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 2012  marzo 16 Venerdì calendario

CIAK, SI SOGNA: DON CHISCIOTTE E SANCIO DALLA

Don Chisciotte lo era nella vita, al cinema non poteva che essere Sancho Panza”. Ginestra Paladino, figlia dello scultore Mimmo, ha la voce commossa, incrinata dall’affetto: “Pensavo fosse eterno”, ma Lucio Dalla non c’è più. Erano una famiglia sola, all’insegna della poliedricità: “Come mio padre, Lucio non poteva esser chiuso in nessuna categoria, e la curiosità era reciproca: si capivano, c’era assonanza, sincerità”. Fra gli esponenti della Transavanguardia, che ha frequentato e amato, la predilezione di Dalla era per Mimmo, che gli disegnò la copertina del disco Henna (canzone a lui dedicata).
FAVORE ricambiato con Quijote, esordio cinematografico dell’artista di Paduli, già alla Mostra di Venezia nel 2006 e dal 23 marzo - data d’uscita scelta prima della scomparsa di Dalla - finalmente in sala con Distribuzione Indipendente e in streaming su Own Air. “Per molti versi, il cinema – dice Paladino - è paragonabile alla scultura. Quando modelli una forma in creta o in gesso hai appena cominciato. Dopo c’è la fusione, la limatura, la patina… I tempi di attesa, i tempi tecnici, tra un film e una scultura sono simili. Creare un film è qualcosa di analogo alla scultura, ma è come plasmare la luce”. E in questa luce c’è anche Dalla, “un artista a tutto tondo, con una capacità mimica e interpretativa che molti attori non hanno, senza togliere nulla alla categoria”, aggiunge Ginestra, alias Dulcinea, ricordando “l’illuminazione reciproca” tra papà e Lucio. “Leggerezza, curiosità e ironia nei confronti della vita”, doti che il cantautore bolognese ha trasposto in Quijote, al fianco dell’hidalgo dalla nera figura interpretato dal collega Peppe Servillo degli Avion Travel. Ma perché Paladino ha scelto proprio il Don Quijote de la Mancha, già oggetto di una sua mostra al Museo di Capodimonte? “La creatura di Miguel de Cervantes riunisce in sé utopia, sogno, fantasia, sentimento, nobiltà, fierezza, coraggio. Il soggetto perfetto per il mio primo film, costruito con un sistema simile a quello delle scatole cinesi: una struttura capace di restituire all’infinito innumerevoli suggestioni”. Cappellaccio e gilet, camicione e barbetta bianca, Dalla secondo Sancho Panza è quello che t’aspetti: gusto e sostanza, magicamente sospeso in quella terra di mezzo tra arte e vita che Paladino ha trovato “nell’antica e remota terra del Sannio”. Non una rappresentazione teatrale, ma una scultura cinematografica, con tempi e spazi sottratti alla fretta.
E LA SENSAZIONE che la battaglia contro i mulini a vento si possa vincere, almeno combattere, con l’alleanza dei talenti, la disponibilità a sparigliare competenze e appartenenze. Chiede Sancho, “E quelle cosa sono?”, “ Quelle sono le nuvole”, gli risponde Don Chisciotte, ma “Che messaggio ci portano?”. A sentire Remo Girone, nel cast con Alessandro Bergonzoni, il compianto Edoardo Sanguineti e Marco Alemanno, l’improvvisazione, la capacità di stupire e stupirsi condivisa da Dalla e Paladino: “Spinto dalla fame atavica, Sancho parla nel sonno di capocolli e soppressate appese in grotta: Lucio se l’è inventata, a Mimmo è piaciuta e l’ha tenuta”. È il senso dello scultore beneventano per “il visivo, l’inquadratura e il movimento dell’attore: ha un occhio particolare, capace – sottolinea Girone - di farsi sorprendere dalle cose”. E Dalla, da fedele scudiero, s’è messo all’istrionico servizio, componendo anche le musiche del Quijote. Del resto, il suo legame con l’arte non era un segreto: collezionava, dal Cinquecento al Futurismo, e non solo.
Era un mecenate, con un fiore all’occhiello: il restauro della tavola “Il Crocifisso” di Francesco Francia, nella Basilica di Santo Stefano a Bologna. A riportarlo allo splendore, il restauratore e storico dell’arte Antonio Forcellino. Insieme, stavano lavorando a uno spettacolo sulla biografia di Michelangelo. Chissà, ma per Dalla ritorna buono l’epitaffio di Sansone Carrasco a Don Chisciotte: “Giace qui l’hidalgo forte / che i più forti superò, / e che pure nella morte / la sua vita trionfò. / Fu del mondo, ad ogni tratto, / lo spavento e la paura; / fu per lui la gran ventura / morir savio e viver matto”.