Alessandro Pagnini, Domenica-Il Sole 24 Ore 18/3/2012, 18 marzo 2012
SAPIENZA INNATA DEI PULCINI
Si sente spesso dire di un animale domestico: «Gli manca la parola!». Ma se ce l’avesse, la userebbe? Pare di no. Non gli "converrebbe", nel senso che, siccome la distribuzione delle capacità cerebrali è un gioco a somma zero, molte altre capacità vantaggiose, sviluppate nella filogenesi, ne soffrirebbero. E questo lo dimostra, tra gli umani, il caso dei bambini autistici. Alcuni di loro, se rovesciate il contenuto di una scatola di fiammiferi, vi sanno dire a colpo d’occhio esattamente quanti sono (quando voi, al massimo, potete azzardare una cifra tonda approssimativa); altri, come la ormai famosa piccola Nadia, sanno disegnare a cinque anni come Rubens nel pieno della sua arte. Questi bambini hanno un deficit di linguaggio, ed è come se l’economia del loro cervello "investisse" in altre risorse. Quando infatti Nadia comincerà a parlare, perderà progressivamente le sue doti di disegnatrice straordinaria. Questo libro, istruttivo e divertente insieme, è pieno di curiosi aneddoti sugli animali, che ci insegnano, per esempio, perché è importante preoccuparsi delle asimmetrie dello scodinzolamento dei cani, o perché sarebbe meglio non mangiare uova di galline free range, o perché un pulcino può scambiare la mamma per una pallina da ping pong. Ma osservando gli animali, osserva anche noi, che animali a tutti gli effetti siamo, soprattutto se misuriamo le nostre capacità cognitive sullo sfondo dei processi evolutivi. Non è certo in discussione il fatto che la nostra conoscenza dipenda in gran parte dall’educazione e dalla cultura, ma risulta davvero stupefacente soffermarsi e sperimentare su quegli aspetti della nostra mente e della nostra conformazione cerebrale che rendono possibile e in un certo senso "costringono" quell’apprendimento e quel sapere. Per questo Vallortigara, neuroscienziato e psicologo sperimentale di fama mondiale, privilegia lo studio dei pulcini (vedi il suo Cervello di gallina, Bollati Boringhieri, 2005): perché i pulcini escono dall’uovo e non hanno il tempo materiale per assimilare gli schemi percettivi e cognitivi che servono loro a orientarsi nel mondo. Tutto quello che "sanno" è sapienza innata, predisposta nei loro cervelli alla nascita, messa lì dal lavorio della selezione naturale; o, se preferite, sono forme e categorie kantiane, condizioni della possibilità dell’esperienza (spesso comuni agli altri animali).
Il libro parla anche ai filosofi; non solo di forme pure apriori dell’intuizione o di categorie, ma di noi "creduloni innati", e delle nostre predisposizioni a inferire Dio come causa prima; oppure di atteggiamenti etici che appaiono quasi "istintivi" (come se, questa volta poco kantianamente, la legge morale non risiedesse nel cielo stellato, ma nella nostra storia evolutiva. E soprattutto rivela negli umani una predisposizione biologica a essere "essenzialisti", cioè a presumere che negli oggetti e nelle persone vi sia un qualcosa di nascosto che le fa essere quello che sono, che può spiegare molto delle nostre inclinazioni metafisiche e persino della nostra predilezione per gli originali delle opere d’arte (oltreché del nostro feticismo e delle nostre paranoie). Per fortuna queste predisposizioni non sono "sentenze inappellabili". E per fortuna resta ancora un po’ di lavoro per i filosofi, ai quali spetta argomentare se quello che scopriamo innato o che si "spiega" funzionalisticamente ed evoluzionisticamente sia davvero "buono".
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Giorgio Vallortigara, La mente
che scodinzola. Storie di animali
e di cervelli, Mondadori, Milano,
pagg. 224, € 18,00