Alessandro Ferrucci e Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano 17/3/2012, 17 marzo 2012
AN GUERRA DA 70 MILIONI
Restituire tutto. Subito. Oltre 70 milioni di euro. Ai vecchi iscritti. Al militante o al fornitore. A chiunque vantasse, nel 2009, un credito con Alleanza Nazionale. “Gli atti impugnati sono del tutto privi di efficacia” perché, spiega un atto di citazione dei liquidatori Giuseppe Tepedino e Marco Lacchini, la partita economica del vecchio Msi è tutt’altro che conclusa. I commissari chiamati a traghettare il patrimonio di uno dei partiti più strutturati del dopoguerra sono ora in battaglia per affermare che i gestori della Fondazione An “non potevano incidere su diritti che spettavano agli associati”. La guerra nell’ex feudo di Fini passato in mani berlusconiane è all’ultimo atto. Una crisi anche plastica. Ieri sera, un rumoroso blitz di ex militanti di An nella sede di via della Scrofa raccontava meglio di qualunque cavillo lo spettacolo in corso. Chiedevano trasparenza nei bilanci, gli ex iscritti. Quella che ora, per forza di cose, qualcuno dovrà stabilire se ci sia stata.
A RISCHIO di cancellazione gli ultimi tre anni. Il passato. Il presente. Il futuro. Perché “la nascita dell’Associazione prima e della Fondazione An poi, era fuorilegge”. I vizi procedurali connessi e gli oltre 70 milioni di euro passati nel novembre 2011 alla neonata creatura eretta dopo lo scioglimento del partito, non avrebbero dovuto essere in possesso di dirigenti eletti a disporne senza apparente titolo. Si leggono considerazioni secche nella citazione. Tutti i beni mobili e immobili, i lasciti, le donazioni, oltre a decine di milioni di contributi elettorali (solo nel 2009 incassati 43 milioni di euro), erano stati acquisiti illegittimamente dagli ex finiani rimasti nel Pdl e poi usati per foraggiare con dubbia liceità iniziative e campagne elettorali dei neo avversari politici. Questioni di tempi. Repentini. Di procedure violate. Tutto parte con l’accelerazione politica data da Berlusconi a ridosso delle elezioni del 2008. Messi in cantina i vecchi partiti (Forza Italia e An) nasce un soggetto unico. Il Pdl. Lo scioglimento dell’esperimento di Fiuggi a opera degli eredi del Movimento sociale pone sul tavolo il problema di un enorme patrimonio accumulato in 70 anni di vita repubblicana. Secondo gli avvocati Perlingieri, Scordino, Masoni e De Bellis si susseguirono errori giuridici e alterazioni di legge che ora, con una memoria accusatoria molto dettagliata, i liquidatori del patrimonio chiedono di sanare, restituendo il maltolto alla base.
VOGLIONO, Tepedino, Lacchini e gli altri, che ogni singolo elemento torni all’origine, a disposizione dei militanti e dei quadri, perché “gli atti che favorirono il trasferimento dall’Associazione alla Fondazione sono da considerarsi nulli, improduttivi, invalidi”. Sul banco degli imputati la fitta schiera di colonnelli in rotta con Fini (con in testa il presidente della Fondazione, Mugnai, ex fedelissimo ora berlusconiano di ghisa) e la destinazione dei contributi pubblici e non, entrati in cassa nel corso degli anni. Secondo avvocati e liquidatori il comitato dei garanti nato per vigilare sulla trasparenza di ogni singola operazione avrebbe dovuto informare “l’intera collettività dei cittadini che aspira a rappresentare”. Non lo fece. Evitando di compilare una lista dei creditori (motore di ogni liquidazione che si rispetti) e passandosi anzi, nel giro di 25 giorni, in una partita di giro ricca e azzardata, oltre 70 milioni di euro a novembre del 2011. Il popolo di destra nelle sue molte e frastagliate anime si è ritrovato senza casa, denaro e rappresentanti. Muto. Impotente. Quelli che avrebbero dovuto occuparsene, sostiene l’atto di citazione, si sarebbero dovuti comportare alla stregua di un partito e invece agirono da soggetti autonomi. Lo scenario, se il giudice accogliesse l’istanza, sarebbe devastante. Se infatti si ricominciasse la procedura di liquidazione da zero, volerebbero gli stracci. Migliaia di persone in fila, da Aosta a Canicattì, per esigere almeno una briciola della torta. Richieste improvvise in sonno da anni, appartamenti contesi, antichi contenziosi che, non c’è da dubitarne, affollerebbero gli studi legali di mezz’Italia. Mentre una cittadinanza orfana, perplessa (in gran parte anche ignara degli avvenimenti in corso) aspetta sulla riva che gli attuali tenutari del patrimonio contrattacchino, la magistratura indaga.
La contestazione milionaria punta in alto. L’atto pretende che si accerti se la Fondazione fosse abusiva. Sostenendo che in realtà per gravi vizi di forma (per un partito è anche sostanza) è come se non fosse mai esistita. Proprio in queste settimane la Fondazione avrebbe completato l’iter per il proprio riconoscimento giuridico, ma se il Tribunale di Roma desse ragione alle istanze della base propugnate dai liquidatori (patrimonio che torna a una costituenda associazione, assolvimento dei crediti, ripartizione tra gli ex iscritti del rimanente) il Prefetto potrebbe trovarsi costretto a sospendere cautelativamente il procedimento e a segnare l’anno zero sul calendario.
Con l’aggravio di 26 milioni di buco scovati dallo stesso Tepedino in una relazione sugli aspetti gestionali consegnata in dicembre. Se non avesse torto, la Fondazione perderebbe tutto senza avere certezza che nelle casse sia rimasto davvero qualcosa.