Ernesto Assante, la Repubblica 18/3/2012, 18 marzo 2012
ROMA era la ragazzina prodigio della canzone italiana. Oggi è una donna. Tra un po´ potrebbe addirittura meritare il classico appellativo di "signora della canzone italiana"
ROMA era la ragazzina prodigio della canzone italiana. Oggi è una donna. Tra un po´ potrebbe addirittura meritare il classico appellativo di "signora della canzone italiana". Del resto, con vent´anni di carriera alle spalle, Giorgia (che in questi giorni è in tour per i palasport italiani, ieri era ad Ancona, poi volerà in Sicilia) non dovrebbe far altro che raccogliere tutto quello che ha seminato e affermare, una volta per tutte, il suo ruolo nella scena nazionale. «Mi sento molto diversa da vent´anni fa, da allora tutto è cambiato. Ma penso di essermelo guadagnato». Cresciuta lo è davvero, sia in termini professionali, controllando con maggiore precisione e mestiere una vocalità naturale e straordinaria al tempo stesso, sia in termini personali, passando attraverso dolori (la scomparsa di Alex Baroni) e gioie (diventando mamma), cambiando di molto la sua vita privata. «Il fatto che io oggi mi senta donna non dipende però dall´essere diventata madre», tiene a sottolineare. «Essere donna vuol dire molte altre cose, implica una certa dose di maturità, un modo diverso di guardare le cose. Io sono sempre stata un "maschiaccio", e se mi guardo in faccia non mi sento poi così tanto diversa. Ma in realtà lo sono. Sono una donna che ama la musica, da ascoltatrice oltre che da cantante. Oggi la amo in una maniera più profonda perché in essa cerco delle risposte, cerco qualcosa in più della semplice emozione, del divertimento». La musica del resto è stata il motore di tutta la sua esistenza, da quando ragazzina saliva sul palco con il padre Giulio Todrani e la sua band. Giorgia ha sempre vissuto in mezzo alla musica e con quella si è costruita la sua idea del mondo, degli altri, di sé. La musica l´ha aiutata e protetta, l´ha fatta maturare e cambiare. «E sono cambiata così tanto che, nonostante mi senta una persona coraggiosa, questo tempo della mia vita mi spaventa moltissimo. Perché se da una parte ho una consapevolezza che prima non c´era, come è giusto che sia per una donna adulta, ho però anche una parte "maledetta", da ragazzina, che non vuole scomparire e non si rassegna al fatto che non sono più così. Perché negare che mi mancano quelle giornate senza orari, da privilegiata, da bohémien? Insomma, non è più tempo di fare un bagno con le candele tutte accese attorno alla vasca, adesso ti viene il senso di colpa che consumi l´acqua. Ma la vita ha questa magica qualità che ti spinge in avanti e fa in modo che tu non ti uccida ogni volta che vorresti». Giorgia è allegra, solare, raggiante, vitale. Ma non sempre tutto quello che si vede corrisponde alla realtà. «Sono molto più contorta, sono piena di grovigli, di nodi, ho una parte di me che vive di malinconia e nostalgia. Però, anche questo cambia crescendo. L´aumentare dell´età ti porta a dire "è andata, è fatta", e la parte malinconica conta sempre di meno. Prima mi deprimevo facilmente, ora non è più così. Ero schiava di ogni tipo di emozione, oggi invece riesco a gestirmi meglio. Non voglio farmi travolgere da tutto, ma vivere ogni emozione consapevolmente. E in questo, è vero, la maternità ti aiuta a mettere tutto in una prospettiva diversa: prima mi capitava di avere degli attacchi di panico, ma con mio figlio è tutto ridotto a problemi più pratici, a non far bruciare l´arrosto nel forno, per esempio». La ragazzina di ieri oggi è prima di tutto una mamma. «Non è facile far convivere le due cose, maternità e lavoro, perché le donne devono sempre fare di più e meglio degli altri. La vita cambia totalmente: prima il lavoro prendeva tutto il tempo, adesso il tempo è limitato e questo non è necessariamente un male. Devo concentrare il lavoro in momenti determinati e in quei momenti ci sto con tutta me stessa, perché il resto del tempo è completamente assorbito dalla realtà familiare. Ti leva qualcosa? No ti dà, perché ti concentri e non perdi tempo a farti le classiche masturbazioni mentali su cosa fare, come fare. Sai quello che devi fare e lo fai». Due decenni di canzoni, di musica, di