Federico Fubini, Corriere della Sera 16/03/2012, 16 marzo 2012
IL SALARIO DIVENTA «LOW COST». MA NON AIUTA LE ESPORTAZIONI
Eurostat informa che il costo di un’ora di lavoro in Italia, in media, è cresciuto del 2,4% alla fine del 2011. Poiché nello stesso periodo l’inflazione viaggiava attorno al 3,3%, ciò significa una cosa sola: con i loro stipendi e i loro salari gli italiani comprano meno beni e servizi di un anno fa. I consumi delle famiglie restano deboli e con loro il fatturato delle imprese che non esportano.
Non che servisse l’Eurostat per capirlo. L’erosione del potere dei salari si avverte da anni. Ciò che Eurostat ha mostrato ieri è però che essa è più acuta in Italia che in gran parte dei Paesi europei. Nell’area euro il costo orario del lavoro cresce appena meno dell’inflazione (2,8%) e in Germania addirittura viaggia più in fretta (3,6%): il potere d’acquisto dei salari tedeschi sale, proprio mentre quello degli italiani sta scendendo. Si può pensare che prima o poi i prodotti tedeschi diventeranno troppo cari; quelli italiani invece, visto che il lavoro da noi è pagato così poco, torneranno competitivi. Ma è così? Non è detto. Il costo del lavoro per unità di prodotto, legato a quanto tempo serve per fare un’auto, o un chip, cresce sei volte più in Italia che in Germania. Ci mettiamo troppo. Siamo per mille ragioni lavoratori (e aziende) inefficienti. Per questo alla fine guadagniamo di meno, pur costando di più.
Federico Fubini