Antonella Sbrilli, la Repubblica 18/3/2012, 18 marzo 2012
milano il suo nome lo conoscono in pochi, ma i suoi disegni fanno parte del patrimonio di immagini dell´Italia degli ultimi sessant´anni
milano il suo nome lo conoscono in pochi, ma i suoi disegni fanno parte del patrimonio di immagini dell´Italia degli ultimi sessant´anni. Chi abbia dato almeno un´occhiata alla Settimana enigmistica (di cui a gennaio sono stati ricordati gli ottant´anni anni dalla fondazione) ha visto le sue opere riprodotte: sono le vignette dei rebus. Dietro quei disegni c´è la sua mano, il tratto inconfondibile di Maria Ghezzi Brighenti, nata a Bresso nel 1927, che proprio in questi giorni festeggia anche lei il suo compleanno. Nella sua casa milanese, rebus non se ne vedono. Quadri alle pareti e sui mobili, nei punti più luminosi, una collezione di sassi di arenaria modellati. Bisogna entrare nello studio per trovare boccette d´inchiostro e pennini, gli strumenti, mai cambiati, del suo lavoro. «Quanti rebus ho disegnato? Non ho mica tenuto il conto! In tanti anni, settimana dopo settimana, ne avrò disegnate decine di migliaia. È stato un lavoro continuo, che ha occupato completamente la mia vita». Una carriera tanto prolifica quanto singolare, in cui il disegno è al servizio di un gioco. «Ho sempre avuto inclinazione per il disegno e negli anni Quaranta ho frequentato il liceo artistico dell´Accademia di Brera. Ricordo bene il pittore Gianfilippo Usellini, le lezioni di storia dell´arte di Guido Ballo e, fra i compagni, Dario Fo. Per guadagnare in quegli anni realizzavo figurini di moda e decorazioni per interni. Ma dipingevo anche e ho esposto - nel ´46 o ´47 - alla Taverna del Gatto Nero in via Senato, un locale animato da Walter Pozzi. I rebus non avevo ancora idea di cosa fossero». Bisogna arrivare al 1951 perché questo gioco incroci la sua strada. Nell´estate di quell´anno Maria partecipa, con diverse tele, al Premio Bolzano per le pittrici italiane, nella cui giuria c´è anche Palma Bucarelli, direttrice della Galleria d´arte moderna di Roma. La svolta della carriera (e della vita) di Maria però non arriva da quella mostra, ma dall´incontro fortuito, lì sulle Dolomiti, con Giancarlo Brighenti, responsabile dei giochi illustrati della Settimana enigmistica, che diverrà suo marito. È Brighenti (pseudonimo Briga) a introdurre Maria (nome d´arte la Brighella) nel mondo dei rebus, convincendola a dirottare le sue capacità artistiche dai colori alla sintesi del bianco e nero, dalle tele al cartoncino. Ed è grazie al sodalizio di questa coppia - una vera simbiosi fra parole e immagini - che si afferma lo stile del rebus moderno in Italia. Le innovazioni che Brighenti porta nel gioco prendono vita grazie alla maestria grafica di Maria: la precisione realistica dei dettagli si coniuga con l´effetto interrogante dell´insieme, rendendo leggibili le situazioni più strane, interstiziali, assurde, a ricordare che nell´origine della parola ci sono le cose (dal latino res), ma anche il rovescio, lo scherzo e il sogno. «Da quando ho cominciato a lavorare in questo campo non ho avuto più tempo per la pittura». Maria guarda un suo dipinto a olio, un gruppo espressivo e materico di figure, molto lontano per stile e tecnica dalla sua produzione grafica. «Non ho avuto più tempo per dipingere perché disegnare rebus è impegnativo. Bisogna comporre una scena, con interni ed esterni, in cui sistemare figure e lettere - e guai a sbagliare un dettaglio. Mi sono dovuta documentare su piante, animali, carte geografiche, strumenti di tutti i tipi, come se avessi lavorato in un´enciclopedia illustrata. È di grande importanza poi che il solutore incontri con ordine, da sinistra a destra, le figure e le lettere che portano alla