Raoul De Forcade, Il Sole 24 Ore 18/3/2012, 18 marzo 2012
LA GRECIA SI PRENDE IN MARE LA RIVINCITA SULLA GERMANIA
Nonostante la crisi generale dello shipping, con i noli ai minimi termini, e benché la Grecia soffra per le misure economiche volute dalla Ue e adottate per scongiurarne il crack, nell’area ellenica una categoria imprenditoriale resta (quasi letteralmente) sulla cresta dell’onda. Si tratta degli armatori, che continuano a macinare guadagni, a differenza di quanto sta accadendo al comparto marittimo tedesco, benché appartenga alla nazione che oggi guida le scelte economico-finanziarie di Eurolandia.
Ad aiutare le compagnie di navigazione greche c’è, in primis, una legge risalente ancora al periodo dei colonnelli, che permette agli armatori di abbattere quasi del 100% la tassazione. A questo si aggiunge la capacità delle aziende, tutte a conduzione familiare, di accrescere gli utili con la compravendita delle navi, senza indulgere a operazioni finanziarie speculative e senza servirsi dei derivati sui noli (Ffa).
A tracciare un quadro efficace della realtà greca è Giuseppe Bottiglieri, alla guida dell’omonima compagnia di navigazione napoletana, che per 18 anni (prima del ritorno in Italia) ha avuto il suo quartier generale in Grecia.
I greci, spiega, hanno «un’antica tradizione marittima che emerge efficacemente se si confronta con il nostro Paese: per un territorio con 10 milioni di abitanti, la Grecia schiera un naviglio da 180 milioni di tonnellate di stazza. In Italia, a 60 milioni di abitanti corrispondono 18 milioni di tonnellate di naviglio. Con quei numeri i greci contendono ai giapponesi il primato della flotta più importante al mondo. I secondi, talvolta, raggiungono un numero superiore di navi, spesso di piccole dimensioni, perché per la pesca d’altura. I greci, viceversa, hanno il primato per volume di stiva».
Sull’enorme divario di tonnellaggio tra Grecia e Italia, ricorda Bottiglieri, pesa senz’altro il fattore tassazione. Nel nostro Paese esiste un registro navale bis per le unità che praticano rotte internazionali, che consente di mantenere la bandiera italiana ottenendo agevolazioni fiscali. A questo si associa la tonnage tax, che permette una determinazione forfettaria della base imponibile, parametrata al tonnellaggio e all’anzianità delle navi.
«Anche i greci - prosegue Bottiglieri - hanno la tonnage tax, ma vale per le navi battenti bandiera nazionale, che sono pochissime. Perché la stragrande maggioranza della flotta utilizza un’opportunità molto più interessante. Una legge risalente ancora al periodo dei colonnelli, la 89/67, con i successivi emendamenti, concede agli armatori greci di controllare naviglio battente bandiera di Paesi offshore, senza restrizioni dal punto di fiscale, eccetto l’obbligo di convertire l’esigua cifra di 50mila dollari l’anno in euro, per il mantenimento di uffici e organizzazione in Grecia. Grazie a quella legge, i greci hanno costi assolutamente competitivi. Inoltre, benché la norma sia entrata nel mirino dell’Europa è c’è chi vorrebbe cambiarla, procedere non è facile. La 89/67, infatti, è legge costituzionale e non modificabile se non con i voti di due terzi del Parlamento».
La vocazione familiare delle imprese, poi, ha favorito la tendenza delle compagnie a restare fortemente focalizzate sul business dell’armamento. «I greci - conclude Bottiglieri - hanno accumulato ricchezze facendo gli armatori puri. Comprando navi a prezzi bassi a rivendendole, al momento giusto, a prezzi più alti. Evitando speculazioni con navi terze a noleggio o investimenti sugli Ffa». Alcuni si sono spinti a creare nuove società e a quotarle alla Borsa di New York.
Tutt’altro percorso è quello intrapreso dai tedeschi che, pure, controllano la terza flotta mondiale. Negli anni del boom dello shipping, fino al 2007-2008, sono nati in Germania i Kg fund, pensati per far diventare pseudo-armatori una pletora di piccoli azionisti. Il meccanismo è semplice, spiegano gli esperti: il fondo crea una società, con il supporto del sistema bancario e la raccolta di quote di molti azionisti privati (ad esempio dentisti), attirati dalle possibilità di scaricare la somma impiegata come onere deducibile dal reddito. Questa società ordina poi una nave che viene messa a noleggio e genera entrate. La cosa ha funzionato finché gli armatori, durante il boom, hanno avuto bisogno di navi. Ma con la crisi globale e il crollo dei noli marittimi il sistema si è inceppato. Ora gran parte di queste unità è ferma o viene noleggiata a prezzo così basso che non permette nemmeno di pagare i mutui bancari. Con ingenti perdite di denaro, da parte degli azionisti tedeschi. Che probabilmente invidiano, almeno in questo, il sistema greco.