ANTONIO SALVATI, La Stampa 20/3/2012, 20 marzo 2012
Sentenze aggiustate, 16 giudici arrestati - Da un lato la camorra, che ha sempre milioni di euro in contanti da investire
Sentenze aggiustate, 16 giudici arrestati - Da un lato la camorra, che ha sempre milioni di euro in contanti da investire. Dall’altro un manipolo di giudici tributari e i membri della Commissione tributaria provinciale protagonisti di quello che gli stessi inquirenti hanno indicato come un «mercimonio organizzato dell’attività giudiziaria». Al centro i Ragosta, una delle famiglie di imprenditori più in vista del Mezzogiorno, in grado di creare dal nulla, o quasi, un impero economico-finanziario del valore stimato di mille milioni di euro. Questo è quanto emerso dall’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza di Napoli e coordinata dall’Antimafia che ha portato a 60 misure cautelari (16 provvedimenti riguardano proprio giudici tributari) e al sequestro di beni del valore di oltre un miliardo di euro. Quella di Fedele Ragosta è la storia di un piccolo imprenditore nel settore del trattamento dei rottami ferrosi iniziata a San Giuseppe Vesuviano, nel Napoletano. Dal 1992 al 2002 l’attività non era molto redditizia, visto che le società facenti capo a lui e a sua moglie avrebbero prodotto redditi pari a poco più di tremila euro. «Somme pari o inferiori scrive il gip Capuano nelle 1200 pagine di ordinanza - a quelle di una bottega, neanche tanto avviata, in una qualsiasi città del meridione». La musica cambia a partire dal 2001, quando i Ragosta acquisiscono le «Acciaierie del Sud spa» versando oltre 4 miliardi e mezzo di vecchie lire. Da allora tutto cambia e il gruppo cresce diversificando i propri interessi. Dal settore dell’acciaio, a quello immobiliare, passando per i grandi alberghi, due a Vietri sul Mare (in uno fu ospite il vicepresidente Usa Dick Cheney), una a Taormina e uno nel centro di Roma. Senza dimenticare, poi, il settore alimentare culminato con l’acquisto, nel 2008, della «Lazzaroni & c. spa» titolare del marchio Amaretti di Saronno. Per gli inquirenti il segreto di questo successo è da ascrivere ai soldi della camorra. Diversi pentiti sono concordi nell’indicare i Ragosta vicini a Franco Ambrosio, attualmente detenuto nel carcere milanese di Opera, considerato la mente imprenditoriale del gruppo Fabbrocino. Lo stesso Ambrosio, racconta il pentito Auriemma, gli confidò che i Ragosta «sono comparielli miei», chiarendo che «i nostri soldi, quelli del clan, bisogna farli girare». Ma non solo la camorra vesuviana: alcuni pentiti hanno fatto il nome dei Ragosta accostandoli ai Casalesi e spiegando i loro interessi nel campo dello smaltimento di rifiuti pericolosi. Indagando su un credito Iva vantato da una delle società del gruppo (146 milioni di euro), i finanzieri si sono imbattuti in quello che il gip ha ribattezzato «l’indecoroso spettacolo di un vero e proprio mercato delle sentenze». Dal direttore al suo vice, passando per diversi impiegati della Commissione tributaria provinciale ma anche gli stessi giudici tributari che, oltre ad essere consulenti di aziende, si scambiavano favori tra di loro. «Il paradosso di questa inchiesta - spiega Grassi, comandante provinciale della Finanza - è che i Ragosta dicevano che è lo Stato a dovermi dare dei soldi». «La procura non può accusare il gruppo Ragosta di essersi arricchito con l’evasione tributaria e, contestualmente, di non riuscire a giustificare la provenienza della sua ricchezza», ha detto l’avvocato Papa, legale di Fedele Ragosta. Era facile ottenere una sentenza favorevole: se pilotare l’assegnazione dei fascicoli a giudici relatori compiacenti non bastava, o un parere del Garante del contribuente era troppo poco, chi ricorreva poteva tranquillamente presentare una sentenza già scritta. Naturalmente a lui favorevole. Coinvolti anche l’avvocato Enrico Potito, docente di Diritto tributario alla Federico II, e il suo assistente, Vincenzo Esposito. Ma non solo i Ragosta approfittavano di questo «mercato». Nel 2009 una pratica del padre dello scrittore Roberto Saviano sarebbe stata «segnalata». In un’intercettazione si sente la segretaria dire a un uomo: «Gli volevo dire che ho il fascicolo del padre di Roberto Saviano». L’uomo risponde: «È raccomandanto da Corrado Rossi».