Francesco Piccolo, la Lettura (Corriere della Sera) 18/03/2012, 18 marzo 2012
LA RAPIDITA’ DI TWITTER? EMOTIVA E SOPRAVVALUTATA - P
er fortuna, le contraddizioni resistono. Sono uno che scrive in favore della modernità senza esitazione, e poi non sono su Facebook e non ho Twitter. Proprio come Jonathan Franzen, con la differenza che non condivido teorie apocalittiche sulle conseguenze del social network. In pratica: anch’io prediligo la comunicazione tecnologica a quella in carne e ossa. Nel senso che provo una enorme eccitazione a starmene a casa mia e intanto comunicare con il mondo. Solo che il mondo per me si limita alle persone che frequento, e la possibilità di eliminare una gran parte degli incontri veri e degli appuntamenti complicati e degli spostamenti sotto il sole perché poi si mette a piovere all’improvviso, mi dà un piacere gigantesco. Inconfessabile, il più delle volte, ma gigantesco. Però, ci sono delle cose del social network, in tutte le sue diramazioni, che mi convincono in generale ma che non riesco a praticare quotidianamente. A dirla tutta, questo ragionamento mi è molto chiaro con Facebook, molto meno con Twitter. Per me Twitter è come il film La talpa: appena incontro qualcuno che l’ha visto, gli dico che mi è piaciuto, cosa che nella sostanza è vera; però poi gli chiedo la cortesia di spiegarmelo, faccio finta di aver capito, ma la verità è che non ho capito niente di quello che è successo nel film. Niente di niente.
Finora ho incontrato tre problemi con i quali sto lottando. È chiaro che ho anche constatato una enorme quantità di virtù, però qui voglio elencare solo i tre problemi: la gabbia dei 140 caratteri. Che poi è la sostanza. Non riesco a non pensare che la brevità è un punto di arrivo e non un punto di partenza. Infatti, quando nei quotidiani ci sono articoli di due pagine fitte, fitte, sono contento. Compro le riviste trimestrali. Insomma, se bisogna ragionare intorno a qualcosa, mi piace leggere decine di pagine che argomentano un giudizio, una scelta; fanno digressioni, allontanandosi tantissimo da ciò di cui si parla per poi scoprire che non si erano allontanati tantissimo, ma parlando di altro hanno spiegato meglio. E in definitiva: si può scrivere un racconto di tre righe, ma bisogna pensarci di più che per un racconto di venti pagine.
E qui veniamo alla seconda questione: è l’immediatezza la caratteristica che mi inquieta di più del social network. Ha introdotto una specie di parificazione tra un giudizio argomentato e una reazione emotiva. E la brevità rende questi due aspetti opposti ancora più simili. Ho poca simpatia per la reazione emotiva. Nella sostanza, non mi convince che qualcuno esca da un cinema e scriva a persone che conosce e che non conosce: mi è piaciuto. Mi sembra leggermente riduttivo.
La terza argomentazione, lo ammetto subito, è da vecchi: faccio differenze tra persone che conosco e persone che non conosco. In pratica, tra vita privata e vita pubblica. Twitter abbatte questa barriera. Io non me la sento (ancora) di abbatterla. Uso un linguaggio diverso con mia madre, con il mio amico, con un collega, con un mio lettore, con un estraneo. Non riesco a dire che sono felice al direttore di un giornale, e ho pudore a mandare un articolo a mia sorella.
In più, c’è questo fatto che devi seguire qualcuno; oppure, più inquietante, c’è qualcuno che ti segue. A quel punto, mi sembra davvero di essere La talpa. Con la differenza che lo hanno capito tutti che sono io.
Francesco Piccolo