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 2012  marzo 20 Martedì calendario

Il brevetto del welfare scandinavo– Chissà cosa penserebbe oggi Marquis William Childs, il giornalista americano che nel 1930 pubblicò un lungo elogio della socialdemocrazia svedese come punto di equilibrio tra il capitalismo egoista e il socialismo altruista, compromesso perfetto dei due modelli antitetici dell’ epoca, l’ America e la Russia

Il brevetto del welfare scandinavo– Chissà cosa penserebbe oggi Marquis William Childs, il giornalista americano che nel 1930 pubblicò un lungo elogio della socialdemocrazia svedese come punto di equilibrio tra il capitalismo egoista e il socialismo altruista, compromesso perfetto dei due modelli antitetici dell’ epoca, l’ America e la Russia. Il suo Sweden, The Middle Way è servito d’ esempio prima a Franklin Roosevelt e poi a molti altri governanti illuminanti alla ricerca di una via di mezzo tra intervento pubblico e iniziativa privata, tra protezione sociale e libera concorrenza. Meno di un secolo dopo, nel pieno di un’ altra Grande Depressione, il sogno della socialdemocrazia svedese sembra sepolto. Anzi, no. È rinato sotto mentite spoglie. L’ immagine della Svezia come culla dei romanzi di Stieg Larsson e paradiso della sinistra progressista, va aggiornata. L’ autore della trilogia Millennium è morto nel 2004 e i compagni con la rosa nel pugno non se la passano granché bene. Il partito che ha regnato incontrastato per quasi novant’ anni è stato escluso dal potere, con l’ arrivo di una coalizione di destra alle elezioni del 2006, riconfermata nel 2010. E così il famoso "modello nordico", quell’ incontro ideale tra forze opposte che è il cuore della socialdemocrazia, è diventato una formula rivendicata dai conservatori. Tanto che l’ ultima battaglia della sinistra svedese è ora chiedere di brevettare il marchio "modello nordico". Nel paese che ha lanciato il primo partito pirata, dando rifugio a Julian Assange e ad altri famosi hackers, si combatte per avere un copyright politico. Può sembrare un paradosso, ma è il segno di una contro-rivoluzione in corso. Il nuovo segretario del partito socialdemocratico, il cinquantaquattrenne Stefan Lofven, già potente sindacalista dei metallurgici, ha finalmente ottenuto il riconoscimento dell’ Agenzia nazionale dei brevetti di Stoccolma. Per i prossimi dieci anni nessun altro potrà usare la formula "modello nordico". Una vittoria simbolica, che rischia di nascondere una mancanza di idee. Il sistema scandinavo che si è costruito nell’ ultimo secolo e mezzo è ancora di sinistra? E soprattutto: esiste ancora una peculiarità a questa regione del Nord Europa che accoglie appena 25 milioni di abitanti ma concentra ricchezza e benessere come in nessuna altra parte del mondo? Neanche i socialdemocratici sanno davvero rispondere. A fine gennaio, i responsabili dei diversi partiti di sinistra della Scandinavia si sono incontrati per organizzare una commissione di esperti indipendenti che dovrà gettare le basi per il Welfare State del futuro, alla luce della globalizzazione e dei tagli di bilancio che ovunque s’ impongono. Una trasformazione anticipata a Stoccolma già da qualche anno. Il primo ministro Frederik Reinfeldt, che in passato aveva scritto un libro contro i cittadini de-responsabilizzati dallo Statobalia, adesso rivendica con orgoglio il sistema nazionale. «Non appartiene a nessuno», dice il premier. Nato a metà dell’ Ottocento, durante la rivoluzione industriale, come patto di fiducia e solidarietà tra diverse forze private, contadini poi piccoli imprenditori, il Welfare State si è costruito prima ancora che esistessero i partiti. «Questo è vero fino al 1930. Poi, però, è lo Stato che ha finanziato il sistema per come lo conosciamo oggi, ovvero universalistico, aperto a tutti», spiega Paolo Borioni, Phd all’ università di Copenaghen e membro del gruppo di esperti internazionali che lavora alla ri-definizione del nuovo modello nordico. Un modello consensuale, basato sulla cogestione tra diverse istituzioni pubbliche e private, sindacati e assicurazioni, che sono ancora in mano alla sinistra. «C’ è però una tendenza a disinvestire nelle politiche di riqualificazione dei lavoratori, aumentando invece le quote assicurative per gli impieghi precari e, in generale, i contributi sindacali» nota Borioni, secondo cui è a rischio lo storico equilibrio tra capitale e lavoro, quella "Middle Way" che tanto faceva sognare all’ inizio del Novecento. Accusato di snaturare quel compromesso ideale, il governo di centro-destra si fa forte dei suoi ottimi risultati economici. Un Pil che è passato in due anni dal segno negativo a quello positivo, cresciuto in media del 4% nel 2011 nonostante la congiuntura negativa, una disoccupazione al ribasso fino al 7% della popolazione attiva, una politica di bilancio che ha cancellato il deficit trasformandolo l’ anno scorso in surplus, con il contenimento del rapporto debito/Pil al 40%. La promozione del vecchio, caro Welfare State, ma con una forte iniezione di liberalismo. Reinfeldt ha infatti tagliato di quasi dieci punti la spesa sociale, che rimane comunque la più alta d’ Europa dopo la Francia, e ha diminuito anche la pressione fiscale, calata dal 56% degli anni Ottanta fino al 47% del 2011. Non esistono più la tassa di successione e l’ imposta patrimoniale. Settori come istruzione e sanità sono stati aperti ai privati, così come il sistema pensionistico. Altre novità si prospettano. E’ di qualche giorno fa l’ annuncio del premier svedese di un possibile allungamento dell’ età pensionabile fino a 75 anni. Evitando le polemiche dell’ opposizione, Reinfeldt non parla più di modello ma di "Nordic Way", come sta scritto su un dépliant che la delegazione svedese ha fatto distribuire all’ ultimo World Economic Forum di Davos. L’ economista nel gruppo Seb e professore all’ università di Lund, Klas Eklund, sostiene invece che bisogna parlare di "esperienza nordica", successione di modelli aggiornati e modificati a seconda delle epoche. Al di là delle definizioni, è ovvio che in un momento di profonda crisi economica e di critica al capitalismo finanziario, viene naturale guardare dalle parti di Stoccolma. «Si tende a pensare che i paesi nordici sono immuni dalla crisi» racconta Eklund. «Ma anche noi abbiamo attraversato periodi difficili, il nostro modello è stato più volte aggiornato». Negli anni Ottanta e Novanta la Svezia ha conosciuto recessione, difficoltà del sistema finanziario, svalutazioni e forte inflazione. La cacciata dei socialdemocratici è stata in parte provocata dal passaggio del voto delle classi sociali meno abbienti verso i populisti di destra, che due anni fa hanno per la prima volta superato la soglia di sbarramento per entrare al Riksdag, il parlamento svedese. Secondo molti osservatori, il sistema svedese era allora entrato in una contraddizione insostenibile: un’ economia florida eppure "jobless", che non riesce a creare nuovi posti di lavoro. Dal 2006, il governo di centrodestra ha varato diverse riforme per incentivare le assunzioni. I contributi sociali per i più giovani o per i disoccupati di lungo periodo sono stati diminuiti. I sussidi per gli inoccupati sono stati tagliati. I risultati ci sono stati. Ma intanto la cosiddetta flexsecurity è sempre più flex e un po’ meno security.