Leonardo Maisano, Il Sole 24 Ore 20/3/2012, 20 marzo 2012
A LONDRA AUTOSTRADE IN GESTIONE AI PRIVATI
Nella Big Society, vagheggiata da David Cameron, di strade non se ne sono ancora viste. Sono sbocciate, ieri, sulle labbra del premier in un nuovo capitolo dell’immaginifico trapasso di servizi dalla mano pubblica a quella privata, sforzo supremo per ridurre il bilancio e soprattutto il disavanzo dello Stato. Non sono privatizzazioni, ma il sostanziale outsourcing della rete stradale e autostradale del Regno Unito. In altre parole lo Stato si chiama fuori dalla manutenzione e dalla costruzione di tracciati presenti e futuri lasciando al mondo della finanza e dell’economia il funding, la gestione e la realizzazione della rete.
A Londra la gratuità del network stradale e autostradale è un mantra che solo Tonty Blair osò brevemente sfidare per poi tornare sui propri passi schiacciato dalla reazione popolare. Il meccanismo oggi allo studio è più complesso. I privati saranno invitati a partecipare ad aste per l’assegnazione di concessioni di lungo periodo per la gestione della rete dei trasporti su gomma (autostrade e grandi arterie a scorrimento veloce), chi la vincerà otterà una quota di quanto lo Stato incassa con il bollo auto. Con quel budget dovrà garantire il buon funzionamento della rete e un’adeguata manutenzione che sarà controllata da un’authority indipendente. Non potrà imporre il pedaggio sulla rete esistente, ma potrà farlo su nuove corsie qualora dovessero essere allestite, oppure su tracciati nuovi. Qualcuno già immagina la "millionaire lane", la carreggiata per ricchi che per muoversi con più agio sono pronti a pagare un ticket. David Cameron non è andato così in là. È stato molto più flessibile annunciando l’avvio di uno studio di fattibilità che a ottobre dirà se la cosa si può fare, con quali costi e a quali condizioni.
«Aumentare la partecipazione dei privati all’ammodernamento delle infrastrutture - ha detto il premier - è urgente. Dopo decenni di degrado dobbiamo ricostruire il nostro futuro con la stessa fiducia e ambizione messa in campo in epoca vittoriana». Cameron s’è appellato alla fantasia immaginando un «approccio innovativo che potrà passare per il pagamento di un pedaggio per le infrastrutture future» ma che dovrebbe essere molto simile a quello già adottato per l’acqua potabile, finanziata dai privati e regolata dallo Stato. «Perché le strade non possono essere gestite in modo simile?» domanda retorica essendo, il premier, convintissimo che non solo sia possibile ma debba avvenire. Presto. In realtà il primo ministro britannico ha in mente qualcosa di ancora più ambizioso: passare ai fondi pensione britannici e ai fondi sovrani, arabi e cinesi, il conto del complesso autostradale. In altre parole a enti che cercano investimenti di lungo periodo con ritorni adeguati e certi, in ogni caso superiori a quanto paga oggi il gettonato gilt britannico. Una garanzia pubblica potrebbe essere la soluzione.
Londra ragiona su questo e altro nel gioco complesso che sta architettando per rilanciare l’economia e modernizzare il Paese riducendo la spesa pubblica. Cerca di mimare con le strade quanto si vede accadere negli aereoporti dove i fondi pensione (australiani e canadesi) hanno quote significative e cerca una sponda per spingere un progetto oltre gli ostacoli di una prevedibile opposizione popolare contraria alla logica continentale del pedaggio autostradale. Un alleato, Cameron, lo ha trovato nella Cbi, la Confindustria inglese. «La congestione del traffico - ha detto John Cridland, direttore generale di Cbi - costa all’economia del Regno 8 miliardi di sterline l’anno. La richiesta di interventi privati arriva, quindi, al momento giusto».