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 2012  marzo 17 Sabato calendario

STRAP CARAMEL

Il nome è «dolce», halawa in arabo, il sapore è buono, e anche il dolore, alla fine, è più lieve. Benché il principio resti lo stesso della ceretta: strappare. In questo caso, però, la pasta collosa che si stende sulle gambe emana tutt’altro odore: il profumo del caramello. E sulla pelle lascia una sensazione ben diversa. Piacevole, bisogna confessare.
«Un bicchiere di zucchero, un bicchiere d’acqua, un cucchiaio di limone». Nadia Said l’ha imparato dalla madre, che a sua volta l’ha appreso dalla nonna, che l’ha visto fare dalla bisnonna, e così a risalire «ai tempi antichi, forse lo facevano gli egizi...». Per dire che è davvero semplice, «al Cairo tutte le donne si depilano così da sempre». Come in gran parte del Nord Africa e del Medio Oriente.
In Italia è diventata pratica «esotica» da lussuosi bagni turchi, insieme alla fatla, la depilazione con il filo di cotone. All’Hammam Sahara, per esempio, a Milano, l’halawa è indicata nell’elenco dei trattamenti «per pelli sensibili e con capillari fragili». Qualche volte viene a prepararla un’estetista tunisina, ma la vera esperta è una ragazza brasiliana, spiega la titolare, Elena Morandi, «perché in Brasile si usa moltissimo». Vantaggi? «Innanzi tutto è ecologica: nessuna striscetta, nessuno scarto, si scioglie tutto in acqua. Poi non può provocare allergie, perché non contiene resine né sostanze chimiche. Infine non irrita i follicoli: lo strappo è meno violento e la temperatura è quella della pelle, come una ceretta a freddo». All’hammam hanno dei barattoli già pronti, comprati via Internet in Francia e confezionati in Tunisia, anche se preferiscono cucinarla di volta in volta, con la ricetta classica, su prenotazione, costo dai 20 euro in su.
Per cominciare (e risparmiare), però, si può facilmente sperimentare in casa. Nella cucina dell’appartamento di Cinisello Balsamo, periferia Nord di Milano, la signora Said ha già disposto gli ingredienti e s’appresta a mettere sul fuoco un pentolino «meglio se d’alluminio», piccolo e basso, come quelli che si usavano una volta e che ancora si vendono al mercato. Marito corniciaio, con la crisi adattatosi a fare l’elettricista, una figlia sposata e già madre di tre bimbi, un figlio a Londra, Nadia è in Italia da quasi quarant’anni, ma la ceretta al caramello ha sempre continuato a farsela da sé. All’occorrenza anche per le vicine, le amiche, le compagne della figlia.
Versare lo zucchero, subito dopo l’acqua, quindi il limone. Mescolare e lasciar scaldare. È il passaggio più complicato: la cottura. «Deve diventare color ambra», spiega la signora. Né giallo chiaro, né marrone bruciato. Non bisogna aver fretta, né dimenticarla sul fuoco. Aspettare che la schiuma si trasformi in bolle, lasciar prendere colore. Una decina di minuti.
Adesso attenzione. Nadia prepara un piatto di ceramica bianco bagnato. Prende un cucchiaio e versa un po’ di caramello per capire a che punto è arrivato. «Deve restare morbido». Se si secca troppo rapidamente, aggiungere un po’ d’acqua nel pentolino. Il risultato deve essere una pasta che si può lavorare con le mani, come plastilina, gommosa ed elastica.
Si può mangiare? «Certo, mia madre prima di usarla ne faceva delle palline per i bambini». Caramelle. «Oppure ci intingeva dentro dei pezzetti di frutta». Mela caramellata.
Nel film Caramel (2007) la bellissima regista e attrice libanese Nadine Labaki un po’ lo masticava, un po’ lo usava per «seviziare» il poliziotto-corteggiatore che aveva preso coraggio ed era entrato nel suo istituto di bellezza. Tutte le storie complicate di donne arabe moderne nella pellicola ruotavano intorno all’halawa. Il fornello acceso, lo zucchero, le chiacchiere, la pasta filante di caramello.
Nadia ne afferra una piccola quantità, della grandezza di una prugna, e la spalma sulla porzione di pelle da depilare. Un braccio, per esempio. La temperatura è tiepida, lo strappo è leggero, perché si procede pochi centimetri alla volta. Si impasta e si stende, con due dita, rapidamente. La pelle resta liscia e profumata. Forse leggermente appiccicosa. «Meglio dopo lavarsi con l’acqua». Una noce di caramello può bastare per tutto il braccio. Quello che avanza, pulito, si può mettere via.
La signora Said conserva in dispensa barattoli che sembrano di miele già pronti. «Quando ne hai bisogno, li infili nel microonde oppure li scaldi a bagnomaria». Pochi secondi e il contenuto s’ammorbidisce. «Alla fine, bisogna capire a che punto spegnere il fuoco e fare un po’ di pratica con l’impasto, ma non così è difficile». Male che vada, tante caramelle...
Alessandra Coppola