Francesco Sisci, Il Sole 24 Ore 16/3/2012, 16 marzo 2012
LA SCONFITTA DEL POPULISTA CHE SI ISPIRAVA A MAO
Nel più grande scandalo che ha colpito la Cina da quasi un decennio, Bo Xilai, capo del partito di Chongqing, megalopoli da 30milioni di abitanti, e membro dell’ufficio politico centrale, è stato rimosso dalla sua carica.
È la fine sua, e dell’idea che aveva propagandato, che si potesse tornare in qualche modo, in alcun modo ai tempi delle guardie rosse e della Rivoluzione culturale. È la concretizzazione che la Cina sta davvero voltando pagina, dopo il premier Wen Jiabao aveva annunciato riforme politiche.
L’intera vicenda apre uno squarcio nuovo sulle dinamiche politiche all’interno del Partito. Esse appaiono per alcuni versi diverse dalla lotta politica del passato. Innanzitutto c’è l’ascesa stessa di Bo fuori dall’ordinario corso di onori comunisti. Bo, quando era arrivato cinque anni fa a Chongqing pareva avere raggiunto il suo capolinea politico. Già la promozione da ministro del Commercio a capo di Chongqing era stata difficile, un passaggio ulteriore, l’entrata nei vertici del Partito, nel Comitato permanente dell’ufficio politico, i nove più potenti della Cina, pareva impossibile.
Bo cambiò la situazione iniziando di fatto, per la prima volta in questa Cina, una campagna politica. Attaccò le bande mafiose che dominavano la vita della metropoli, lanciò un movimento "di sinistra" per il ritorno a uno spirito egalitario della Rivoluzione culturale (il movimento lanciato da Mao dal 1966 al 1976) e reclutò e organizzò una serie di intellettuali che gli dessero una mano. La cosa era pericolosa, perché usciva dalle azioni sancite da Pechino, ma aveva delle ancore di sicurezza, perché in Cina il gruppo conservatore è "di sinistra" ed è difficile attaccare qualcuno per politiche conservatrici.
Inoltre, la lotta alla mafia e alle diseguaglianze sociali, erano e sono tra i principi sostenuti da Pechino. In questo modo Bo impose due temi politici importanti nell’agenda del Paese, la lotta alla mafia e una specie di neo-maoismo moderno, così creò il "modello di Chongqing" che sembrava dovesse allargarsi a tutto il Paese.
Il modello prevedeva però anche elementi che prendevano tinte un po’ bizzarre, vista la crescita della Cina negli ultimi 30 anni. Le imprese private a Chongqing non avevano vita facile, Bo preferiva le imprese di Stato e la concorrenza tra di esse. Quasi a segno del nuovo clima la tv locale era senza pubblicità. Ma la crescita della Cina degli ultimi 30 anni era ed è stata invece trainata dalle imprese private. Limitare la loro possibilità di crescita nel medio e lungo periodo avrebbe soffocato lo sviluppo stesso cinese, priorità strategica assoluta. Inoltre, limitare lo sviluppo delle imprese private avrebbe riportato la possibilità di avanzamento sociale a un solo canale: quello della burocrazia. Anche questo nel medio e lungo termine avrebbe creato sconquassi, visto che l’impresa privata è oggi anche una forma di promozione sociale e molti sarebbero rimasti tagliati fuori.
Nel breve periodo però la politica di Bo otteneva sostegno popolare. In Cina, persone normali accettano lo strapotere dello Stato o delle sue aziende, ma mal sopportano l’arroganza dei nuovi ricchi, che hanno fatto fortuna "chissà come". Combattere la corruzione, la mafia e i nuovi ricchi, diventava un affascinante tutt’uno populista che però minava la base stessa della crescita cinese: lo Stato che si fa piccolo e non riprende spazio.
Contro questo modello, c’era invece quello del Guangdong, la provincia meridionale, patria dell’impresa privata e guidata ora proprio dal predecessore di Bo a Chongqing, Wang Yang. Wang era invece il portabandiera di un modello di crescita più liberale, più a favore del mercato, e contro un forte intervento dello Stato.
Così, la rimozione di Bo dal Governo di Chongqing ha un aspetto di politica economica importante, infatti lo rimpiazza Zhang Dejiang, un vice premier che si occupava della politica industriale ed era segretario del Partito nel Guangdong prima di Wang. Pechino in altre parole dice che la lotta alla mafia e lo sforzo di limitare le differenze sociali non possono uccidere il mercato e le riforme del Paese. Anzi, queste devono essere allargate e fatte crescere. Per questo deve essere eliminato chi, come Bo con il modello di Chongqing, era diventato una minaccia alle riforme stesse.