MARCO ZATTERIN, La Stampa 20/3/2012, 20 marzo 2012
Come cambia la pesca europea? - I governi europei, riuniti nel Consiglio Ue, stanno discutendo una nuova riforma della pesca continentale sulla base di una proposta della Commissione presentata in luglio
Come cambia la pesca europea? - I governi europei, riuniti nel Consiglio Ue, stanno discutendo una nuova riforma della pesca continentale sulla base di una proposta della Commissione presentata in luglio. Quali sono le premesse? L’intervento è ritenuto “urgente” semplicemente perché da anni i pescherecci catturano una quantità di pesce superiore a quella che può essere ricostituita, esaurendo così i singoli stock ittici e mettendo in pericolo l’ecosistema marino. Attualmente, tre specie su quattro sono sovrasfruttate: l’82% degli stock del Mediterraneo e il 63% dell’Atlantico. Il settore registra pertanto una diminuzione delle catture e ha di fronte un incerto futuro. Come ci si propone di agire? L’obiettivo è la sostenibilità delle quote di cattura per specie attribuite ai singoli stati entro il 2015. Questo vuol dire garantire la riproduzione degli stock e cercare di assicurare una redditività di lungo periodo. Ovvero, arrivare a una gestione accertata dei volumi. Quali sono gli interventi in discussione al Consiglio? Il primo passo cruciale è il divieto dei rigetti in mare che, si calcola, costituiscono il 23% delle catture totali (in alcuni casi molto di più!). Questa pratica verrà eliminata secondo un calendario inequivocabile e con un accompagnamento finanziario. I pescatori avranno l’obbligo di sbarcare tutte le specie commerciali che catturano. I pesci sottotaglia non potranno essere venduti per il consumo umano. Dal 2013 tutto il pescato dovrò essere portato a terra e contato per le quote. Chi sgarra, sarà punito. O almeno si spera. Chi è responsabile delle ispezioni? Tocca agli Stati. I pescherecci devono essere in grado di fornire una documentazione completa di tutte le attività (trasformazione compresa) in modo da consentire il monitoraggio dell’obbligo di sbarcare tutte le catture. Più grandi o piccoli nella flotta europea? Attualmente i «piccoli» privati costituiscono il 77% per numero di imbarcazioni, ma solo l’8% in termini di stazza (dimensione delle navi) e il 32% in termini di potenza motrice. Il resto sono grandi pescherecci. La pesca sarà amministrata con un regime di concessioni. Perché c’è polemica? Dal 2014 si vuole un sistema di quote di cattura trasferibili attribuite alle imbarcazioni oltre i 12 metri. Le concessioni saranno ripartite dalle capitali con «modalità trasparenti» e comuni. Esse daranno diritto una fetta percentuale delle capacità nazionali, una sorta di licenza quantitativa per 15 anni, che gli operatori avranno facoltà di affittare o scambiare a livello nazionale. Si verrà insomma a creare un mercato delle quote a metà fra quello delle licenze dei tassisti e quello dei contratti di sfruttamento delle miniere. Il timore è che i pesci grandi possano mangiare i pesci piccoli. C’è vigilanza coordinata fra Bruxelles e i ventisette? Il documento in discussione mette fine alla microgestione operata dalla Commissione. I legislatori europei si limiteranno a delineare il contesto generale, gli indicatori di risultato e i calendari di attuazione. Le capitali decideranno le effettive misure di attuazione e coopereranno a livello regionale. Un meccanismo alternativo consente alla Commissione di intervenire nei casi in cui gli stati non trovino un accordo, o quando gli obiettivi non siano raggiunti. Come è la situazione in Italia? La nostra pesca è ancora piuttosto artigianale. Questo impedisce di guadagnare sui grandi volumi, come fanno Spagna e Francia, ma consente di puntare sulla qualità. Eppure le cose non vanno bene. Secondo il Wwf, la nostra pesca artigianale va meglio tutelata in quanto impiega il 50% delle braccia italiane; sono circa 14 mila persone con un giro di affari di circa 276 milioni all’anno di ricavi. Il problema è che le risorse hanno subito un declino, il 29% in meno di pescato annuale con una riduzione del reddito del 19%. Infine l’incremento delle spese dei carburanti (18% in sei anni), ha inciso sull’economia della pesca artigianale. Quando entrano in vigore le nuove norme? Dopo che il Consiglio (cioè i governi) e il Parlamento Ue si saranno pronunciati. L’attuazione sarà progressiva, secondo un calendario che precisa le varie scadenze. Il termine primo auspicato per l’entrata in vigore delle nuove norme è il gennaio 2013. Ma in casi come questo l’azione dell’Europa è efficace? Le decisioni ci sono. Proprio ieri il Consiglio ha finalmente messo al banda la pratica di pescare gli squali, tagliar loro la penna (prelibata per molti) e buttare la bestia a morire in mare. Sinora c’erano delle esenzioni che hanno portato lo squalo a un passo dall’estinzione. Adesso non sarà più permesso. A nessuno.