Curzio Maltese, la Repubblica 18/3/2012, 18 marzo 2012
"Chiamatemi fesso, non corrotto pago per cinquanta cozze pelose mentre c´è chi intasca milioni" – Sindaco Emiliano, come va? «Di merda»
"Chiamatemi fesso, non corrotto pago per cinquanta cozze pelose mentre c´è chi intasca milioni" – Sindaco Emiliano, come va? «Di merda». Capisco. L´ultima volta che ci siamo visti le ho offerto anch´io una spigola in un ristorante. A parte questo, perché ha accettato l´intervista? Che cosa vuole chiarire? «Sto cercando di capire che cosa mi è successo, di uscire da questa brutta storia con una nuova consapevolezza. E siccome non sono un cittadino privato, debbo e voglio farlo di fronte all´opinione pubblica». Beh, già meglio che attaccare i magistrati e ripetere che i processi non vanno fatti sui media, come fanno tutti. «Al contrario, io il processo me lo faccio da solo, visto che non sono accusato di alcun reato. Mi processo davanti a tutti per quattro spigole e cinquanta cozze pelose». E si assolve? «No, mi condanno. Per leggerezza. Non dovevo accettare quel regalo». Ha diritto come tutti a denunciare un complotto. «Non me ne avvalgo. Anzi, ringrazio i magistrati. Senza questa inchiesta non mi sarei reso conto di che razza di gente erano i Degennaro. Persone che consideravo amici, compagni di battaglia politica e invece mi stavano accanto soltanto per calcolo». Sta parlando degli stessi Degennaro che conosciamo tutti, i grandi costruttori che fanno affari con tutti? E come poteva non sospettare che volessero fare affari anche con lei? «La buona fede del narcisista. Siccome sono una persona perbene, convinta di essere la Madonna del santuario, pensavo che chiunque mi fosse accanto non potesse non essere in buona fede. Al punto da non ascoltare quelli che mi avvertivano: guarda che quelli si chiamano Degennaro. Detto questo, non accetto che una leggerezza possa travolgere la mia vita. Stiamo sempre discutendo di quattro spigole e cinquanta cozze». Possiamo ridere del suo Cozzagate, con la corruzione che c´è in giro. Ma la verità è che la vicenda è triste. Se perfino uno come lei, ex magistrato antimafia, campione della legalità, bravo sindaco, non capisce che certi regali vanno rispediti al mittente, allora significa che non c´è speranza. «Sono il primo a non sottovalutare la vicenda. Ho sbagliato. Ma sono stato un fesso, non certo un corrotto. I Degennaro non hanno avuto favori dalla mia giunta, nulla di nulla». E allora gli appalti dei parcheggi, quello del centro direzionale San Paolo, insomma tutta la materia dell´indagine della procura? «Di tutti uno solo è stato assegnato dalla mia giunta, il centro direzionale del San Paolo. Abbiamo ripetuto la gara d´appalto tre volte e si sono presentati soltanto i Degennaro. A quel punto non c´era scelta. Era un appalto project financing, c´erano 15 milioni di fondi europei, un´occasione che non volevamo perdere per riqualificare una periferia fra le più disastrate. Ma dovevamo trovare un privato disposto a investire altri 35 milioni e si sono fatti avanti loro. In altri due casi clamorosi invece è provato che la mia giunta ha danneggiato gli interessi del gruppo Dec. Il ponte dell´asse Nord-Sud, il più importante appalto degli ultimi dieci anni, con un finanziamento interamente pubblico di 32 milioni. Il gruppo Dec aveva vinto con l´offerta più bassa, ma il Comune l´ha escluso per vizi di forma. E poi il parcheggio di corso Cavour, che la giunta Di Cagno Abbrescia aveva già assegnato ai Degennaro, ma io ho impedito di realizzare, perché inutile». La procura scrive anche che lei ha rimosso una dirigente comunale ostile ai Degennaro, Annarosa Marzia, per sostituirla con Vito Nitti, una specie di "scrivano" del gruppo Dec. Non è gravissimo? «Lo sarebbe se non fosse una cantonata dei magistrati. Ho dovuto annullare il rinnovo del contratto di Annarosa Marzia perché mi sono accorto che nella pratica era stata falsificata la mia firma e abbiamo portato tutto l´incartamento in procura. Che altro potevo fare? A