Giovanni Caprara, Corriere della Sera 17/03/2012, 17 marzo 2012
RUBBIA CHIUDE IL CASO DEI NEUTRINI
«L’esperimento "Icarus" ha fornito un’importante verifica del risultato anomalo raccolto l’anno scorso da "Opera". Le misure dicono che il neutrino non è più veloce della luce. Per noi la questione è chiusa». Le calcolate parole del Premio Nobel Carlo Rubbia, responsabile di «Icarus», suonano, anche nel tono, come una pietra tombale sulla prospettiva di una scoperta che, se fosse stata vera, avrebbe rivoluzionato la fisica portandoci oltre i confini conquistati da Albert Einstein.
«Il nostro risultato indica che siamo al di sotto di 0,3 nanosecondi rispetto alla velocità della luce. Abbiamo analizzato sette eventi registrati tra ottobre e novembre 2011 e tutti ci hanno fornito la stessa conclusione», aggiunge Rubbia spiegando che il rilevatore del suo esperimento «è di nuovo tipo consentendo un’accurata ricostruzione delle interazioni del neutrino ed è dotato di sistemi di acquisizione dei dati tutti elettronici capaci di fornire un preciso calcolo del tempo».
«Icarus», nato da una proposta di Rubbia, è entrato in funzione nel 2010 nel laboratorio del Gran Sasso dell’Istituto nazionale di fisica nucleare ed è stato concepito per scandagliare in modo approfondito la natura e il comportamento dei neutrini sia di origine naturale provenienti dal Sole o dal cosmo sia quelli generati dal Cern di Ginevra. Il rivelatore contiene 600 tonnellate di argon liquido e fornisce immagini in 3D delle interazioni che si verificano quando le effimere particelle attraversano il liquido.
«Il risultato ci fa piacere — commenta Antonio Ereditato che guida l’esperimento "Opera" — e fa parte di quello che avevamo chiesto alla comunità scientifica presentando il lavoro. Del resto anche le nostre verifiche riferite qualche settimana fa ci avevano fatto sospettare che il risultato fosse conseguenza di malfunzionamenti strumentali di alcune parti del sistema». Le indagini, tuttavia, proseguiranno ancora.
«Utilizzando la nuova tecnica di generazione del segnale messa a punto dal Cern con grande perizia e che proietta ad intervalli impulsi di 3 nanosecondi — nota Carlo Rubbia — effettueremo da aprile quattro settimane di ricerche. Per noi il risultato è comunque definitivo».
Ma non saranno le sole e altri gruppi di scienziati sono mobilitati tra il Cern e il Gran Sasso. «L’evidenza ci mostra che si trattava di un cattivo funzionamento di qualche apparato di "Opera" — conclude Sergio Bertolucci, direttore scientifico del Cern — e per sciogliere eventuali dubbi, dai prossimi giorni, si estenderanno le indagini anche con gli esperimenti "Borexino" e "LVD", sempre al Gran Sasso». A quel punto non resterà che attendere ciò che diranno i test in Giappone e negli Usa. Ma arrivati a questo punto sembra proprio di vedere il sorriso ironico di Albert Einstein.
Giovanni Caprara