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 2012  marzo 18 Domenica calendario

Le lingue del mondo? Si possono parlare tutte (anche a vanvera) - Ecco cosa succede a scambia­re il linguaggio dell’uomo per un’ equazione matematica, neppure troppo difficile

Le lingue del mondo? Si possono parlare tutte (anche a vanvera) - Ecco cosa succede a scambia­re il linguaggio dell’uomo per un’ equazione matematica, neppure troppo difficile. Perché, se all’alge­bra assomiglia, una lingua stranie­ra, certo non si dovrebbe mai scor­dare quale straordinario, delicato equilibrio di eccezioni la sosten­ga. Mai affidarsi, dunque (ne san­no qualcosa le autorità malesi) a un «traduttore automatico»: o per­lomeno, mai utilizzarlo a occhi chiusi senza il supporto di un tra­duttore, rigorosamente in carne ed ossa, che le lingue le conosca a menadito. All’inizio di quest’anno, il Mini­stero della Difesa della Malesia ren­de noto che: «drastiche misure sa­ranno adottate per aumentare il li­vello di ogni minaccia alla sicurez­za nazionale» dopo il raggiungi­mento dell’indipendenza del Pae­se ( datato 1957). In un’altra pagina, si suggerisce alle cittadine di sesso femminile di non indossare capi d’abbigliamento che infliggano «un pugno nell’occhio»: modo un po’ approssimativo, e certo non molto meditato, per sconsigliare abiti succinti. Note stonate su uno spartito trop­po ufficiale. Il Ministero confessa: la traduzione del testo si è affidata completamentea «GoogleTransla­te ». Tentazione irresistibile anche per un istituto che di gaffe proprio non ha bisogno. Strumenti sempre più richiesti dalle impre­se, i traduttori automatici: un cam­po nel quale si investono miliardi, e che oggi scorre nelle applicazioni di cellulari e tablet. Un vero salvavi­ta, se ci si trova in terra straniera a corto di dizionario, magari un luo­go nel quale la popolazione non è avvezza né agli idiomi europei né al (sempre più planetario) inglese. «Ma il tempo in cui una macchina raggiungerà le capacità interpreta­tive di un professionista - dice Phil Blunsom, ricercatore a Oxford- so­no molto lontani ». Disciplina che tende alla scien­za, la traduzione, ma che evidente­mente avrà sempre troppa anima, troppa aderenza al divenire, trop­pe ambiguità, per non avere più se­greti nel cervello di un computer. Era il 1980 quando IBM avviava uno studio pionieristico sull’ uso delle singole parole all’in­terno delle frasi; e, basandosi sulla lingua inglese, inciam­pa­va in espressioni perfet­tamente omofone (frasi che producono lo stesso suono: la lingua inglese ne è ricca) ma con una controparte scritta, e quindi un significa­to, completamente diversi. Un vero mare di guai. Dunque, «la grandissima parte della ricerca, nella traduzio­ne automatica, si basa sulle statisti­che, sulle percentuali», spiega an­cora Blunsom. Cosa significa? Che tra frasi omofone, tra espressioni fa­cilmente confondibili, gli strumen­t­i digitali sono programmati per in­dicarci «gli usi più frequenti».Un si­stema orientato a immergerci nel mondo (di grande aiuto eppure ca­pace di qualche tiro mancino) del­le probabilità. È questo, insomma, l’ingranaggio degli «Strumenti per le lingue» di Google, e «Yahoo! Ba­bel Fish»: i più utilizzati. A difesa di queste invenzioni, quasi salvagente insospettabile di una lingua, è invece il Prof. David K.Harrison, Swathmore College, che collabora con National Geo­graphic. Così descrive le applica­zioni dell’iPhone, ma anche Face­book, Youtube, o le funzioni oggi contenute dalla maggior parte de­gli smartphone: «Mi piace chiamar­la ’ l’altra faccia della globalizzazio­ne’. I nuovi strumenti tecnologici contengono suggerimenti e dizio­nari in lingue parlate da comunità che raggiungono sì e no le 50 perso­ne! ». Praticamente, ti trovi in tasca materiale utile ai sociolinguisti più incalliti: i sedimenti di lingue e cul­tu­re che stanno deperendo alla ve­locità della luce. Delle 7.000 lingue parlate nel mondo oggi, sostengo­no gli esperti, la metà sono destina­te a ­scomparire entro la fine di que­sto secolo: risucchiate da un merca­to che rade al suolo l’identità, secoli di storia che si muovono come mu­scoli vivissimi nelle parole della gente. Il Prof. Harrison, in particolare, ha contribuito a produrre 8 diziona­ri parlanti per National Geo­graphic. Archivi che contengono 32.000 voci in 8 lingue in via d’estin­zione: e tutte le registrazioni audio sono state realizzate da nativi. Non che al comodo, cliccatissimo, Goo­gle Translate manchi una parte au­dio, pronunciata perfettamente da un madrelingua. Ecco perché un cauto ripasso con Google, magari alla vigilia di un convegno in una delle lingue più diffuse, è agevole e consigliato. Sponde rassicuranti e al contempo scivolose, i traduttori automatici, nel mare sempre più fondo e ricco di sorprese nel quale navighiamo ogni giorno, occhi ne­gli occhi col resto della Terra.