quel punto la nomina di Nitti, già alla guida dell´area tecnica, era automatica. Ma alla prima perquisizione negli uffici di Nitti, l´ho rimosso dall´incarico e mandato in una circoscrizione di periferia». I lavori di suo fratello con i Degennaro non l´hanno messa in imbarazzo? «Si tratta di una fornitura di cucine col gruppo Dec per il San Raffaele, per le quali mio fratello non è stato mai pagato e ha dovuto fare causa ai Degennaro. Però sì, mi hanno messo in imbarazzo. Anzi, diciamola tutta, mi sono incazzato come una belva con mio fratello quando l´ho saputo, cioè soltanto quando non l´hanno pagato». Come le è venuto in mente di fare assessore la figlia di Vito Degennaro? «Aveva un curriculum di ferro e non è accusata di niente. Ma certo è stato un errore, anche se in buona fede. Sarei stato così fesso da espormi facendo assessore una con quel cognome se davvero avessi avuto qualcosa da nascondere?» Non c´è un´indagine su questo, d´accordo. In più le grandi famiglie pugliesi da decenni non si fanno mancare onorevoli, sindaci, presidenti, assessori, dai Matarrese ai Di Cagno ai Divella, avendo per giunta l´accortezza ecumenica di candidarsi a destra, al centro e a sinistra, come i Degennaro, che hanno familiari eletti nelle liste di Pdl, Margherita, Pd e Sel. Ma l´espressione conflitto d´interessi non vi dice proprio nulla? «Ripeto che ho sbagliato e me ne sono assunto tutte le responsabilità. Ma vorrei che lo facessero anche altri. In questi vent´anni il conflitto d´interessi è diventato un dato permanente del panorama politico. La pressione dei gruppi economici sulla politica è gigantesca. Del resto se le banche condizionano l´azione di un governo di tecnici, che non debbono neppure essere eletti, figurarsi con chi deve raccogliere voti». Ma quelli come lei non dovevano cambiare questa politica? Si rende conto che l´altra sera lei al telegiornale stava fra le mazzette milionarie della regione Lombardia, le ruberie di Lusi e altre schifezze tangentizie? Come doveva sentirsi uno che le ha creduto? «Me ne rendo conto al punto che da giorni rinvio l´incontro coi miei figli, per paura che mi possano credere un disonesto. Però mi permetta di dire che questo modo di mischiare tutto è spaventoso. Io sono qui a difendermi per un po´ di pesce e per un affitto dicono agevolato di mille euro per un appartamento di meno di 100 metri, a Bari, non a Manhattan. E intorno volano tangenti di milioni, miliardi di appalti assegnati irregolarmente, tesorieri di partito che fanno sparire vagonate di soldi. Siamo tutti uguali, i ladroni e quelli che hanno accettato un pacco natalizio? E allora davvero non c´è speranza. Io sono una persona perbene, uno che ha lavorato per il bene della sua città, non ho mai rubato un accidente e non ho fatto porcherie a danno dei baresi. Lo so io, lo sapete voi giornalisti e lo sanno i magistrati». In questi anni ho scritto che Bari era l´unica città del Sud a migliorare, a riaprire i teatri, bonificare i quartieri della malavita, distruggere gli orrori edilizi come Punta Perotti. Oggi non cambierei una virgola. Ma dopo questa storia, non pensa che l´avventura sia finita? Non sarebbe stato meglio dimettersi? «Comodo, ma non giusto. Voglio rimanere fino alla fine, mettere a frutto quello che ho imparato da questa vicenda, guardarmi attorno con più attenzione e fare pulizia, sbattere fuori dal comune di Bari chiunque si sia avvicinato a me per fare i propri affari. Poi potrò passare la mano a qualcun altro. Dubito più onesto, magari più furbo». E poi che cosa farà? Fino al mese scorso i sondaggi le assegnavano un trionfo come prossimo candidato alla Regione Puglia. Adesso non ha paura che non si toglierà più di dosso queste cozze pelose? «Può darsi, ma a me della carriera politica non me ne frega più niente. Voglio salvare il mio onore. Voglio consegnare ai miei figli un cognome pulito, come io l´ho ricevuto da mio padre. Per il resto, facevo il magistrato, faccio il politico, posso inventarmi dopo un altro mestiere».