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 2012  marzo 16 Venerdì calendario

Dalle ostriche del sindaco alle cassate del Biscione il libro nero dei ghiottoni – Ne uccide più la gola che la spada

Dalle ostriche del sindaco alle cassate del Biscione il libro nero dei ghiottoni – Ne uccide più la gola che la spada. Il goloso si scava la fossa coi denti. Chi mangia da solo si strozza. Crudi e crudeli proverbi, prima ancora che risultanze investigative, inscrivono il sindaco di Bari, Michele Emiliano, nell´albo nero dei ghiottoni impudenti e svergognati. Non l´aiuta poveretto le phisique du role di robusta forchetta, né allevia le sue odierne pene la disavventura gastronomica del suo ex compagno di partito Lusi, di cui proprio l´altro giorno si è scoperto che non solo pasteggiava a caviale, ma se lo faceva anche pesare con la bilancina, per la modica spesa di 180 euri a portata. Perché adesso viene fuori che al sindaco ex magistrato di Bari, da parte di un imprenditore oggi nei guai arrivarono per Natale: champagne, vino, formaggi, ostriche imperiali, quattro «spigoloni», designati al maschile, e venti scampi, cinquanta noci bianche (trattasi di un prezioso mollusco bivalve, per giunta in estinzione), cinquanta cozze pelose, due chili di seppioline di Molfetta e otto astici - oltre al ghiaccio necessario per conservare tutto quel ben di Dio. E così, fra regalie feudali ed evoluti benefit della post-politica si rianima un regime di privilegi in natura: tributati e accettati al di là del codice penale, e tuttavia anche indicativi di uno stile sfrontatello e di un certo potere che non distingue fra doni e desideri, umane debolezze e mirate generosità. Sennonché ancora una volta la vita si conferma più complicata della cronaca, per cui da sempre chi ha qualche interesse o qualche trasporto si risolve a prestare ai potenti elicotteri (vedi Tanzi) o aerei (vedi Ciarrapico), o volo di linea più vacanze in Africa (ari-Tanzi); e soggiorni in alberghi di lusso (chiedere all´ex sottosegretario Malinconico), e affitti di favore, quadri prestigiosi, ma anche recinzioni di ville, gioielli per le signore e vassoi d´argento. Ampia è la casistica, pure giudiziaria ma non solo, dei doni di dubbia e controversa ricevibilità. Basti pensare che nei primissimi anni 80 un tipo non proprio raccomandabile di nome Epaminonda regalò all´allora piccola figlia di Craxi un cucciolo di leone, che il leader del garofano girò opportunamente allo Zoo di Fasano. E cosa non ha regalato ai suoi Berlusconi! E un po´ anche i costruttori Anemone, nel loro piccolo: dal meccanico e dal profumo per il monsignor Cerimoniere al massaggio notturno nel centro sportivo e oltre. Eppure, di tutti i possibili favori in natura, quelli legati al mangiare restano i più primordiali e insieme i più potenzialmente indigesti. Risorsa narrativa così vivida, il cibo, che il poliziotto-gastronomo Federico Umberto D´Amato sgominò la rete terroristica dell´Oas in Italia mettendosi sulle tracce dello scalogno, dato che uno dei suoi capi clandestini non sapeva resistere dall´acquistarlo in una certa bottega. Con le dovute differenze, ma inseguendo la stessa voluttuosa fragilità, i tartufi furono fatali al Segretario di Stato Sodano che per «cojonà er diggiuno» (secondo un´immortale lectio di G.G.Belli) il giorno del suo compleanno si fece organizzare un´intera e pubblica cena a base di tartufi bianchi della sua terra: e proprio la settimana dopo Papa Wojtyla proclamò che i fedeli dovevano mangiare meno, per costruire più chiese. D´altra parte, il proto-faccendiere Zampini aveva debitamente teorizzato la risoluzione di alcune faccende che gli stavano a cuore. Così portava all´estero gli assessori e li faceva ingozzare. Una volta, a Stoccolma, «eravamo sei o sette, spendemmo due milioni e mezzo di lire, bevemmo un paio di casse di Veuve Cliquot e finimmo a pallettate di caviale in faccia». Che rispetto al trionfo ittico barese pare una storia assai più sconveniente. Può semmai suscitare qualche sospetto la divorante passione e integralista di Emiliano per il crudo. Il cibo infatti parla, salva, avvolge, compromette. Quel cuoricino di Carboni conquistò il povero Calvi a colpi di pecorino sardo. Mastella comunicava i suoi stati d´animo attraverso torroncini e mozzarelle. Prodi si lavorò Kohl rifornendolo di enormi forme di parmigiano che nemmeno un sopravvenuto e grave disastro ferroviario impedì ai compassati attachè germanici di riportare in patria. E al ministro Bossi di recente i leghisti veneziani hanno offerto su un bastimento una cena di 19 portate. Ma con la Sicilia tutto si fa più complicato e pericoloso. Si è chiesto una volta Andreotti, e certo ne aveva qualche ragione, se esistesse un rapporto tra la bontà dei dolci e «lo sviluppo della mafia». Probabile. Nel suo caso i giudici indagarono sull´invio di una cassata, in modo significativo definita «d´avvicinamento». Ma la vera super-cassata, con logo del biscione e scritta «Canale5», fu quella che un tipino non proprio raccomandabile, Tanino Cinà, in un´intercettazione racconta al fratello gemello di Dell´Utri di aver spedito a Berlusconi: 11 chili e 800 grammi di peso: «Minchia - si sorprende l´interlocutore - e che gli arrivò, un camion?». E allora Cinà, trionfante: «Certo, ho dovuto fare una cassa dal falegname, altrimenti si rompeva». Potenza delle opportunità esclusive e fulgore del privilegio per lo stomaco: poi tutto si è fatto più straniante e anche più buffo nel tempo della gola che inghiotte castelli e città, come dice l´ennesimo proverbio, e della cozza pelosa rivelatrice.