Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  marzo 18 Domenica calendario

IRROBUSTIRE L’ANIMA CON I VERSI

«Il tuo modo di dirmi ti amo / lo dichiari ogni sera, / quando attenui il mio grave russare / con due tappi di cera». Non deve stupire che lo psichiatra Vittorio Lingiardi dichiari la propria poetica nel modo seguente: «Ti penso da lontano / come un Guido Gozzano». Qui però non c’è il Gozzano di gucciniane «stoviglie color nostalgia». Piuttosto, direi, quello di Invernale, una poesia che parla di una fanciulla che volteggia pattinando da sola dopo che il ghiaccio ha fatto «...cri...i...i...i...icch...» (che è il primo verso). Il suo corteggiatore è fuggito a riva con tutti gli altri e alla fine della danza racconta: «mi cercò, mi raggiunse tra le file / degli amici con ridere cortese: / "Signor mio caro grazie!" E mi protese / la mano breve, sibilando: "Vile!"». Sono versi incisivi, ironici, autoironici, a volte burleschi, ma anche gentili, affettuosi, profondi quelli di La confusione è precisa in amore (ed. Nottetempo). Sì, tutte queste cose insieme. Leggere per credere. «Con te rimango / prima della soglia. / Come nel tango / accordo legge e voglia». Non è un piccolo condensato di saggezza? E prendete quest’altra, scherzosa e crudele: «Dove credi di andare? / Io sono quello / che ti ha spezzato il cuore». E ancora, affettuosamente: «Amica del cuore / posso chiamarti amore?». Non ho la competenza per valutare queste poesie da un punto di vista formale, ma una cosa posso dirla con certezza: sono veri e propri «esercizi spirituali», esempi di una pratica filosofica che ha peraltro l’effetto di suggerire che tutta la poesia non sia che questo. In Lingiardi si sente l’eco di Donne, Rilke, Auden, Whitman, del Ginsberg dei Cosmopolitan Greetings e della filosoficissima Szymborska. «Ho iniziato a scrivere a vent’anni – dice –. Mia madre si era ammalata e morì di lì a poco. Ho capito che per me la poesia costituiva un modo per dare una forma al dolore. Quindi per contenerlo. Lo esprime bene Robert Frost nell’esergo che ho scelto per la mia raccolta: A poem is an arrest of disorder». Arrestare il disordine del proprio cuore e della propria sofferenza, evitando facili consolazioni come, per dire, la consulenza filosofica, o certa psicologia d’accatto, o molte credenze religiose. Così la poesia «facilita il compito di stare in contatto con la memoria, i ricordi, i sogni. Forse, come dice Hillman, c’è una "base poetica della mente". I versi sono righe brevi, la poesia si serve della rima e di figure formali che permettono letture del mondo immediate, profonde, ritmiche. Neurali, oserei dire». Quasi un esercizio fisico, dunque, se è vero che leggere è un po’ come nuotare: «Pagine, vasche. / La perfezione nautica / che irrobustisce l’anima».