA.IT - GLI STATALI
ROMA - Per il Dipartimento della funzione pubblica sì, per i sindacati no. In attesa di ulteriori conferme e chiarimenti, fa discutere l’applicabilità o meno ai lavoratori del settore pubblico delle nuove norme sui licenziamenti senza giusta causa e senza giustificato motivo dopo l’intervento dell’esecutivo sull’articolo 18.
Con la riforma del lavoro che il governo Monti si appresta a varare, potrebbe infatti saltare uno degli steccati storici dell’occupazione in Italia: quello che separa il lavoro nel pubblico dal privato in tema di licenziamenti. Questo, almeno, per il dipartimento della Funzione pubblica: se agli statali si applica lo Statuto dei lavoratori, le modifiche ad esso apportate necessariamente li riguardano.
Di conseguenza, anche per gli statali, il reintegro in caso di licenziamento ingiustificato, sarebbe assicurato solo in caso di licenziamento discriminatorio. Per i licenziamenti per motivi economici che risultassero illegittimi, al lavoratore andrebbe solo un indennizzo economico (tra le 15 e le 27 mensilità). Nel caso di licenziamenti disciplinari, sarà il giudice a decidere, in caso di licenziamento illegittimo, se reintegrare il travet o disporre il risarcimento.
La leader Cgil Susanna Camusso, in conferenza stampa, ribatte alla "strana" nota del Dipartimento della Funzione pubblica. "Licenziamenti nel pubblico, non può essere". Luigi Angeletti: "La legge 300 si applica al lavoro privato. Quindi l’articolo 18 in essa contenuto non si applica
e non si è mai applicato al settore pubblico - dichiara il segretario generale della Uil in conferenza stampa -. Quindi, le modifiche apportate non si applicano. Se il governo ha pensato di cambiare io non ne so nulla e, comunque, non ci è stato comunicato nulla né in forma orale, né scritta. Nella pubblica amministrazione tutto viene regolato per legge: salari, regolamenti, disciplina". Il leader Cisl Raffaele Bonanni: "Mi ricordo che la Fornero disse che il pubblico impiego non era coinvolto. A noi non risulta e comunque siamo contrari".
Alla fine, dal ministero della Pubblica amministrazione, arriva una nota: "Solo dopo la definizione del
testo che riguarda la riforma del mercato del lavoro si potranno prendere in considerazione gli effetti che essa potrebbe avere sul settore pubblico". Insomma, aspettiamo che vengano messe a punto le norme.
Se davvero le regole per gli statali dovessero cambiare, si tratterebbe di una grande novità. Mentre non sarebbero novità alcune concessioni che il governo ha voluto far apparire come tali agli occhi dei sindacati in sede di trattativa, quando in realtà si tratterebbe di tutele "già acquisite da anni". Quanto sostengono da Bologna 53 personalità, tra professori ed esperti di diritto del lavoro, che giudicano "sconcertante" l’atteggiamento del governo, perché "disinformato" o, in alternativa, "spregiudicato.
Primi firmatari della nota sono Umberto Romagnoli, Luigi Mariucci, Piergiovanni Alleva, Giovanni Orlandini e Sergio Matone, cui seguono i nomi di 21 esperti bolognesi e quelli di altri da Torino (tra i firmatari Luciano Gallino, professore di Sociologia all’università), Firenze, Milano e Roma. Che puntano l’indice, in particolare, sulle due normative annunciate oggi a tutela dei lavoratori: l’obbligo di assumere un lavoratore a tempo indeterminato dopo 36 mesi di contratti a termine e l’estensione dell’obbligo di reintegro in caso di licenziamento discriminatorio anche in un’azienda con meno di 16 dipendenti.
Tutele che, a detta degli esperti, esistono già da tempo nel nostro ordinamento, ma che il governo presenta come nuove "per far digerire la pillola delle modifiche peggiorative". Nello specifico, i 53 giuslavoristi indicano che l’estensione dell’obbligo di reintegro nelle piccole aziende è previsto dall’articolo 3 delle legge 109 del 1990, mentre il termine massimo dei 36 mesi è previsto dall’articolo 5 comma 4 bis del decreto legislativo 368 del 2001.
(21 marzo 2012) © Riproduzione riservata