soluzione: in fondo, è come progettare una scenografia». Una scenografia, una doppia messa in scena della lettura, in cui il disegno non illustra il significato della frase da scoprire, ma le immagini presenti nella sequenza di parole che la compongono. Non per niente nella storia di questo gioco, strettamente legato alla lingua in cui si nomina il visibile, si trovano i trattati di scrittura, le cifre figurate di Leonardo e gli enigmi visivi di Lorenzo Lotto, i ventagli con frasi d´amore e i fogli volanti con messaggi politici. Un percorso nella storia del rebus italiano, dai primi esempi fino alle enigmatiche azioni teatrali di Fanny & Alexander, è stato proposto in una mostra - in cui erano esposte anche molte tavole originali di Maria - presso l´Istituto Nazionale per la Grafica di Roma (catalogo Mazzotta 2010). Mentre parla, Maria sfoglia degli album dove sua madre ha raccolto una piccola parte dei rebus pubblicati. Passano sotto gli occhi immagini familiari e bizzarre, fatte di piazze quasi metafisiche, di accostamenti talvolta surreali, di orti, rivi, reti e di tante altre cose dal nome bisillabo, utili per decifrare le frasi risolutive. «Alcune sono facili, basta leggere le immagini una dopo l´altra; altre volte bisogna interpretare un contesto, il bambino che mente, l´uomo che osa. Nessun dettaglio è mai superfluo». Che la soluzione sia facile o no, in questi disegni si ripetono scene riconoscibili con esattezza, immerse in un tempo fermo, che non hanno mancato di affascinare anche gli artisti. Quando negli anni Sessanta i pittori del pop italiano Renato Mambor e Tano Festa hanno esplorato il deposito d´immagini dell´editoria di massa, si sono soffermati anche sui rebus. Dettagli sono stati prelevati e rielaborati con accostamenti stranianti, cancellature e colori industriali, con effetti di grande bellezza e senza pensare mai a chi fosse l´autore dei disegni. Quell´autore, non c´è bisogno di dirlo, era Maria Ghezzi. Rintracciati grazie alla collaborazione fra l´esperto di enigmistica Tiberino e la storica dell´arte Ada De Pirro, i disegni che hanno ispirato tante opere suscitano una domanda. Ma l´autore dei disegni è l´autore del rebus? «Per tradizione enigmistica - spiega Maria - l´autore è chi inventa la frase. Come autrice di frasi, anch´io ho firmato dei rebus, ma come disegnatrice il mio nome è comparso di rado e solo nei primi tempi». Per osservare tutti i rebus disegnati da Maria ci vorrebbero anni. Per lei, ogni vignetta è legata a un ricordo insieme familiare e professionale. «Il mio studio è la mia casa. Ho sempre disegnato nella mia stanza, usando solo l´inchiostro di china e il pennino, che permette di modulare le linee di contorno e i tratteggi e di scrivere con precisione le lettere». Se i suoi disegni, riprodotti in piccolo sul settimanale, hanno già un grande fascino («I disegni di Maria hanno arricchito la mia visione di nostalgia e di mistero», parole del pittore Sergio Ceccotti), gli originali, di dimensioni maggiori, sono esempi di grafica di alta qualità, nitidi e ariosi. Sconosciuti al circuito di mostre e mercato, notissimi nella loro versione ridotta e riprodotta. Ancora oggi, con tratto fermo e chiaro, Maria continua a fare rebus. E mentre ci salutiamo, mi mostra l´ultimo: «L´ho fatto dopo aver letto I pesci non chiudono gli occhi di Erri De Luca. In una pagina è descritto un rebus la cui soluzione è "Quando l´amore manca la volontà non basta". Ho provato a disegnarlo». È un rebus inventato da De Luca, in omaggio a un gioco che piacque a sua madre e a lui ragazzino come, in quegli anni Sessanta, a tanti lettori italiani che nei "giornaletti enigmistici" si incantavano e si arrovellavano sui rebus disegnati da lei, da Maria Ghezzi, la Brighella.