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 2012  marzo 16 Venerdì calendario

STRANI AMORI TRA SCRITTORI - «PREMERÒ

con un certo tremore quel tuo dolce scritto/ sul quel sen che fu dritto quand’era re Carlo Alberto». Il terribile verso di Dino Segre, in arte Pitigrilli, rivolto alla stessa donna che aveva esaltato nel corso di un esame universitario come «il più grande poeta italiano», è forse la più brutta pagina che sia mai stata scritta nella storia dei sodalizi amorosi e artistici tra scrittori. Pitigrilli e Amalia Guglielminetti si legarono quando lui era solo un ventenne di grandi ambizioni e lei una amazzone di quasi quarant’anni sulla breccia dell’onda da quando aveva pubblicato Vergini folli, ammirata tra l’altro da D’Annunzio di cui era considerata la versione femminile. Segre era sconosciuto e lei celebre quando iniziò la loro relazione sul finire della prima guerra mondiale. Li dividevano, oltre alla posizione nella società letteraria, dodici anni d’età. L’attacco nei confronti dell’ex amante comparve sul primo numero della rivista “Le grandi novelle”, il primo luglio del 1926, in un testo intitolato impietosamente La baracca dei fenomeni, la Guglielminetti (per soli adulti), che lui non ebbe neanche il coraggio di firmare. SOLO pochi anni prima, nell’inverno 1920-21, i due si erano appartati in una Santa Margherita Ligure che aveva ancora un allure mondano. Lui lavorava a Cocaina, lei si autoantologizzava nei Serpenti di Medusa. «L’amore è uno sport invernale» scrisse Pitigrilli e forse anche la scrittura. E s’intitola Lady Medusa il volume che Silvio Raffo ha curato per Bietti (insieme a Grazia Bianchi) e raccoglie
tutti versi della Guglielminetti più alcune perle: l’epistolario con Guido Gozzano, l’intervista alla poetessa di Mario Gastaldi (Pro-fumo di viole e fervore di resurrezione), alcune fiabe come Le piccole guerrieree l’arringa di Bruno Cassinelli. Il penalista difese la Guglielminetti, finita alla sbarra nel ’35 a Milano per un articolo dove esaltava «l’effervescenza eccitatrice del sex-appeal» di Jack La Rue. Una scrittrice italiana in odore di scandalo che esalta il sex-appeal di un attore americano in pieno Fascismo? Il Procuratore del Re, indignato per «l’allarme sociale» non le risparmiò la denuncia e un processo a porte aperte che finì con l’assoluzione.  
Com  ’è difficile essere un D’Annunzio in gonnella negli anni in cui Virginia Woolf dava alle stampe Una stanza tutta per sé. E del resto l’autrice dei versi di Vergini folli non fece nulla per semplificarsi la vita. Prima di mettersi con Pitigrilli – ebreo per parte di padre, convertito al cattolicesimo, emigrato in Argentina per fuggire dalle rivelazioni posbelliche sulla sua attività di informatore dell’Ovra per cui furono arrestati Leone Ginzburg, Carlo Levi e altri – si innamorò di Gozzano . Del libro di Silvio Raffo, pubblicato allo scadere dei diritti – a 71 anni dalla morte della Guglielminetti – le pagine dedicate alla relazione tra il poeta crepuscolare e la poetessa-amazzone sono le più belle. Poeta egli stesso, traduttore di Emily Dickinson per i Meridiani Mondadori, non esente da un certo mal di dandy, oltre che da toni crepuscolari, Raffo tratteggia un amore impossibile meno noto di quello con Pitigrilli e più fecondo dal punto di vista psicologico e artistico. «Guido – scrive Raffo -, che non nasconde a nessuno la propria insofferenza nei confronti di “qualunque donna scrittrice” è il primo ad ammettere la straordinaria abilità tecnica, diciamo pure la genialità della sua “collega”...»: «Come fare per dirle che di molti suoi sonetti sono innamorato?» scrive Gozzano. Il confine tra la reciproca ammirazione artistica e la fascinazione di diverso