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 2012  marzo 19 Lunedì calendario

Baudo dc nostalgico e arrabbiato: il potere logora chi non appare in tv - Il presentatore invoca un Marchionne a capo dell’azienda e definisce i dirigenti berlusconiani «miserabili scherani» Aveva ragione Rosario Tindaro Fiorel­lo: anche sui banchi di scuola, Pip­po Baudo, al momento dell’appel­lo, scattando in piedi, prontamente rispon­deva: «Presento!»

Baudo dc nostalgico e arrabbiato: il potere logora chi non appare in tv - Il presentatore invoca un Marchionne a capo dell’azienda e definisce i dirigenti berlusconiani «miserabili scherani» Aveva ragione Rosario Tindaro Fiorel­lo: anche sui banchi di scuola, Pip­po Baudo, al momento dell’appel­lo, scattando in piedi, prontamente rispon­deva: «Presento!». Settantacinque anni do­po, il fuoriclasse di Militello non ha perduto il vizietto. Nel prossimo autunno tornerà a frequentare gli studi Rai, quelli della terza rete, con un nuovo programma «Viaggio in Italia», da lui medesimo ideato, creato, osteggiato, infine varato da Antonio Di Bel­la. Ma, nell’attesa, ha deciso di fare il presi­dente tecnico della Rai stessa, annuncian­do il suo progetto politico, distribuendo schiaffi a destra e a sinistra, suggerendo un direttore generale tipo Marchionne, o, a scelta andando sull’usato sicuro, Cappon, con relativo utilizzo della ramazza per spaz­zare via tutto il resto che dipende dai partiti e da Berlusconi, anzi dai berlusconiani, det­ti scherani di un’azienda ormai moribon­da, laddove i bambini cantano ammiccan­do cose, la gente cucina e poi c’è da-da-da. Strano. Lo stesso Baudo partecipò, per non smarrire il contatto con l’attrezzo, alla puntata finale de La prova del cuoco , abbi­nata alla Lotteria Italia, per denunciare, il giorno appresso, la fine di un mito, appunto la Lotteria affogata negli spaghetti. Strano: qualche giorno fa lo stesso riformatore rivo­luzionario, dopo aver ri­chiesto e ottenuto la libe­ratoria dalla Rai, ha fatto visita in casa, televisiva, del Cavaliere e dei suoi scherani, a Mediaset, con un clamoroso colpo di scena e di schiena: ha presentato, insieme con Brignano e la Blasi, una puntata delle Iene con un finale pseudovulcani­co e una serie di senten­ze da bar nei confronti di personaggi televisivi («Giletti? Sotto i riccioli niente» «Berlusco­ni? mi viene da ridere, questo qui per dicias­sette anni è stato il premier dell’Italia…!»), poi apparizioni, varie ed eventuali, al pro­cesso di Biscardi, nelle interviste ai giorna­li, roba pirandelliana, uno, nessuno, cento­mila, alla ricerca della telecamera perduta. Baudo non molla l’osso, ha il cervello fi­no e le scarpe grosse, piene di sassolini. Di questa Rai nulla accetta ma tutto sogna, ha visto passare dirigenti, nani e ballerine ma è riu­scito a resistere al logo­rio del video moderno, è stato democristiano, conservatore, ribelle; ha ammesso di essere un raccomandato di De Mi­ta, un altro politico, Ro­mano Prodi, lo spinse al­la candidatura di gover­natore della Sicilia, la ce­na con Rutelli non lo con­vinse, i siciliani sognava­no Claudio Fava ma il Pippo era un bel giocattolo nelle mani del centrosinistra; dopo aver sfogliato la Mar­gherita, Baudo spiegò la rinuncia per «la mancanza di competenze per assumere quell’incarico»; Sandro Curzi, uomo Rai e di Rifondazione, accolse con gioia la deci­sione: «per il bene della politica e della stes­sa Rai ». Le competenze ogni tanto riaffiora­no se si tratta di battagliare, per difendere il suo giardino festivaliero, contro il Bonolis o la Margherita Hack. O, ancora, di attaccare il palazzo Rai e i suoi inquilini. Da qualche tempo ha pensato che le prediche alla Ce­lentano potevano essere un buon modo di comunicare. Ha scelto come bersaglio non i giornali cattolici (giammai) e i critici televi­s­ivi ma il sistema berlusconiano di fare tele­visione, la nostalgia di una Rai che non c’è più è forte in lui, soprattutto oggi che non ci sono più programmi veri in prima serata sempre confezionati per lui medesimo. Accarezza la Lei, candidandola anche al ruolo di supermanager, demolisce Mazza, il peggiore di tutti, celebra la competenza unica, quasi esclusiva, di Berlusconi ma di­strugge il modello culturaltelevisivo dallo stesso allestito, vive la nostalgia di una Rai che non esiste più, quella di Bernabei, la stessa che comunque impose allo stesso Baudo stili e comportamenti per una rubri­ca di libri dallo stesso presentata e poi cen­surata. Da democristiano verace è pronto a tutto e a niente, pur di conservare il primato e il potere, non volgare e mercantile, ma la possibilità garantita di partecipare e non di assistere. Per il momento una sola cosa è sicura: no­nostante tutto, tra moribondi e scherani, Pippo Baudo a ottobre risponderà all’appel­lo della Rai: presento. Come a scuola.