Antonio Quaglio, Il Sole 24 Ore 20/3/2012, 20 marzo 2012
LA SECONDA VOLTA DEL BANCHIERE-OUTSIDER
Non è facile prevedere cosa tornerà più utile ad Alessandro Profumo, a Siena, dei quindici anni trascorsi in fondo alla "clinica svizzera": il sobrio corridoio della direzione centrale di UniCredit, in Piazza Cordusio. Anche il Montepaschi, in fondo, è sullo spartiacque di una vera privatizzazione: non troppo diverso è il Credit di cui il 38enne Profumo diventa capo-azienda nel 1995. A Rocca Salimbeni il presidente designato trova una Fondazione-città come socio di riferimento, virtualmente dal 1472. Ma da Ceo di UniCredit ha già sperimentato per un decennio il rapporto con le tetragone Fondazioni di Verona e Torino: convincendole quasi sempre a seguirlo, nell’Opa su Comit e poi nelle aggregazioni con Hvb e Capitalia. E pressocché mai, Profumo, è entrato in conflitto con i big dell’imprenditoria nazionale (da Leonardo Del Vecchio a Giampiero Pesenti ad Achille Maramotti) avvicendatisi nell’azionariato e nel board UniCredit. Per non parlare dell’Azienda-Germania, che nel 2005 sceglie lui per ristrutturare il malandato gigante bancario bavarese.
Molto complesso è stato invece sempre il rapporto di Profumo con Mediobanca: problematico in crescendo fino alla battaglia delle Generali e allo showdown con Vincenzo Maranghi; di ferma difesa del managament durante il duro confronto sulla governance con il presidente Cesare Geronzi. Defilato ai tempi dell’Opa Telecom - la madre di tutte le sortite strategiche dei Ds nella grande finanza - UniCredit è benvisto anzitutto da Massimo D’Alema ai tempi della fusione con Capitalia. Ma il Profumo "politico" resta anche quello che vota Romano Prodi alle primarie del Pd nel 2008: e forse più ancora l’outsider "liberal" che nel 2003 scrive «Plusvalori» a quattro mani con Giovanni Moro, figlio di Aldo.
A casa sua fra i mega-fondi della City e di Wall Street, Profumo ha fatto a tempo ad avere azionista in UniCredit anche la Libia dell’ultimo Gheddafi: ma al Monte avrà a che fare per la prima volta con fondi tricolori come Equinox o Clessidra. Tutti i soci - pubblici e privati, vecchi e nuovi - reclameranno presto utili, dividendi, capital gain: ciò che a Profumo è riuscito sestuplicando in sei anni il valore di Borsa del Credit e diventando un beniamino assoluto dei listini in Europa. Ovvio che un personaggio di questo profilo abbia poi pagato di persona il collasso globale dei mercati: anche se UniCredit, a differenza di altri giganti europei, non è crollato su se stesso.
Al Monte il 55enne banchiere genovese troverà, non da ultimo, dipendenti e sindacati sul piede di guerra: ma potrà ricordare, nel caso, di aver cominciato anche lui come bancario al Lariano, bocconiano-lavoratore poco più che ventenne. Ma anche ai tavoli sindacali Profumo può vantare un pionieristico accordo aziendale sulla flessibilità retributiva.
E’ pur vero che stavolta Profumo non è chiamato a fare il suo mestiere di sempre. Si siede infatti sul quella poltrona presidenziale davanti alla quale, in Piazza Cordusio, si è trovato spesso a battersi per il suo primato manageriale. L’ultima volta, meno di due anni fa, ha visto bruscamente concludersi la sua parabola: ma ora anche il presidente Dieter Rampl è giunto al capolinea. Lucio Rondelli - che aveva pescato il rampante mckinseyano dal vertice della Dival su consiglio dell’amministratore delegato della Ras, Roberto Gavazzi - dovette lasciare quando arrivarono le Casse e le Fondazioni del Nordest: per le quali Profumo era irrinunciabile, ma sempre difficilmente controllabile.
Anche Francesco Cesarini alla fine rinunciò a fare il presidente-notaio di fronte, soprattutto, al compatto management team di Profumo, il ristrettissimo club convocato ogni martedì mattina alle otto e trenta. A proposito: com’era stato appannaggio della Comit nel mezzo secolo precedente, in Credit-UniCredit si è formata quasi per intero una generazione di top banker "di mercato" (da Pietro Modiano a Fabio Innocenzi a Luca Majocchi; da Roberto Nicastro a Paolo Fiorentino, rimasti in Piazza Cordusio; fino a Roberto Ermotti, oggi al vertice di Ubs, ma anche a Pietro Montani, ora al timone in Bpm). Capo-squadra carismatico - anche se non sempre facile - Profumo entra ora al Monte come alto supervisore di un organigramma già alle prese con il fresco arrivo di un direttore generale esterno, Fabrizio Viola. Quante sfide per il "nuovo Profumo": tante quante ne ha solo, probabilmente, il suo amico Massimo Moratti all’Inter.