concerti, di sogni. C´è spazio per qualche rimpianto? «Rimpianti? Sì, per tutto quello che, pensandoci troppo su, non mi sono goduta, uno spreco grandissimo. Sei lì e perdi tempo ad avere paura di sbagliare, a pensare che non sarai mai amata, che perderai qualcosa, mentre invece il dovere di una persona creativa è di trovare il centro di sé per dare quello che si aspettano da te e non altro. Poi diventi grande e le cose cambiano. Ma è una conquista, e io ancora combatto perché la paura si mangia l´esperienza». Giorgia oggi non è disposta più a sbagliare, a non godere del suo successo e della sua musica. La prova? Le quattro sigle di chiusura che ha cantato, qualche mese fa, a Il più grande spettacolo dopo il weekend di Fiorello, quando milioni di persone l´hanno vista confrontarsi con le grandi della nostra canzone e del nostro immaginario: «Un´esperienza fantastica», dice lei, «cantare Mina è una responsabilità, la Vanoni non l´avevo mai cantata, le prime due sigle me le sono fatte con un carico di ansia, ma sentivo che stavo facendo una cosa grande e importante. Non ringrazierò mai abbastanza Fiorello per avermi dato questa opportunità che non avevo previsto. Ho avuto modo di cantare una canzone in tv ed emozionarmi: quello che mi piace fare. Ne farò tesoro, è l´essenza del mio lavoro, voglio continuare ad andare in quella direzione». Sembra incredibile, ma anche per un´artista come Giorgia, "posseduta" dal canto, la musica può non essere più semplicemente emozione? «Sì, incredibile a dirsi, ma ho vissuto una fase strana, non riuscivo più a "sentire" le canzoni, ero diventata inutilmente perfezionista, notavo tutto, mi attorcigliavo attorno ai particolari. Ora va meglio, mi sono riappropriata dei sentimenti e delle emozioni. Sono meno insicura. L´insicurezza me la porto dietro dall´infanzia. Ogni volta che salgo sul palco o devo cantare per me è sempre come la prima volta. E se va bene penso "è andata ma domani che succederà?". Lo so, è una forma di pensiero malata, ma è dovuta al fatto che devi riempire un vuoto che nessun altro ti può riempire. È ovvio che l´affetto del pubblico aiuta, è grande, è meraviglioso, ti arriva, ti sostiene, ma l´autoconsapevolezza non te la dà nessuno, in ogni piccola cosa te la devi sudare e quello che hai dentro te lo porti dietro anche sul palco. Ora non è più così, i primi concerti di questa nuova stagione me li sono goduti, non ho pensato a nulla, era come quando da ragazzina salivo sul palco del Classico, un piccolo club di Roma, ero felice e cantavo». E, infatti, Giorgia oggi è una cantante molto più matura e consapevole, più libera e felice. Lo si sente da come affronta le melodie, da come si è liberata di molti inutili gorgheggi e sia entrata di più nel cuore delle melodie: «Adesso canto con la stessa tensione di prima ma con più gusto, improvviso se mi sembra giusto di farlo, se cambio le note di una canzone è perché mi piace, e se non le cambio vuol dire che non vanno cambiate. È il cuore a cantare, prima del cervello». C´è una canzone che la rappresenta bene oggi? «Una sola canzone? Difficile. Ma potrebbe essere E poi. Racchiude l´essenza del mio inizio, la mia prima grande esperienza. Ha una melodia che continua a piacermi, un vissuto, un´intensità straordinaria. E poi ha possibilità musicali infinite, la posso cantare rock, jazz, soul, veloce o lenta, la melodia vince sempre. È il primo testo vero che ho scritto. Anche se oggi penso che una ragazza di ventidue anni non può scrivere "e poi sarà come morire..."». Già, l´amore. È quello che viene sempre cantato. Ma che, quando si tratta di viverlo davvero, è sempre diverso da come lo si immagina. «È vero, ma anche l´amore per me è molto più leggero di prima. Avevo un´idea sbagliata, modello Candy Candy, una roba tutta sacrificio, sofferenza, perdita. Era gelosia, possesso, paura di essere abbandonata. Invece no, deve essere leggero, uno stato interiore che è sempre sotto a tutto quello che fai. Non è che ti alzi la mattina e ami: l´amore si impara, perdonando se stessi oltre che gli altri, accettandoti. S´impara con l´esercizio, dovremmo fare una scuola per imparare ad amare. E per cambiare. La vita deve essere trasformazione. Se sei sempre uguale c´è qualcosa che non va».