tipo è scivoloso. Dei due lui è il più dotato dal punto di vista letterario e fragile nel fisico : eppure lei vuole andare oltre il sodalizio poetico, mentre lui ne ammira soprattutto lo spirito e la pagina. Finché Gozzano se ne va e scrive: «Era tempo di frapporre tra noi due molti mesi e molti chilometri! Non già che io fossi per commettere qualche pazzia, (non ho amato pur troppo fin ora e forse non amerò più; non amerò mai se non ho amato Voi!) ma il desiderio della vostra persona cominciava ad accendermi il sangue con una crudeltà spaventosa; ora l’idea di accoppiare una voluttà acre e disperata alla bellezza spirituale di una intelligenza superiore come la vostra mi riusciva umiliante, mostruosa, intollerabile». Secondo Raffo, la pattinatrice con cui volteggia Gozzano nei versi di Invernale e alla cui morsa sfugge sentendo sotto i piedi scricchiolare il ghiaccio e beccandosi l’accusa d’essere «vile!» è proprio Amalia. Echi ed equivoci che resero intenso e intricato un rapporto che divenne infine solo ideale. Gozzano morì nel 1916. L’anno successivo la Guglielminetti cadrà nell’infausto incontro con quello che chiamò «l’efebo biondo», Dino Segre.
La seconda fase della vita e dell’attività letteraria vedono Lady Medusa esaurire la spinta poetica e dedicarsi alla prosa e alla drammaturgia. Con romanzi tra Pitigrilli e il feuilletton che Raffo giustamente non sembra dispiaciuto di dover escludere (per ovvie ragioni di spazio) dalla ponderosa antologia. Per uno di questi, La rivincita del Maschio, baccanale a base di polverina bianca, venne processata nel ’28. Su denuncia di Rodolfo Bettazzi, presidente della lega per la pubblica moralità. «La sua carriera è definitivamente com-promessa – scrive Raffo nella accurata e accorata parte biografica -... Si diffonde la diceria che Amalia porti sfortuna, anche a causa della sua predilezione per il viola (oltre che per il giallo); associando più volte al nome di lei l’epiteto di “iettatrice”. Pitigrilli contribuisce a diffondere tale fama, destinata a consolidarsi irreversibilmente dopo che il poeta napoletano Ferdinando Russo muore lo stesso giorno in cui viene pubblicata una sua novella su “Le seduzioni” (rivista da lei fondata, ndr). Di nuovo in tribunale, in seguito a gravi contese con l’ingrato Pitigrilli (…) viene assolta per seminfermità mentale e rinchiusa in una casa di cura».
Il 30 marzo del ’41 scrive le ultime volontà: «Non voglio riposare sotto terra ma in alto, in un monumento in marmo grigio a forma di piramide egizia, nel cimitero di Torino mia città natale. Su di essa verranno incise queste parole: “AMALIA GU-GLIELMINETTI POETESSA. Sola visse e sola morì”... Vi si aggiunga in basso l’ultimo verso del mio poema Le seduzioni: “Essa è pur sempre quella che va sola”...».
Pitigrilli, in preda all’esoterismo, venne contattato dal fantasma di Gozzano durante una seduta spiritica che gli disse di andare a trovare Amalia e di avvertirla di prepararsi alla fine vicina. Il 2 ottobre lei cadde dalle scale durante un allarme antiaereo e morì due giorni dopo per setticemia. Come scrive Raffo, la poetessa è ampiamente in credito con l’arte e con la vita – tra lei e Gozzano fu soprattutto quest’ultimo a trarre ispirazione dal rapporto -, ma chissà se il pubblico e la critica attuali le riserveranno la dovuta attenzione sottraendola alla damnatio memoriae. Sarebbe interessante riesumare, dopo le poesie, “Le seduzioni”, la rivista che le procurò la fama di iettatrice ma dove comparvero non solo novelle di Pirandello e Sibilla Aleramo ma anche i viperini commenti sulla società letteraria del tempo, firmati Medusa.
Silvio Raffo, Lady Medusa, Bietti, pagg. 847,
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