Annalena Benini 7/3/2012, 7 marzo 2012
HOW TO BE A WOMAN
Voglio applicare il metodo Caitlin Moran (trentaseienne, columnist del Times da quando ne aveva diciassette, vincitrice del British Press Award) al resto della mia vita. Quando ha poco tempo e ha bisogno di dare un giudizio rapido, ad esempio sulla necessità di una sorellanza femminile, e sull’idea che a impedire alle donne di realizzarsi siano state le altre donne, in quanto cattive e invidiose (sopravvalutando le frecciate maligne lanciate nei bagni e nelle pause caffè), Caitlin Moran si chiede: “Gli uomini sprecano tempo su questa cosa? Agli uomini viene detto di non farlo perché in tal modo deluderebbero gli altri uomini? Questa cosa intaccherebbe la sicurezza di Walker Texas Ranger?”. E poiché quasi sempre la risposta è: no, loro fanno tutto quello che vogliono e basta, allora forse si può convivere più serenamente con l’idea semplice che “quando si tratta di essere stronze siamo fondamentalmente uguali agli uomini”, e che se Julie Burchill attacca Madonna o Camille Paglia non è una tragedia del femminismo, solo una lite interessante tra signore irascibili. E se una ragazza guida una Mini rosa con sopra l’adesivo: “Va a cipria!”, ha gigantesche tette di silicone, guarda con passione Beautiful o porta orrende unghie finte, non sarà necessario scriverci un saggio sopra. “Che cos’è il femminismo? E’ la convinzione che le donne debbano essere libere quanto gli uomini, per quanto siano stupide, tonte, illuse, malvestite, grasse, pigre, compiaciute o con i capelli un po’ radi”. Detto questo, il libro di Caitlin Moran è diventato subito un bestseller perché racconta anche quanto è scomodo il tanga e questa generale “mutandoressia” che ci domina, e l’incommensurabile sollievo che si prova nel togliersi un reggiseno troppo stretto e buttarlo per terra. “Ci vogliono le palle per essere una donna, storie esilaranti di una femminista a sua insaputa” (Sperling&Kupfer, in Inghilterra il titolo è: “How To Be A Woman”, e in effetti è difficile trovare qualcosa di insaputo o inconsapevole in questo trattato-memoir che cita Germaine Greer letta a quindici anni mangiando tutto il giorno pane e formaggio, Dorothy Parker, Bessie Smith, Sylvia Plath, mentre la gente normale andava in giro dicendo: “Mamma ho perso l’aereo! oppure “Quella granculo di Cenerentola”) è la riflessione scanzonata, brillante e affettuosa su come si cresce, si ingrassa, si dimagrisce, ci si ubriaca, si fanno o non si fanno figli, ci si sposa, ci si deprime e ci si depila (se siete interessati all’argomento, Caitlin Moran è totalmente contraria alla ceretta brasiliana, che porta tra l’altro al tracollo finanziario causa spese di manutenzione, propone un ritorno alla “vulva vecchio stampo” e sostiene inoltre che “gli uomini hanno la fortuna di essere creature molto condiscendenti a cui poco importa il tipo di mutande che indossate. Dopo che vi siete tolte la gonna, sotto potreste anche avere un sacchetto di carta con due buchi per le gambe e per loro sarebbe la stessa cosa”).
D’ora in poi, quando vi sentite inadeguate, discriminate, non abbastanza importanti, consolatevi pensando che, se in tutto questo tempo non abbiamo combinato abbastanza, un motivo c’è: “La mia esperienza mi suggerisce che centomila anni di dominazione maschile si fondano sul semplice fatto che agli uomini non viene la cistite”.